I bus senza conducente sono già in strada: ecco dove e con quali limitazioni

I bus senza conducente sono già in strada: ecco dove e con quali limitazioni

I bus a guida assistita sono ormai una realtà in molte città europee. La tecnologia è matura e a dimostrarlo vi sono svariate sperimentazioni, ma il quadro normativo rimane il principale ostacolo da superare

Dai primi passi a Malaga agli smartbus più evoluti attesi dal 2025 a Monaco. Ora la guida autonoma è ammessa dalle norme internazionali, ma non basta

 

Quella che sembrava fantascienza fino a poco tempo fa è diventata una concreta realtà: in Europa già migliaia di persone hanno potuto viaggiare a bordo di smartbus a guida autonoma. La tecnologia per permettere ai mezzi del trasporto pubblico locale di procedere in modalità driverless è ancora agli albori e questi sistemi sono al loro primo step evolutivo. Nonostante ciò, è già tecnicamente possibile operare un servizio di tpl attraverso autobus autonomi, anche se per il momento solo in determinate condizioni e non su vasta scala.

A dimostrare che non si tratta solo di un’ipotesi di scuola sono decine di sperimentazioni concluse, in corso e in via di lancio in tutta Europa. Alcune riguardano anche l’Italia.

Smartbus, cosa vuol dire

Anzitutto è utile chiarire cosa si intende per smartbus. Il termine è utilizzato spesso per indicare gli autobus cittadini elettrici, che le municipalità stanno gradualmente utilizzando in sostituzione dei mezzi endotermici, a tutto vantaggio delle emissioni.

Quella dell’alimentazione elettrica, tuttavia, è una condizione necessaria ma non sufficiente per poter definire un bus “smart”. Con tale espressione si indica un mezzo che – grazie a sensori, telecamere e sistemi di connettività – è in grado di muoversi senza l’intervento attivo di un conducente, dialogando e scambiando di continuo una grande mole dati con l’infrastruttura, la quale forma un vero e proprio sistema con il bus.

Per una questione di semplicità di funzionamento tutti gli smartbus finora sperimentati sono a trazione elettrica (filobus o autobus a batteria), mentre non si può affermare il contrario, ovvero che tutti i bus elettrici siano smart, in quanto tale definizione implica la presenza di una qualche forma di automazione.

I livelli di guida autonoma

Stando alla classificazione della Sae (Society of Automotive Engineers), la guida automatizzata vera e propria inizia a partire dal livello 3, in cui il sistema ha il completo controllo del veicolo in condizioni specifiche, con il guidatore fisico pronto a intervenire qualora il sistema lo richieda.

Nel livello successivo, il quarto, la presenza umana a bordo non è più necessaria, ma le sue applicazioni continuano a essere limitate a condizioni specifiche.

Ad oggi tutte le sperimentazioni di smartbus e di robotaxi interessano i livelli terzo e quarto, mentre il quinto si riferisce a un veicolo in grado di procedere senza la presenza umana in maniera generalizzata, quindi ovunque e in ogni tipo di percorso. Per quest’ultimo caso, tuttavia, la tecnologia non è ancora in grado di dare risposte soddisfacenti.

Le principali sperimentazioni

Una delle prime sperimentazioni in Europa è stata quella lanciata a fine 2019 nella città di Malaga, dove un bus autonomo è stato utilizzato per mesi su un percorso di 8 chilometri che congiunge il centro al porto.

Poco dopo è stato lanciato il progetto Fabulos, finanziato dall’Ue attraverso il programma Horizon 2020, che ha dato vita a 6 sperimentazioni congiunte in 5 città europee: Helsinki (Finlandia), Tallinn (Estonia), Gjesdal (Norvegia), Helmond (Olanda) e Lamia (Grecia). In totale grazie a Fabulos 2.807 passeggeri hanno potuto percorrere oltre 14.000 chilometri a bordo di navette autonome.

Ben più grande e complesso è il progetto scozzese CavForth, attualmente in fase di lancio, che punta a trasportare 10mila passeggeri alla settimana attraverso un percorso di 22 chilometri che si snoda per il centro di Edinburgo. Per l’iniziativa è stata allestita una flotta di 5 bus urbani dotati di sensori che consentono loro di viaggiare autonomamente su strade preselezionate fino a una velocità di 80 km/h (a bordo vi sarà comunque un autista per motivi di sicurezza).

Altrettanto ambizioso è il progetto Minga, che mira a impiegare a partire dal 2025 bus autonomi – realizzati da Man in collaborazione con Mobileye – per alcune linee della città di Monaco.

I costruttori coinvolti

Nutrita è la lista dei costruttori di veicoli a essersi cimentati con le tecnologie driverless. Oltre alla già citata Man spicca Volvo, che ha convertito uno dei suoi bus cittadini per il funzionamento automatizzato, dandone una dimostrazione all’interno di un deposito presso l’headquarter della Casa a Goteborg, in Svezia. In questo caso a essere automatizzato era il percorso che conduceva il mezzo al lavaggio e alle postazioni di ricarica.

Un’iniziativa analoga è stata presa dalla Iveco, che ha sviluppato un bus autonomo in grado di operare senza conducente all’interno del deposito tpl di Parigi.

Mezzi automatizzati sono stati messi a punto anche da Scania e da ZF.

La situazione in Italia

In Italia sono state lanciate svariate sperimentazioni in tema di bus automatizzati, tra cui si ricorda il progetto Tech Bus, nato da una collaborazione tra Comune di Milano, Atm e Polimi, insieme a Vodafone e Ibm. Il filobus, attivato nel 2021 all’interno del capoluogo lombardo, ha implementato tecnologie cloud connesse alla rete 5G per la guida assistita, utilizzando la comunicazione V2I (Vehicle to Infrastructure) per dialogare costantemente lungo il percorso con i semafori e l’infrastruttura stradale.

Se il Tech Bus è stato il primo passo verso la guida autonoma, questa si è realizzata a pieno a Torino, dove nell’ambito del progetto Show (finanziato da Horizon 2020) è terminata da poco la sperimentazione della navetta driverless Navya Shuttle, che in 5 mesi ha condotto i passeggeri lungo un percorso di circa 5 chilometri nella zona dei presidi ospedalieri della Città della Salute e della Scienza. Ma c’è ancora tanto da migliorare.

Altre sperimentazioni simili, a bordo della stessa navetta Navya (che sfrutta la connessione 5G di Tim), dovrebbero presto vedere la luce nelle città di Roma e di Bari.

Il quadro normativo

Ma in Italia, come nel resto d’Europa, tali iniziative sono destinate a rimanere, almeno per ora, a livello di sperimentazione. Manca, infatti, un quadro normativo in grado di autorizzare gli operatori del tpl a impiegare in servizio attivo mezzi automatizzati.

All’orizzonte vi sono importanti segnali di cambiamento: il 14 luglio 2022 è entrato in vigore l’articolo 34 bis della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale, sottoscritta dagli Stati dell’Unione Europea, che permette la circolazione dei veicoli a guida autonoma anche al di fuori di un progetto di sperimentazione. Tuttavia, come indica la Convenzione stessa, per essere operativa tale norma deve essere recepita all’interno degli ordinamenti nazionali mediante una riforma del codice stradale.

Angelo Berchicci