Energie rinnovabili: “Investire in efficienza energetica”

Energie rinnovabili: “Investire in efficienza energetica”

Lo ha sostenuto Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie, giorni fa a Versailles, in Francia: “I governi ora devono consentire alle rinnovabili di crescere ancora più velocemente”

Continua il trend di espansione dell’uso di elettricità nei trasporti, nel riscaldamento e nell’industria da parte delle economie avanzate, cresce la spesa sul risparmio energetico a livello mondiale approdando a fine anno, si stima, ad un + 50% rispetto al 2022 e urge puntare sulla “flessibilità dei sistemi energetici garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza delle reti”. 

È quanto risulta dal rapporto “Efficienza energetica – Un decennio per agire presentato il 7 giugno scorso dall’Agenzia internazionale dell’energia in collaborazione con il Ministero francese per la pubblica transizione energetica e altri partner, nel corso dell’ottava Conferenza globale sull’efficienza energetica 2023.

L’efficienza energetica”, hanno convenuto i partecipanti nel documento di sintesi, “sta svolgendo un ruolo fondamentale nel migliorare gli standard di vita in tutto il mondo, fornendo un accesso all’energia affidabile, conveniente e universale, sostenendo la crescita economica, accelerando la transizione verso un’energia pulita verso l’azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050, sostenendo la sicurezza energetica e riducendo i gas serra emissioni”. 

Le economie emergenti e in via di sviluppo in Asia sono le forze trainanti dell’accelerazione degli investimenti nell’efficienza energetica”,  ha poi aggiunto una nota ufficiale, con Cina, India e Sud-est asiatico in prima linea sull’incidenza nell’incremento del 70% della domanda globale di elettricità. “Le rinnovabili e l’energia nucleare stanno crescendo abbastanza rapidamente” ha illustrato Fatih Birol “tanto da soddisfare quasi tutta questa ulteriore domanda: i governi ora devono consentire alle fonti a basse emissioni di crescere ancora più velocemente e ridurre i gas serra in modo che il mondo possa garantire forniture di elettricità sicure raggiungendo gli obiettivi climatici”. La quota di energia ricavata dalle fonti rinnovabili nell’insieme delle fonti dovrebbe perciò innalzarsi dal 29% al 35% da qui al 2025, abbassando la percentuale derivata dal carbone e dal gas.

Le discussioni hanno infine riaffermato i ruoli fondamentali che l’efficienza energetica e la digitalizzazione svolgono nell’affrontare l’attuale crisi energetica globale applicandole nei settori dell’industria e delle infrastrutture, degli edifici e delle abitazioni, valutando soluzioni e impegni, cercando nel finanziamento, nella tecnologia, nella forza lavoro e nelle motivazioni dei consumatori le chiavi strategiche del cambiamento.

Sull’onda del cambiamento

Il riscaldamento globale della temperatura del pianeta con la tropicalizzazione climatica e le conseguenze in eventi climatici estremi, ondate di calore e siccità sono temi d’altronde che stanno occupando in questi mesi tutti gli spazi del dibattito pubblico e impegnando a tutti i livelli istituzioni, imprese, società civile, comunità locali, decisori politici e amministrativi, comunità locali, cittadini. E il dramma dell’Emilia-Romagna, in Italia, è solo l’ultima evidenza dell’impatto della crisi climatica, accentuata dalla debolezza strutturale del nostro territorio e accompagnata a sua volta dal secolare rischio idrogeologico.

Occorre una brusca accelerazione. Una forte spinta al cambiamento. Una graduale trasformazione culturale anche in Italia, che faciliti l’apprendimento di nuove conoscenze e competenze, stimoli, comportamenti e stili di vita ad hoc, dinamiche organizzative finalizzate alle partnership.

Tutti elementi utile a superare il rimpallo delle responsabilità che si apre all’indomani di ogni calamità, invocando regie uniche nel governo ordinario della prevenzione anziché in quello delle emergenze, della cui comprovata efficienza comunque il nostro Paese è all’avanguardia mondiale.

Lotta al cambiamento climatico e sostenibilità

Il surriscaldamento del pianeta è una realtà ormai riconosciuta dalla quasi totalità della comunità scientifica internazionale. L’attività umana incide sul binomio clima e impatto ambientale. Ne dà conto il report 2023 del Gruppo intergovernativo per il cambiamento climatico (Ipcc) presentato in Svizzera nel marzo scorso. “L’integrazione di un’azione per il clima, efficace ed equa non solo ridurrà le perdite e i danni per la natura e le persone, ma fornirà anche vantaggi più ampi”, ha affermato il presidente dell’Ipcc Hoesung Lee, “questo rapporto di sintesi sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e lo dimostra, se agiamo ora possiamo ancora garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti”.

L’Onu, in un primo profilo, tratteggiava l’identikit dello sviluppo sostenibile, nel rapporto Il Futuro di tutti noi (1987) curato dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo istituita nel 1983 per elaborare una sorta di vademecum globale per il cambiamento. Da esso trarranno spunto i documenti e le conferenze globali indette in seguito: tra i passaggi più significativi: la Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo a Rio De Janeiro (1992), nota alla pubblicistica come “Summit della Terra” che ha dato origine due anni dopo alla Convenzione quadro sul cambiamento climatico, sotto forma di trattato internazionale; nel 1995, la prima Conferenza delle parti a Berlino organizzata dai paesi firmatari la convenzione quadro; poi l’Accordo di Kyoto (1997) sul cambiamento climatico (Cop3) fino alla Cop 21 (Accordo di Parigi) del dicembre 2015. Senza dimenticare due mesi prima il programma d’azione generale avviato dalle Nazioni Unite attraverso i diciassette obiettivi dello sviluppo sostenibile (Agenda 2030). tra i 193 paesi membri delle Nazioni Unite contenente quello sulla lotta al cambiamento climatico

Con il termine cambiamento climatico, le Nazioni unite recepiscono il concetto di “aumento delle temperature globali dovuto all’immissione e all’aumento della concentrazione di anidride carbonica e altri gas serra nell’atmosfera da parte dell’uomo“. I preparativi negoziali per la stesura del protocollo parigino risalgono invece al 2011 durante i lavori della Cop 17 a Durban. Accordo adottato nel 2016 ed entrato in vigore nel 2020.

L’obiettivo di esso è quello “di contribuire a stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra a un livello tale da evitare pericolose interferenze di origine antropica [ndr: dell’attività umana] con il sistema climatico (… ) e di  limitare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi e perseguire tutti gli sforzi necessari per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali“.

È altresì consolidato che la crisi climatica passi attraverso la riduzione dei gas effetto serra e in particolare delle emissioni di anidride carbonica (CO₂) fino allo zero netto, qualora le immissioni dei gas nell’atmosfera superino il limite indicato. L’Ue ha avviato processi di transizione ecologica improntati nel lungo periodo ad un modello di sviluppo culturale, sociale, economico e produttivo più equo ed inclusivo, più attento alle dinamiche ambientali (Green Dail 2018). Azioni e interventi globali/locali allo stesso tempo.

Programmi e azioni: norme comunitarie, direttive e regolamenti. Previsti investimenti sotto forma di fondi, contributi ed incentivi finalizzati all’adeguamento sostenibile di settori tra loro interdipendenti e a loro volta collegati con la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico: tra questi: le reti e le infrastrutture per la mobilità, l’efficientamento del patrimonio immobiliare; e obiettivi intermedi variabili periodicamente, sulla base di specifici parametri riferiti ad ogni Stato membro: “la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra [ndr; e quindi anche di CO₂] di almeno il 55% entro il 2030 per raggiungere la neutralità climatica”.

L’intero processo ha dischiuso le ali benché nel biennio 2021-2022 abbia patito, su un fronte, gli effetti del periodo pandemico – il rallentamento dell’attività economica –, dall’altro, invece, lo scoppio della crisi Ucraina/Russia con la conseguente onda inflattiva, l’innalzamento dei prezzi del gas naturale e, di riflesso, dell’elettricità, rendendo consapevoli tutti gli operatori dell’eccessiva dipendenza, soprattutto dell’Italia, dai Paesi produttori di materie prime fossili. Aree spesso anche a forte rischio geopolitico.

Transizione e sicurezza energetica

Il processo graduale di transizione finalizzato al rispetto degli obiettivi internazionali e comunitari richiede tempo e attenzione, ben oltre l’emergenza. La risposta della Commissione europea alle turbolenze del mercato del gas e dell’elettricità è identificato dal Piano REPowerEu, promosso poco più di un anno fa nella previsione di proteggere l’Europa dalle contingenze. Esso ha una valenza anche in prospettiva: “risparmiare energia, produrre energia pulita, diversificare il nostro approvvigionamento energetico”.

Il nostro Paese alla ricerca di una maggior autonomia energetica. Il report I4C – Italy for Climate 2023 elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile dell’aprile scorso ha descritto l’Italia come uno dei paesi in Europa “con la più alta dipendenza energetica dall’estero che nel 2022 pesa per il 78%”. L’incidenza della Russia è pari al 20% delle importazioni di fonti fossili e non ha incassato sostanziali variazioni rispetto all’anno precedente.

Proteggere il Pianeta

In proiezione, e in primo luogo, lo sviluppo di soluzioni in materia di sicurezza energetica diventa perciò prioritario: il gas naturale è infatti ancora cruciale nella fase transitoria: dal potenziamento della capacità di stoccaggio al rafforzamento dei “corridoi alternativi”, in grado anche di ridisegnare nuovi equilibri geopolitici, fino alla creazione di nuovi impianti per il gas naturale liquefatto [Fonte: Cdp-Cassa depositi e prestiti].

Altresì urgente, in secondo luogo, la sollecitazione alla transizione verso le energie rinnovabili, non soggette alle bizze del mercato dei combustibili fossili, antidoto alle manifestate criticità degli approvvigionamenti e all’impossibilità per il Governo di far gravare a lungo sul  bilancio pubblico la differenza fra prezzo di mercato e prezzo amministrato: si tratta della transizione energetica e del collegato processo di decarbonizzazione. Il passaggio dalle fonti energetiche prodotte con gli idrocarburi o di provenienza nucleare fino a quelle ricavate da fonti naturali, rinnovabili che si autogenerano di continuo e quindi inesauribili come la luce solare, il vento, l’acqua e il calore geotermico nelle loro varie declinazioni, da considerarsi pulite, a basso impatto ambientale, non producenti sostanze dannose per l’uomo e per l’ambiente.

Fonti rinnovabili: efficienza e tecnologie

Ottenere di più consumando meno risorse. L’efficienza energetica è il principio base che l’Ue pone al centro dell’azione, l’elemento chiave imprescindibile dei decisori pubblici e privati. Tutto ciò che è finalizzato ad ottimizzare l’utilizzo delle fonti energetiche sostenibili è, invece, efficientamento. In entrambi si tratta del punto d’unione tra sicurezza e transizione energetica, limitando nel primo caso la domanda complessiva e la dipendenza dalle importazioni di energia e nel secondo, usufruendo dei sistemi di produzione di energia altamente tecnologici, supportati dalle fonti rinnovabili con produzione di energia elettrica.  La produzione elettrica derivata da esse ha confermato nell’aprile scorso la seguente provenienza: 36,4% fotovoltaico, 25,3% eolico, 18,4 idrico, 14,6 biomasse, 5,2% geotermico.

Soltanto la produzione solare, pari a 3.105 GW/h ha un trend positivo (+9,3%) su aprile 2022. Le Fonti elettriche rinnovabili (Fer) hanno perciò contribuito per il 45,5% della produzione totale netta nazionale. La riduzione dei costi e della tempistica d’installazione è già un dato di fatto, specie nel fotovoltaico.  L’esempio dell’energia solare o eolica che si trasforma in energia termica ma soprattutto elettrica per uso domestico o industriale. Il buon uso delle risorse grazie all’innovazione tecnologica un valore aggiunto per la competitività delle imprese ma anche il risparmio dei consumi e la riduzione degli sprechi: la digitalizzazione delle reti è miglioramento dell’efficienza nella produzione, trasmissione e distribuzione del sistema elettrico nazionale.

Quanto sia rilevante l’avvento sul mercato delle nuove tecnologie, non necessariamente digitali, lo attestano i connubi tra la pompa di calore (nelle sue varie declinazioni) e il solare termico, il calore funzionale alla produzione di acqua calda sanitaria e/o al riscaldamento interno oppure l’abbinamento con l’impianto a pannelli fotovoltaici, altresì interessante dato che la pompa di calore in questo caso, necessita di energia elettrica per funzionare. Una combinazione a zero emissioni, con l’aggiunta che il connubio può prevedere anche l’immagazzinamento dell’energia non consumata mediante un sistema di accumulo. La vendita di una tecnologia come quella delle pompe di calore, si ricorda, è schizzata a + 40% in Europa nel 2022 [Fonte: Aie- Agenzia Internazionale per l’Energia].

Funzione pubblica: il sistema imprese

L’efficacia degli interventi pubblici nella transizione ecologica s’avvale del completamento dei processi di digitalizzazione e di semplificazione amministrativa. Ne trae vantaggio indirettamente anche la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali meglio ancora se nascono o si potenziano contestualmente le progettualità in collaborazione con gli istituti e i centri di ricerca pubblici e privati, attraverso gli investimenti sulle tecnologie digitali e non. Le imprese, altra chiave di volta nella svolta verso la transizione ecologica: in Italia non sono da sottovalutare nemmeno le politiche di sostegno agli investimenti pubblici/privati nella finanza verde, sensibilizzando da una parte, il ruolo e la funzione di responsabilità sociale assunto dalle imprese, ormai inquadrate come welfare aziendale e dall’altra, il compito del Governo italiano nell’emissione dei titoli di Stato (Btp verdi) come strumento di finanziamento per gli investimenti pubblici nella transizione ecologica.

Le partnership sono pertanto un valore nei bandi comunitari rivolti alle comunità locali,  un valore non secondario anche nei progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana, sui quali ruotano le politiche di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare. In direzione di comunità locali meno lontane dallo sviluppo sostenibile e più attente alla dimensione partecipativa e sociale.

Possibili modelli di sviluppo

È il caso delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) o dei Gruppi di autoconsumo collettivo forme di aggregazione fra cittadini, associazioni, piccole e medie imprese, enti locali e religiosi per la produzione e la condivisione di energia elettrica derivata da fonti pulite, come indicato dal Gse (Gestore servizi energetici).  Nel primo caso si diventa socio, annettendosi alla stessa cabina di alimentazione; nel secondo si sottoscrive un accordo, dove le utenze e gli impianti sono collocati nel medesimo edificio, come può essere per esempio il condominio. 

Un maggior potere contrattuale per l’utente, ora quanto mai produttore-consumatore (c.d. prosumer) ma nel contempo le multiutility si stanno già attrezzando, proponendo nel mercato libero energetico servizi innovativi studiati ad hoc e a tariffe agevolate. “Le Cer e i Gruppi di autoconsumo perseguono la via della decarbonizzazione e dell’autonomia energetica”, secondo una strategia che punta al risparmio sui costi delle bollette.

Di fatto rappresenta anche una modalità per la razionalizzazione della spesa pubblica, meno condizionata dai ristori dell’emergenza. In attesa dei provvedimenti attuativi – ora il pacchetto predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dello sviluppo economico è sui tavoli della Commissione europea per la definitiva entrata in vigore – contiene fra l’altro incentivi in tariffa e contributi a fondo perduto erogati dal Gse favorevoli al contesto attuale, in cui le tariffe di gas e luce hanno avuto decrementi.

Le coperture finanziarie agli incentivi tariffari e a fondo perduto saranno garantire alle città sotto i 5 mila abitanti, a garantire i finanziamenti al 100% provvederanno i fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza): per gli impianti fotovoltaici, ai gruppi di autoconsumo collettivo (600 milioni di euro) e per le comunità energetiche rinnovabili (1.600 milioni). Per le medio grandi città vi sono dei progetti che attendono di essere finanziati con modalità alternative, nell’attesa della rinnovata regolamentazione della disciplina sulle comunità energetiche e sui gruppi di autoconsumo. Un decreto che potrebbe sbloccare i finanziamenti anche privati in vista di una progettualità che, si attende, possa crescere a livello esponenziale.

Tra le “buone” esperienze quello delle nove città italiane rientranti, unitamente ad altre novantuno realtà europee, in progetti specifici di sviluppo sostenibile, con l’obiettivo neutralità climatica entro il 2030 (Contratti Climate City finanziati dal programma Horizon Europe). Tra le città italiane selezionate dall’Ue Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.

Un cammino tortuoso, un processo di lungo cambiamento , che ogni tanto attende sferzate interne e shock esterni per poter procedere al raggiungimento degli obiettivi preposti.

Augusto Pareschi