Greenwashing, value washing e blue washing nelle strategie di marketing e comunicazione

Greenwashing, value washing e blue washing nelle strategie di marketing e comunicazione

Tecniche di value washing

Greenwashing e Blue Washing sono pratiche di comunicazione usate dalle imprese per apparire sostenibili agli occhi dei consumatori, e basate su spot e messaggi pubblicitari che dichiarano l’ecosostenibilità del prodotto venduto. I due termini greenwashing e blue washing afferiscono proprio ad una finta o  attenzione delle aziende nei confronti dell’ambiente, millantata attraverso claim di rispetto e salvaguardia dell’ecosistema. Si parla di “green”quando gli spot fanno risaltare la salvaguardia del Pianeta e del verde e di “blue” quando l’ipotetica tutela riguarda le risorse idriche.

Queste strategie di marketing, in uso già negli ultimi decenni del novecento, sono state ideate per conquistare il favore dei consumatori e aumentare le quote di mercato. Dopo il boom economico degli anni ottanta è cresciuta la consapevolezza sui danni ambientali connessi alla produzione industriale e alla frenesia della domanda e dei connessi sprechi. Molte aziende hanno quindi puntato su messaggi che potessero evidenziare la parte “sostenibile” dei prodotti venduti tralasciando dettagli circa l’impatto vero sul sistema.

Linee Guida marketing ambientale

Oggi fortunatamente la consapevolezza degli operatori è cresciuta e quindi i falsi ecologisti sono entrati sempre più nel mirino delle istituzioni, della legge e dei consumatori. Prima tra tutte a delineare i principi guida di un marketing responsabile è stata la Federal Trade Commission, con la declinazione delle Green Guides nel 1992.

I principi ispiratori delle linee guida sono ancora attuali e riguardano le regole per un buon marketing ambientale, le possibili interpretazioni delle pubblicità da parte dei consumatori e le modalità per evitare che i claim possano ingannare i consumatori.

Il concept è semplice: informare i consumatori in modo trasparente comunicando le azioni reali intraprese per offrire beni e servizi con impatto minimo sulle risorse. Le informazioni devono essere dettagliate e certificate, non è più possibile fare riferimento a principi astratti che non siano ancorati su evidenze empiriche che possano dimostrare l’impatto del prodotto.

Quando un’azienda è sostenibile?

Il consumatore per essere davvero certo della sostenibilità dei prodotti che acquista deve fidarsi unicamente delle “certificazioni” ufficiali. Terminologie improprie come impatto zero, biodegradabile senza la specifica del periodo necessario al Pianeta  per “smaltire” naturalmente il prodotto o il termine “naturale” sono sovra utilizzati e fuorvianti. Un salto in avanti nella lotta alle pratiche di value washing arriva dal Rapporto Integrity Matters, redatto da un team di esperti delle Nazioni Unite nel 2022. Il rapporto contiene raccomandazioni, standard e criteri utili a operatori di mercato, investitori, imprese, amministrazioni pubbliche per essere sostenibili.

Vincere greenwashing e blue washing

Anche la Commissione europea ha trattato ampiamente il problema rilevando la necessità di una maggiore regolamentazione a livello europeo che possa creare uniformità nei sistemi impresa. Sono tanti i passi che si stanno facendo per aumentare la protezione del Pianeta, le scelte dei consumatori e la concorrenza delle imprese realmente sostenibili.

In questo contesto si inserisce la Corporate Sustainability Reporting Directive, Direttiva UE che ha introdotto dal 2024 l’obbligo, per un gran numero di operatori di mercato pari a circa 50.000 imprese, di affiancare alla consuntivazione economico – finanziaria quella sociale e d’impatto ambientale. La prima annualità utile per la rendicontazione sarà l’anno finanziario 2024. 

Roberta Mordini