30° Anniversario Mercato Unico UE

30° Anniversario Mercato Unico UE

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Il mercato unico è uno dei più grandi successi dell’UE, esso facilita gli scambi tra imprese, stimolandone la crescita e l’innovazione. Nel contempo, a prescindere dall’elemento commerciale in senso stretto, tale strumento facilita la vita dei cittadini europei. L’UE si adopera, quindi, costantemente per sviluppare ulteriormente il mercato unico in nuovi ambiti. È certamente importante rimanere al passo con le sfide contemporanee, quali sono i cambiamenti climatici, la crisi energetica e la digitalizzazione.

 

Alcuni numeri

Nel 2023 ricorre il 30° anniversario della creazione del mercato unico, avvenuto nel 1993, interessante osservarne i dati:

  • 27 paesi dell’UE cui si aggiungono Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
  • Quasi 500 mln di persone sono interessate: beni, servizi, capitali e persone possono circolare liberamente.
  • I cittadini UE possono vivere, lavorare, fare affari, studiare e fruire della pensione anche in altri paesi, all’interno dell’UE.
  • Oltre 10 mln di studenti hanno aderito, nel tempo, al progetto Erasmus.

 

Mercato Unico UE

 

Prospettive

Il mercato unico, si auspica, possa disimpegnare un ruolo decisivo verso obiettivi condivisi e ad ampio respiro, come la transizione digitale e la svolta verde del continente. L’UE ha adottato iniziative per sfruttarne appieno il potenziale al fine di massimizzare le opportunità sia per le imprese che per i consumatori. Con il Green Deal europeo, che fissa l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, l’UE ha istituito un nuovo quadro per trasformare il mercato unico.

Allo stesso tempo, va segnalato, vi è un buon margine di miglioramento nel coordinamento delle attività sociali. Il digitale potrà concorrere a migliorare la competitività economica, riducendo anche le spese amministrative. Infatti, sia i cittadini che le imprese — in un contesto transfrontaliero come quello Ue — debbono affrontare dei fisiologici ritardi burocratici per le loro interazioni. Gli stessi possono essere abbattuti attraverso la digitalizzazione. Si pensi alla condivisione informativa dei dati necessari per il lavoro, lo studio, gli oneri amministrativi e fiscali, i dati previdenziali e salute. Contribuendo alla prevenzione verso taluni reati: sostituzioni di persona e tentativi di frode.

Infatti, sulla base della normativa comunitaria (articolo 1, lettera F, Regolamento CE n.883/2004) il lavoratore transfrontaliero è una persona che lavora in uno Stato dell’Ue e che risiede in un altro Stato membro. In quest’ultimo, la persona, vi fa ritorno in linea di massima ogni giorno o almeno una volta alla settimana. Se il lavoratore, invece, svolge attività lavorativa autonoma sul territorio italiano, i contributi previdenziali devono essere versati in Italia. Questo nella misura e con le modalità previste dalla normativa nazionale per i lavoratori autonomi. L’argomento, come accennato, si presta a una sua complessità intrinseca che può solo essere migliorato da piattaforme informative condivise.

Quanto sopra ricordando che The European Declaration of digital rights and principles, nel riaffermare la centralità delle persone, nel particolare momento di transizione, richiami l’importanza della tutela dei medesimi dati.

La Commissione è pienamente impegnata a guidare e sostenere gli Stati membri nei loro sforzi per accelerare la trasformazione digitale nel continente, il PNRR (così come mutuato in Italia) è un esempio plastico di questo appoggio. Ovviamente i fondi europei hanno un interesse ad ampio spettro, spaziando su tutti i gangli in cui si esprime la pubblica amministrazione. Per lo specifico settore, quindi quello previdenziale, appare d’interesse il supporto fornito dalla Commissione a INPS.

Tutti i paesi, infatti, stanno lavorando alacremente per migliorare o istituire, progettualità che possano condurre all’aspirata interazione transnazionale, con propri tempi. Quest’ultimi, certamente, sono dettati dalla differente formazione (re-skilling) e composizione del singolo comparto pubblico, dai fondi stanziati, a livello nazionale, e dai differenti sistemi di base utilizzati. D’interesse è il digital programme, un nuovo programma di finanziamento dell’UE incentrato sull’introduzione della tecnologia digitale in favore delle imprese, dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni.

Arrivando alla conclusione, l’Italia ha sempre più “bisogno di Europa”. La condivisione di problemi e di opportunità (si pensi dal covid ai migranti, dalla guerra in ucraina alle misure a sostegno per una transizione ecologica, fino al giungere alla nuova crisi israeliana) rappresentano un concreto paradigma di sviluppo

Silvestro Marascio