Sociologia urbana e gentrificazione: non chiamateli più “quartieracci”

Sociologia urbana e gentrificazione: non chiamateli più “quartieracci”

Accade in tutte le parti del mondo: le città si trasformano, gli abitanti si spostano e le migrazioni interne cambiano aspetto e stile di vita di intere zone. Così, luoghi fino a pochi anni prima disprezzati, diventano mete ambite in cui trasferirsi

Si sente parlare sempre più spesso del fenomeno “gentrificazione” e di come questo stravolga la naturale vocazione e stratificazione delle città dal punto di vista urbanistico e socio-economico. Ma di cosa si tratta esattamente? E davvero questo cambiamento è inevitabile?

Le origini: da Londra in poi

Per dare un senso alle parole iniziamo dalle origini. Il termine inglese “gentry” (alta borghesia) dà già un’idea del significato di “gentrification”: la trasformazione di un quartiere da popolare a borghese. Tale neologismo si deve alla sociologa Ruth Glass che nel 1964 lo conia per descrivere la situazione dei quartieri operai di Londra, le cui case venivano sistematicamente acquistate dalle classi sociali più agiate, con il conseguente spostamento dei precedenti abitanti verso zone più periferiche.

Dalle stalle… alle stelle

Al di là della latitudine, in ogni città ci sono zone per anni considerate poco raccomandabili, fatiscenti o, per dirla alla romana, “quartieracci”, che in breve tempo si trasformano in zone chic, alla moda, dove scegliere di vivere, ambite per aprire attività commerciali – questo prima della pandemia da Covid 19 – oggi soprattutto locali di ristorazione che rappresentano la principale forma di aggregazione, dal brunch, all’aperitivo, all’apericena. Inizialmente, gli esempi più eclatanti di tale fenomeno vengono d’oltreoceano con città come New York, Chicago, Toronto: basti pensare alla zona di SoHo, dove i loft che negli anni 60 e 70 erano stati popolati da artisti e musicisti dando vita al cuore bohemien di NY, sono oggi richiestissimi da professionisti e benestanti, con alti costi al metro quadro. Nel tempo, il fenomeno gentrificazione, a seguito delle diffuse politiche di rigenerazione urbana, è divenuto una prassi ovunque le città presentino una stratificazione che consenta questa sorta di avvicendamento sociale, per cui le classi meno abbienti si allontanano progressivamente dal centro verso le periferie.

Cosa succede in Italia

Le città italiane maggiormente influenzate dalla gentrificazione sono Milano e Roma, seguite da Torino e Firenze, ma il fenomeno è destinato a contagiare tutti i centri urbani più popolati.

La nuova Milano

Il capoluogo lombardo, già caratterizzato da un alto costo della vita, è da tempo teatro di una riqualificazione urbana che sposta l’interesse verso quartieri prima malfamati, ora accessibili solo alle classi più benestanti.

  • Un esempio eclatante è Isola, zona un tempo ritagliata tra le linee ferroviarie e quindi isolata (da qui il nome) divenuta una delle più trendy della movida milanese, con ristorantini e locali di musica dal vivo.
  • Tra le più recenti, spicca NoLo (citazione della SoHo newyorkese) che sta per ‘North of Loreto’. Delimitata dalla Stazione Centrale, dal Naviglio della Martesana e da Viale Monza, fino agli anni 2000 quest’area a nord di Piazzale Loreto era piuttosto degradata, mentre oggi tra qualche iniziativa culturale, opere di street art e localini ha subito una rapida impennata dei prezzi con relativo esodo della popolazione residente.
  • Prima ancora era toccato a Tortona, quartiere a carattere industriale, diventato zona chic a vocazione artistica. L’elenco potrebbe continuare con Porta Nuova che dalla riqualificazione del 2004 ha raggiunto prezzi proibitivi.
  • Impossibile non citare City Life (dove abitano i Ferragnez), un tempo zona dell’ex Fiera Campionaria, in cui sono sorti grattacieli firmati da archistar come Isozaki e Hadid. E i vecchi residenti di tutte queste aree gentrificate? In fuga obbligata verso l’hinterland: Baranzate, Bollate, Cesano, Cinisello…

Roma tra centro ed ex periferie

La città di Roma ha visto le prime forme moderne di gentrificazione tra la fine degli anni settanta e ottanta, allorché nella centrale e popolare Tor di Nona, nel rione Ponte, una serie di palazzine vennero espropriate dal comune ma lasciate in stato di abbandono. Nel 1976, parte dei residenti sfrattati da quegli alloggi, insieme a militanti di un Collettivo, occuparono le strutture fatiscenti e realizzarono dei murales. Come sempre accade, gli interessi economici hanno vinto e, benché dopo anni, le palazzine sono state ristrutturate e ora abitate da chi può permettersi i prezzi del centro storico. A ricordare quella battaglia per il diritto alla casa è rimasto uno dei murales realizzati nel ’76, l’asino che vola, sito all’altezza del civico 28 e visibile percorrendo il Lungotevere Tor di Nona.

Roma – via Tor di Nona  28 – Il murale con l’asino che vola, ricordo dell’occupazione delle palazzine espropriate nel ’76.
  • Altre trasformazioni del tessuto urbano della Capitale hanno visto il quartiere Testaccio, sede del vecchio mattatoio e di un grande mercato all’aperto ora spostato, diventare luogo di movida e localini che assediano le storiche trattorie di cucina romana.
  • Aree più industriali, come quella del Gazometro, poco lontano da Testaccio, sono meta di professionisti a caccia di loft piuttosto che di tradizionali appartamenti.
  • A vocazione artistica e oggi diventato luogo di movida c’è San Lorenzo, quartiere tradizionalmente povero a ridosso del Cimitero Monumentale del Verano.
  • Il più recente è il Pigneto, zona est tra le vie consolari Prenestina e Casilina. Caratterizzato da abitazioni a basso costo, con popolazione di ceto proletario e via via di immigrati soprattutto africani, è oggi il quartiere romano più ricercato dai giovani artisti.

Non solo abitazioni

La gentrificazione è un fenomeno che produce una reazione a catena: cambia il tessuto sociale e si traduce in un vero e proprio travaso culturale. Si vive il luogo in cui si abita, che è fatto di abitudini, di incontri quotidiani e di spazi di socializzazione. Cosa succede quando spariscono botteghe e piccoli negozi? La regola del profitto obbliga allo spostamento chi non può più permettersi non solo l’aumento degli affitti, ma anche quello dei negozi che, per sopravvivere alla grande distribuzione, devono alzare il tiro: specializzarsi o chiudere i battenti. Tutto questo snatura i quartieri e arriva in alcuni casi a renderli rumorosi fino a tarda notte o invivibili per il troppo afflusso nei locali, al punto di rendere necessari varchi ZTL notturni.

Evelina Mastrolorenzi