Utopian Hours: a Torino il futuro delle città italiane

Utopian Hours: a Torino il futuro delle città italiane

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Undensity, Egomobility, Polyspaces: queste le parole chiave di città del futuro che possano accogliere e rendere felici le persone e non trasformarsi in oscure e disumane metropoli alla Blade Runner. Contro ogni distopia ci sono le Utopian Hours, le “ore utopiche” (ma con finalità concrete) proposte dall’omonimo festival internazionale del city making che si terrà a Torino dal 13 al 15 ottobre.

Il festival, giunto alla settima edizione, è organizzato dall’organizzazione Stratosferica ed è diretto da Luca Ballarini e Giacomo Biraghi. Per il 2023 l’evento si concentra su un approccio al fare città che combina le forze opposte dell’urbanizzazione valorizzando l’innovazione nelle tecnologie, la mitigazione del cambiamento climatico, le politiche pubbliche,  ma anche la riconquista della consapevolezza di sé.

I tre neologismi scelti come filo conduttore sono un invito a riconsiderare il rapporto tra l’evoluzione umana e la crescente spinta verso l’urbanizzazione del pianeta (l’Onu prevede che fino al 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città nel 2050), dando loro nuove caratteristiche per salvaguardare l’esigenza primaria della vivibilità. In questo contesto verranno presentati progetti esteri in anteprima italiana e saranno dibattute le iniziative più visionarie delle nostre città.

Utopian Hours: le parole chiave delle smart city

La parola Undensity esprime l’aspirazione a ricreare gli effetti positivi della densità dei centri urbani (diversità, efficienza, creatività) nelle aree suburbane e nei territori più remoti. Il termine Egomobility rappresenta l’esigenza di potenziare la mobilità individuale e coniugarla con la sostenibilità ambientale ed economica, la capacità e l’accessibilità del trasporto pubblico. Polyspaces, infine, descrive la necessità di imparare ad avere relazioni multiple e aperte con gli spazi e con gli edifici, in termini di proprietà, uso e funzione.

Già con l’edizione 2022 —intitolata “A World of 8 Billion Cities” — il festival Utopian Hours faceva emergere come la città sta diventando un concetto slegato dalla sua dimensione fisica, moderna, capitalistica, industriale: la città —e l’essere cittadini— diventa una categoria dello spirito, un’immagine prima di tutto mentale, una tensione verso uno stile di vita legato alle inclinazioni, alle ambizioni di noi essere umani, piuttosto che agli spazi e agli edifici che connotano l’ambiente urbano.

Cercando un equilibrio rispetto alla visione dell’Antropocene, che vede nella città il luogo in cui si concentrano le azioni negative dell’uomo, la città celebrata da Utopian Hours ritrova un ruolo positivo nella storia e nell’evoluzione umana, si legge nella presentazione ufficiale di Stratosferica.

La settima edizione del festival riprende anche l’idea di “fare i cittadini” —una priorità che meriterebbe di essere in cima all’agenda di tutte le nazioni, considerando le minacce del cambiamento climatico e l’aumento della popolazione mondiale— e la volontà di rifondare il concetto di città a livello planetario.

Utopian hours: le città italiane progettano il futuro

Parallelamente ai panel e ai keynote speech con gli ospiti internazionali, il festival prevede sette tavoli di lavoro a porte chiuse sul city making nel nostro Paese. Il progetto è sostenuto dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Torino e vuole essere un momento di confronto reale e di ricette concrete per ispirare chi ogni giorno amministra e innova città e territori.

Ogni tavolo mette al centro un tema su cui si confronteranno oltre 120 assessori, funzionari, professionisti di aziende e urban practitioner indipendenti che arriveranno a Torino da 30 città italiane.

Spazi polivalenti, egomobilità e talenti

Una prima tavola sarà sul “Placemaking in Verona”, ovvero sul recupero di aree demaniali e comunali, creazione di valore urbano e attrattività turistica, in collaborazione con la Città di Verona. I partecipanti si confronteranno sulle opportunità di sviluppo di una città che vuole unire storia, solidità economica e apertura al contemporaneo.

La parola chiave “Egomobility” è al centro della seconda tavola di lavoro, declinata per essere attuata concretamente nelle città italiane. Il concetto è quello della mobilità sostenibile incentrata sulla persona (in collaborazione con Transform Transport). Guardando a ciò che accade in altre città del mondo il tavolo cercherà di ragionare sul contributo che lo sviluppo tecnologico dovrà dare alla mobilità sostenibile.

Il tema delle competenze sarà affrontato in una terza tavola sulla “Talent stickiness”, che cercherà di capire come rendere città e campus urbani più attrattivi per accogliere giovani e talenti (in collaborazione con The Social Hub). Si parla molto di “cervelli in fuga” e ora città, imprese e decisori pubblici si chiedono come ribaltare il trend e portare i talenti nei territori italiani.

Il quarto tavolo di lavoro si interrogherà sulla parola chiave dei “Polyspaces“. Il termine descrive la destinazione multipla di uno stesso spazio, cui si possono assegnare diverse funzioni e proprietà. Qui si va oltre le classiche regole urbanistiche per immaginare luoghi che aggiornano continuamente la loro funzione, spazi non programmati adattabili a più ospiti, più gestori, più utilizzi.

Dal mare alle periferie, le città vogliono essere felici

Il quinto tavolo, con la Città di Genova, sarà un confronto sull’innovazione di una città portuale (“Innovation at the sea-level”). Per anticipare la Genova del 2050 ci si concentrerà su elementi quali l’eredità culturale del centro storico e dei caruggi, il rapporto con il mare e l’innovazione tecnologica.

“Gov-Tech City” è il tema del sesto tavolo e indica la digitalizzazione dei servizi pubblici a beneficio delle periferie, aprendo nuovi scenari legati al coinvolgimento dei cittadini e all’amministrazione dei territori. In collaborazione con Feel, i partecipanti cercheranno di immaginare nuove modalità di cooperazione tra pubblico e privato per valorizzare al meglio le opportunità offerte dalla transizione digitale come risorsa per lo sviluppo, l’attrattività e il benessere collettivo.

Infine, “Undensity”: una delle chiavi di lettura della smart city torna nel settimo tavolo di lavoro. L’idea è di andare oltre la città per ricreare la città. Oggi il sinonimo più immediato di iper-urbanizzazione è la cementificazione, ma la provocazione qui è muoversi in senso contrario, immaginando una città viva, che offre alle persone serenità e felicità come se fossero in un luogo rarefatto, un bosco montano, una spiaggia incontaminata o un’oasi tra le dune.