L'importanza del partenariato pubblico - privato nello sviluppo delle città digitali

L’importanza del partenariato pubblico – privato nello sviluppo delle città digitali

L’evoluzione delle smart cities si fonda sempre più su sforzi congiunti tra pubblica amministrazione e soggetti privati, allo scopo di depotenziare le insidie congenite nelle progettualità ed esaltare i punti di forza dei partenariati.

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Benessere e servizi

Le città moderne e innovative che ci apprestiamo a vivere ogni giorno sono il frutto di scelte precise, guidate dal conseguimento di obiettivi strategicamente delineati, dedicati al benessere della comunità urbana e del singolo cittadino.

Le suddette scelte, dunque, devono riferirsi a standard ben definiti, che per giungere a un miglioramento della qualità di vita passano necessariamente dal potenziamento di ogni genere di servizi, quali l’aumento dei livelli di sicurezza o l’alfabetizzazione digitale; solo così si può giungere alla vera definizione di smart city, un ecosistema funzionale, sostenibile e integrato in diverse aree tematiche della vita urbana.

A tutto questo però si accompagnano insidie in ambito tecnico e rischi di natura economica, che per essere affrontati necessitano di collaborazione, know how, rapidità di risposta alle sfide.

Il paradigma normativo

Il legislatore nazionale ha cercato di regolamentare queste necessità inglobandolo nell’ormai “vecchio” Codice dei contratti pubblici del 2016, che prevedeva all’art. 180 un interessante regime di ribaltamento del rischio nei confronti di quei soggetti privati che si assumessero gli oneri e le responsabilità di erogazione dei servizi alla cittadinanza a fronte di un canone riconosciuto.

Disciplina, poi, confluita con diversi aggiustamenti volti a superare gli ostacoli alla operatività concreta e le ambiguità della precedente disciplina nel nuovo Codice (D.Lgs. n. 36/2023).

La Commissione che si è occupata di redigere il nuovo testo normativo, infatti, ha cercato di puntare su una razionalizzazione organica e sulla semplificazione, prevedendo fattori di razionalizzazione, attrazione per gli investitori e semplificazioni generali.

Il testo attuale, inoltre, sembra provare a chiarire quella contrapposizione tra PPP e il contratto di concessione, (dubbio sollevato a volte dalla precedente disciplina), definendo il partenariato come un progetto economico complesso, in cui vi rientrano anche gli accordi concessori.

All’art. 174 del D.Lgs. n. 36/2023 il partenariato viene definito, infatti, come un’operazione economica caratterizzata da un rapporto contrattuale di lungo periodo tra ente pubblico e uno o più soggetti privati, allo scopo di raggiungere risultati di interesse pubblico.

Alla componente privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione.

Il PPP permette dunque il coinvolgimento di attori privati in progetti a favore dello sviluppo delle città digitali, a vantaggio della collettività e permettendo di interagire efficacemente con le amministrazioni pubbliche.

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Ma come si sviluppa un Partenariato Pubblico Privato?

Il PPP si basa su uno studio di fattibilità del proponente, a cui fa seguito da parte della PA un’analisi delle proposte basata su metodologie comparative, tenendo conto della matrice dei rischi, atta a individuare e analizzare i rischi connessi al progetto, verificare la convenienza del ricorso al PPP e al successivo monitoraggio in fase esecutiva, come da articolo 175 del nuovo Codice.

Si giunge infine all’emanazione del bando e alla scelta del soggetto vincitore, facendo riferimento unicamente a soggetti qualificati (art. 63) anche nel caso di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (5.382.000 euro).

 

L’iter amministrativo, dunque, si snellisce rispetto agli appalti ordinari, per esempio nello studio di fattibilità del progetto e nelle successive analisi in capo agli esperti incaricati, riducendo anche i fattori di rischio riconducibili all’ente.

Inoltre, il sodalizio pubblico privato, oltre che nella realizzazione dei progetti, si esprime efficacemente anche nella manutenzione e nella gestione dei lavori svolti, che coinvolgono operatori della PA e cittadini spesso alle prese con elementi digitali di cui non hanno competenze pregresse.

 

La novità del partenariato istituzionale

Tra le novità introdotte dal nuovo codice vi è, oltre al partenariato di tipo contrattuale, basato sulla stipula di un contratto, tipico o atipico, tra le parti, anche il partenariato istituzionale.

Quest’ultimo si caratterizza nella creazione di una entità giuridica affidataria di progetti e servizi, come per esempio una società mista, pubblica e privata.

 

Il libro IV del nuovo Codice si occupa poi di disciplinare in maniera esaustiva il fenomeno del partenariato, evitando i rinvii alla normativa degli appalti pubblici che avevano in passato creato difficoltà interpretative.

 

Il ruolo dell’ANCI

Lo strumento del partenariato può essere veicolo efficace di innovazione nelle metropoli ma anche in altri contesti: l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) si è per esempio dedicata a progetti pilota che riguardano le piccole realtà urbane, dove a volte risulta più complesso introdurre e sviluppare processi tecnologici e digitali, mancando modelli di riferimento e professionalità in ambito tecnico.

Uno di questi progetti è stato “MediAree – Next Generation City”, finanziato dal Dipartimento della Funzione Pubblica con i fondi del PON,

che ha avuto come obiettivo la creazione di città del futuro, vivibili e sostenibili, in grado di fare rete tra loro e di attrarre stakeholder privati, oltre a potenziare le competenze degli enti territoriali.

Dieci sono state le città pilota protagoniste: Avellino, Brindisi, Campobasso, Latina, Nuoro, Pordenone, Rimini, Siena, Siracusa e Treviso.

Che si tratti di potenziare grandi città in ambito digitale, o di creare ex novo strutture e servizi basate su conoscenze non ancora assorbite dalle piccole città, il PPP può sempre rappresentare una valida soluzione.

Sulla base di infrastrutture già esistenti, basti pensare agli impianti di illuminazione, di videosorveglianza o alle reti in fibra, operatori economici privati possono implementare, con aggiunte e modifiche, efficienza e accessibilità ai servizi traendo una contropartita economica dalla loro costruzione o gestione, o dalla locazione finanziaria di opere pubbliche.

Le amministrazioni possono sfruttare i fondi europei facendone un più rapido utilizzo nella parte infrastrutturale e lasciando la quota servizi, come per esempio lo sviluppo di software, al soggetto privato.

Le aziende, infatti, possono mettere a disposizione degli enti pubblici tecnologie proprietarie, competenze esterne e figure professionali specifiche, oltre alle proprie risorse economiche.

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Conclusioni

Se fino a qualche tempo fa si ricorreva al sostegno privato per lo stato di necessità dettato dalla mancanza di fondi, oggi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta una grande occasione per gli enti pubblici per coniugare questa straordinaria disponibilità economica al coinvolgimento di risorse private complementari, economiche e di competenze innovative.

Nicola Manzi