Con la guida autonoma spariranno 32 milioni di auto in Italia

Con la guida autonoma spariranno 32 milioni di auto in Italia

La guida autonoma ridurrà il parco circolante da 40 a 8 milioni di veicoli , ma serve un cambio di paradigma sull’auto: da bene di proprietà a servizio di mobilità condivisa.

La guida autonoma porterà sicurezza ed efficienza nella mobilità urbana, soprattutto se accompagnata allo sviluppo dell’auto elettrica e a una forte spinta allo sharing, in un cambio di paradigma sui veicoli intesi non più come beni privati ma pubblici e condivisi. Ne è convinto Sergio Savaresi, docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, che arriva a prevedere nel prossimo futuro un collasso più che una contrazione del parco circolante: dalle attuali 40 milioni di auto oggi presenti sulle strade italiane passeremo ad appena 7-8 milioni, ma tutto ciò richiede tempo non soltanto per la transizione energetica, ma anche – e forse soprattutto – per l’evoluzione culturale di una mobilità più sostenibile e consapevole, specialmente in ambito urbano.

Nel 2030 solo 2 auto su 100 saranno a guida autonoma

Una tesi che trova conferma nello studio di McKinsey Center for Future Mobility, secondo il quale nel 2030 solo il 2% delle auto sarà a guida autonoma (in uno scenario più accelerato da politiche favorevoli ed incentivanti la percentuale potrebbe sfiorare il 10%). Solo cinque anni più tardi, nel 2035, queste quote potranno variare tra il 20 e il 50% a seconda delle strategie adottate a livello nazionale e locale, permettendo al settore della guida autonoma di generare entrate per oltre 400 miliardi di dollari.

Ma quanto sono autonome le auto oggi?

Prototipi e veicoli sperimentali a parte, le auto più avanzate nella guida autonoma oggi autorizzate a circolare sulle strade del mondo sono i robotaxi come quelli di Waymo e Cruise, in grado di sfoggiare il quarto livello di automazione, con il sistema di bordo in grado di gestire tutte le funzioni di guida. Se i primi dichiarano di aver effettuato oltre 700.000 corse già quest’anno nelle aree urbane di San Francisco e Phoenix, i secondi sono alle prese con un blocco temporaneo dell’attività a seguito dell’ennesimo incidente costato la vita a un pedone (le dinamiche del sinistro sono ancora in fase di accertamento e non è dimostrabile che la conduzione umana del veicolo avrebbe potuto scongiurare lo scontro). Le maggiori Case automobilistiche mondiali si attestano oggi al terzo livello, con l’automazione vincolata a determinate condizioni di viabilità che non possono prescindere dall’intervento umano. Per il livello 5 molto dipenderà dallo sviluppo tecnologico delle infrastrutture oltreché dei veicoli, ma anche dall’adeguamento delle normative vigenti: in Italia, ad esempio, possono circolare su strada soltanto veicoli con sistemi di automazione di livello 1 e 2 (il primo prevede l’assistenza nel mantenimento della corsia di marcia e della distanza dal veicolo che ci precede; il secondo gestisce freni, acceleratore e sterzo, ma sempre con l’intervento continuo del conducente).

La tecnologia impone un upgrade formativo

Una ricerca condotta da Hyundai sui proprietari inglesi di auto di ultima generazione evidenzia che 7 conducenti su 10 si sentono sopraffatti dalla tecnologia di bordo. Del 40% che dichiara di non sfruttarla al massimo potenziale, la metà ammette di non sapere come farlo mentre un terzo addirittura non si fida dei dispositivi. Stesso timore agita anche gli automobilisti italiani: secondo un’indagine della Fondazione Caracciolo – Centro Studi ACI condotta su 9.000 individui, il 77% dei conducenti ritiene necessario integrare i corsi per il conseguimento della patente con moduli formativi specifici sui sistemi di assistenza alla guida (ADAS).

ADAS oggi e guida autonoma domani per risparmiare vite umane

Con gli ADAS in tutte le auto, secondo l’ACI si sarebbero potuti evitare il 28% degli incidenti frontali, il 21% degli scontri laterali e l’11% degli investimenti di pedoni avvenuti nell’ultimo anno in Italia. Per la Foundation for Traffic Safety, gli Adas di ultima generazione applicati ad ogni veicolo circolante negli Stati Uniti consentirebbero di evitare il 40% delle vittime entro il 2040. Una quota di incidenti e feriti si continuerà comunque a contare perché la distrazione dei conducenti e più in generale di tutti gli utenti della strada rimane elevata. Solo la guida autonoma può pressoché azzerare le vittime, purché sia davvero diffusa e in un ambiente stradale “digitale”, dove ogni componente dialoga con gli altri. Ma non può esserci guida autonoma senza auto elettrica.

60 anni per il break-even di un’auto elettrica

Gli alti costi di acquisto di un’auto elettrica e i bassi tassi di utilizzo tipici della mobilità privata (elettrica o endotermica, una vettura rimane parcheggiata per il 96% del suo ciclo di vita) sono elementi frenanti all’acquisto di una vettura a batteria. Per Savaresi del Politecnico di Milano, agli utilizzatori di una elettrica nuova servono almeno 60 anni per raggiungere il break-even. I pendolari raggiungono l’obiettivo in appena 8 anni: lo stesso tempo per un veicolo con motore benzina o diesel. Tutto ciò scoraggia ancora gli automobilisti. Secondo il rapporto della Fondazione Caracciolo intitolato “L’Auto di domani”, presentato all’ultima Conferenza del Traffico e della Circolazione organizzata dall’ACI, l’85% degli italiani prevede per i prossimi di 10 anni di acquistare un’auto termica o al massimo ibrida: solo il 14% pensa di poter soddisfare il proprio fabbisogno di mobilità comprando una vettura elettrica.

Marco Perugini