Sud e desertificazione urbana: in 20 anni meno 1,1 milioni di residenti

Sud e desertificazione urbana: in 20 anni meno 1,1 milioni di residenti

Notizie correlate

Secondo un rapporto dell’associazione Svimez, negli ultimi 20 anni i residenti in meno nel sud Italia sono già 1,1 milioni. Numero che arriverà fino a 8 milioni entro il 2080

Il fenomeno della desertificazione urbana sta assumendo connotati sempre più definitivi nel sud Italia.

La fotografia scattata dal rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno) è piuttosto preoccupante.

Secondo il report, da qui al 2080 la popolazione a Sud del Lazio scenderà di 8 milioni di residenti.

Indicativamente, quindi, la popolazione del Meridione potrebbe avere la metà degli abitanti rispetto a oggi.

Sud Italia: negli ultimi venti anni esodo da 1,1 milioni

Già negli ultimi venti anni i residenti nel Meridione sono già calati di 1,1 milioni.

Come misura per contrastare questo fenomeno l’Europa ha messo a disposizione il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con oltre 215 miliardi di euro.

Tuttavia, almeno per adesso, tranne il progetto del Ponte sullo Stretto e il relativo ammodernamento delle infrastrutture, le risorse non sono state ben allocate.

Cresce l’esodo dei laureati

Un’altra tendenza molto preoccupante che emerge dal rapporto è il numero di laureati in fuga dal sud.

Se negli ultimi venti anni tra chi emigrava al Nord il 26% era laureato, dal 2022 su 63 mila giovani emigrati il 42% era in possesso di un diploma di laurea.

Il motivo principale dell’esodo è ben noto: mancanza di offerta di lavoro qualificato.

Il Sud si fa sempre più povero

Stando ai dati riportati nel rapporto Svimez, le persone che vivono in povertà assoluta sono cresciute di 250 mila unità, mentre nello stesso arco di tempo al Centro e al Nord sono calate di 157 mila.

Al Sud è in calo il lavoro nei settori portanti dell’economia italiana, a partire dal manifatturiero.

Sono tuttavia presenti dei segnali che indicano una leggera ripresa; l’ultimo dossier di Mediobanca sul Sud ha sottolineato la presenza di 361 imprese con più di 10 dipendenti e 370 milioni di fatturato che sono in crescita.

Il rapporto Svimez afferma che il 25 per cento delle medie e grandi aziende meridionali è opera in settori in crescita come quello relativo alle rinnovabili.

La crescita della povertà tra gli occupati conferma che il lavoro, se precario e mal retribuito, non garantisce la fuoriuscita dal disagio sociale.

Nel Mezzogiorno, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata è salita di 1,7 punti percentuali tra il 2020 e il 2022 (dal 7,6 al 9,3%).

Secondo il rapporto, si osserva un incremento di 3,3% tra le famiglie di operai e assimilati, superiore a quello osservato per il totale delle famiglie in condizioni di povertà assoluta.

La crescita del PIL italiano è stimata dalla SVIMEZ a +0,7% nel 2023: +0,4% nel Mezzogiorno, +0,8% al Centro-Nord.

Dopo la buona performance del 2022, la dinamica del PIL meridionale sarebbe sensibilmente inferiore a quella del resto del Paese.

Il turismo non basta

Il turismo, storico volano di crescita del Mezzogiorno, da solo non è sufficiente a sostenere una crescita, soprattutto per la mancanza di infrastrutture adeguate.

Si legge in un dossier Svimez su dati Istat: “Il numero di presenze turistiche per abitante del Mezzogiorno è pari a meno della metà del dato medio delle regioni centrosettentrionali (8,9). E le regioni meridionali stanno incontrando maggiori difficoltà a recuperare il calo delle presenze subito nel 2020: il gap risulta infatti pari al – 8,0% nel Sud, contro il -5,1% del Centro-Nord”.

Il divario Nord-Sud potrebbe crescere ancora

Stando alle proiezioni contenute nel rapporto, nel 2025, la crescita nazionale dovrebbe attestarsi sul +1,2%.

La crescita del PIL meridionale dovrebbe essere di 4 decimi di punto al di sotto del dato del Centro-Nord: +0,9% a fronte del +1,3.

A determinare la riapertura del divario di crescita Nord-Sud è il ritorno di una crescita sostenuta dell’export nelle regioni centro-settentrionali (+3,2%).

Un’ancora di salvataggio per migliorare la situazione potrebbe proveniere dalla ZES (Zona Economica Speciale) Unica per il Mezzogiorno, che dal 1° gennaio 2024 ha sostituito le attuali otto.

Con la ZES Unica si passa da un’azione molto specifica mirata a determinate aree a un tentativo di operazione di sistema, estendendo a tutto il Sud i vantaggi fiscali e di sburocratizzazione legati alle ZES.

L’estensione a tutto il Mezzogiorno delle misure di incentivazione e delle procedure autorizzative semplificate, costituisce un vantaggio, ma per essere efficace deve essere integrata nelle politiche industriali nazionali e regionali.

Emiliano Ragoni