I colloqui in vivavoce valgono come intercettazioni?

I colloqui in vivavoce valgono come intercettazioni?

La registrazione di un colloquio, svolto tra presenti o con strumenti di trasmissione, da chi vi partecipa o è ammesso ad assistervi, non si sostanzia in un’intercettazione, ma solo in una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico.

La conversazione in vivavoce

La registrazione fonografica di un colloquio, che si è svolto tra presenti oppure tramite strumenti di trasmissione, a opera di chi vi partecipi, ovvero sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, ancorché eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, bensì costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo ex art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione dei contenuti della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dal partecipante.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione (n. 10079/24) nella vicenda in cui la conversazione si era tenuta in vivavoce.

Quando le intercettazioni sono utilizzabili

Le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. c.p.p. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato.

La registrazione di un colloquio

Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, a opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p. in tema di “prova documentale”, salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sullo specifico oggetto ovvero sulla qualità rivestita da chi vi partecipa (in tal senso, tra le altre, Sezione 2, n. 40148/2022).

L’utilizzo dell’app “call recorder”

Nello stesso senso, si è chiarito che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l’autore di condotte estorsive e usurarie, portata a conoscenza delle forze dell’ordine per iniziativa della stessa persona offesa mediante l’inoltro della chiamata in corso sull’utenza della polizia, che provveda immediatamente alla sua registrazione tramite l’applicazione “call recorder”, costituisce una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento come prova documentale, ai sensi della disciplina dettata dall’art. 234 c.p.p. (Sezione 2, n. 26766 del 06/07/2020).

Più in dettaglio, in tale occasione era stato precisato che la registrazione di conversazioni da parte del privato vittima di reato col soggetto autore di comportamenti violenti e/o minacciosi, effettuata su iniziativa esclusiva, in quanto né sollecitata né in altro modo suggerita dagli inquirenti, del medesimo privato e con l’impiego di mezzi propri, pure se, ai fini dell’ascolto e della verifica dei contenuti minatori per possibili successive iniziative di natura processuale, sia girata nell’immediato alle forze dell’ordine già in tal senso allertate dell’iniziativa e a prescindere dalle modalità dell’ascolto (in diretta o in differita), non presuppone né implica lo svolgimento di alcun atto di indagine da parte delle stesse forze dell’ordine, per cui la registrazione, anche se veicolata tramite la successiva trascrizione dei contenuti da parte delle stesse forze dell’ordine, rappresenta una mera trasposizione del contenuto del supporto magnetico e costituisce una mera forma di memorizzazione fonica di un fatto storico impiegabile solo come prova documentale.

Laura Biarella