Consiglieri comunali, quando è escluso il diritto di accesso

Consiglieri comunali, quando è escluso il diritto di accesso

Il diritto di accesso ai consiglieri comunali è disciplinato dall’art. 43 comma 2 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).

Tale diritto consente ai consiglieri di ottenere informazioni e accedere a documenti necessari per l’esercizio del loro mandato, con l’obiettivo di garantire un efficace controllo politico-amministrativo sull’ente locale.

Il diritto di accesso

Risulta essenzialmente più ampio rispetto a quello dei cittadini.

Le ragioni risiedono nelle finalità.

Il diritto in parola risulta, infatti, finalizzato al controllo politico-amministrativo sull’ente, permettendo ai consiglieri di svolgere efficacemente il loro ruolo di vigilanza e monitoraggio delle attività comunali.

Per detta ragione i consiglieri possono accedere a una vasta gamma di documenti e informazioni detenuti dall’amministrazione comunale, senza dover dimostrare uno specifico interesse personale.

Sul punto è intervenuto il Ministero dell’Interno con due pareri: uno datato 7 maggio 2024 ed un altro datato 16.10.2019.

Il Ministero ha rammentato che già la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, esprimendosi sull’esercizio del diritto in parola, ha riconosciuto “la possibilità per il consigliere di avere accesso diretto al sistema informatico interno, anche contabile, dell’ente attraverso l’uso della password di servizio … proprio al fine di evitare che le continue richieste di accesso si trasformino in un aggravio dell’ordinaria attività amministrativa dell’ente locale”.

Tuttavia l’argomento è abbastanza dibattuto, determinando si l’ampiezza del diritto di accesso ma con alcune limitazioni.

I limiti all’accesso dei Consiglieri

I consiglieri non possono accedere a tutti quei documenti che sono coperti da segreto investigativo, ossia quei documenti formatisi nell’ambito di attività strettamente di polizia giudiziaria.

Infatti, il parere de quo è relativo alla richiesta di accesso di un consigliere comunale a documenti formati durante lo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria su iniziativa del Comando di polizia locale.

Consiglio di Stato, sentenza n. 1974 del 29 febbraio 2024

Questa sentenza ha contribuito a definire i limiti e le condizioni del diritto di accesso dei consiglieri comunali, ribadendo l’esclusione dei documenti coperti da segreto investigativo.

Questo parere, che richiama la recente sentenza n. 1974 del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2024, delinea i limiti del diritto del consigliere comunale nel contesto del controllo politico amministrativo sull’ente.

Inoltre, come ribadito dal TAR Lombardia, sezione I, sentenza 29 dicembre 2023, n. 3222, è legittimo il diniego opposto all’istanza di accesso formulata dal consigliere comunale ai sensi dell’art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 («Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali»), ove essa persegua finalità meramente esplorative, sostanziandosi in una pretesa di controllo generalizzato sull’attività dell’Amministrazione interessata (ex plurimis: CdS, sez. V, sentt. nn. 3564/2023, 769/2022 e 3345/2020; TAR Calabria, sez. I, sent. n. 1120/2023; TAR Friuli-Venezia Giulia, sent. n. 253/2020).

L’individuazione degli atti esclusi all’accesso e obbligo di segretezza

Il Comune è tenuto a consentire l’accesso agli atti richiesti dal consigliere comunale anche se detenuti dalla Polizia Municipale ma con alcune eccezioni.

L’individuazione di tali atti deve essere effettuata dai competenti uffici dell’Ente Locale, che in caso di dubbi interpretativi sui singoli atti e documenti potranno effettuare specifiche richieste preventive Pubblico Ministero di competenza.

Tale diritto non può essere esercitato a discapito di altri interessi meritevoli di tutela e deve bilanciarsi con essi.

Per la stessa ragione, il diritto di accesso richiamato non è soggetto ai vincoli di cui alla L. 241/1990 sulla riservatezza dei terzi tant’è che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4471/2005, definì questo diritto come un “diritto soggettivo pubblico funzionalizzato“, destinato cioè a consentire il controllo politico-amministrativo sull’Ente nell’interesse non del singolo che esercita il diritto di accesso ma della collettività.

La violazione di tale obbligo comporta responsabilità personali per la diffusione illecita di informazioni.

Anche il TAR Lazio, sez. I, con la sentenza n. 49 del 3 febbraio 2023, ha ribadito che il consigliere comunale è tenuto al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, rispondendo personalmente della diffusione illecita di dati sensibili.

Pertanto, i consiglieri comunali sono tenuti a mantenere il segreto o rispondono della violazione, secondo il principio di conoscenza ma non di divulgazione.

In sintesi, quindi, il diritto di accesso dei consiglieri comunali è uno strumento essenziale per garantire la trasparenza e la responsabilità all’interno delle amministrazioni locali, ma deve essere bilanciato l’esigenza di controllo con la protezione di interessi meritevoli di tutela, come il segreto investigativo e la riservatezza dei dati sensibili.