"Zone rosse", sicurezza urbana 2.0

“Zone rosse”, sicurezza urbana 2.0

Una direttiva del Ministro dell’interno, Piantedosi, richiama la necessità di individuare le zone rosse nelle città, aree critiche, quindi, da attenzionare in modo particolare. Si è cominciato a Milano, è la sicurezza urbana 2.0.

“Zone rosse”, ossia?

L’input che è possibile leggere nella direttiva Piantedosi è incrementare la sicurezza partecipata e quella percepita, anche con una maggiore visibilità delle forze dell’ordine.

Non è un caso, infatti, che sicuramente vengano considerate zone rosse quelle aree dove insistano stazione ferroviarie o vie della movida.

Quindi si tratta di zone di transito, che nel periodo di festa vedono un aumento significativo “di traffico”, e festaiole, dove la presenza di microcriminalità è tanto avvertita dalla cittadinanza, quanto concretamente temuta perché si estrinseca in rapine, estorsioni, vandalismi, spaccio stupefacenti, molestie.

Se è vero che determinate misure hanno avuto in Firenze e Bologna una sorta di apripista, è Milano, oggi, a essere un reale banco di prova per questo nuovo approccio. Anche se, almeno per capodanno, i numeri non hanno sorriso all’Autorità di Pubblica Sicurezza.

Ma, andiamo per ordine.

La direttiva Piantedosi,  il contesto

Corretto, parlando di queste zone rosse (che non richiamano le aree di interdizione stile “Genova G8” o “covid 19”), fare una lettura della direttiva, che le origina, correlandola alle prime critiche “anti securitarie” degli Avvocati.

Infatti, un’asserita limitazione della libertà personale, e una discrezionalità nell’applicazione di questa direttiva, è alla base delle critiche mosse dall’universo legale.

In particolare, commenti in tal senso, si sono avuti dalle Camere Penali di Milano e di Roma, mentre anche a Napoli vengono, già da subito, individuate delle nuove zone rosse.

Intanto è lo stesso Ministero a tracciare un contesto della direttiva: è la sicurezza urbana a essere interessata, ma con una visione catalizzante, ecco perché è possibile parlare di approccio 2.0.

L’idea nasce a ridosso delle festività natalizie/capodanno 2024-2025, quindi, inizialmente, sottende aree che ospitano manifestazioni, movida, e criticità diffuse, zone, queste ultime, che possono anche essere interessate da operazioni coordinate ad alto impatto (sulla c.d. “piazze dello spaccio”).

Si soggiunga,  che l’idea è anche basata sul maggiore controllo del territorio, almeno verso quelle zone che potrebbero essere oggetto di facili attenzioni terroristiche.

Si pensi a quanto accaduto a Berlino, a stretto giro rispetto all’emanazione della direttiva, e New Orleans, quindi all’avvio delle manifestazioni giubilari.

Cosa ricerca la direttiva?

Significatamente è la ricerca di un “DASPO allargato”, questo allo scopo di garantire la sicurezza dei cittadini.

La direttiva,  quindi, comprende il divieto di accesso e l’obbligo di allontanamento per alcuni soggetti, già destinatari di segnalazione all’Autorità giudiziaria e che assumano atteggiamenti aggressivi o semplicemente molesti.

Il documento, a firma di Piantedosi, rappresenta un vero aggregatore, una sorta di compendio sulla normativa applicabile, spaziando tra le misure indicizzate dal TULPS, dal d.l. 14/2017 (nella circolare anche erroneamente riportato come 2024) e dalla sentenza n. 47/2024 della Consulta.

Sostanzialmente la direttiva non è piaciuta ai legali milanesi (la Prefettura di Milano ha istituito le prime zone rosse, attive dal 30.12 al 31.03.25).

L’allontanamento di persone già segnalate, scrivono i penalisti, “è contrario al principio della presunzione di non colpevolezza e anche al buon senso […] si interviene sulle libertà del cittadino. “Sorprende che la prefettura adotti tale provvedimento nonostante analoghe ordinanze – sempre ispirate da logiche securitarie e accompagnate da campagne emergenziali – siano state annullate dai giudici amministrativi”.

Opportuno ricordare che misure simili, magari poco pubblicizzate, almeno a livello nazionale,  hanno interessato, al di là della “partnership/laboratorio di Roma-Milano-Napoli”, quindi di Firenze e Bologna, il Friuli, segnatamente a Trieste, dove talune zone erano già “sotto tutela” con regolamento di polizia urbana.

Ancora, tra gli estremi bisogna sempre considerare “una tara”, tra quanto auspicato e il realizzato, e i numeri dei controlli non sorridono alla Prefettura Milanese, almeno per il capodanno, ma neanche a Bologna, a causa di un rave party, proprio la notte di San Silvestro.

Le zone rosse, si scriveva, non aiutano Milano, risse diffuse, accoltellamenti e quattro feriti per i botti hanno costellato la prima notte dell’anno: “Bottiglie di vetro, petardi, gente che urlava, risse, in piazza Duomo ho visto di tutto, non mi sembra le zone rosse abbiano funzionato particolarmente“, scrive un lettore a MilanoToday.

Silvestro Marascio