Deepfake e Deepnude, la realtà virtuale un incubo reale

Deepfake e Deepnude, la realtà virtuale un incubo reale

Il fenomeno del “deepnude” rappresenta una delle minacce più insidiose per la dignità e la sicurezza delle persone.

Il mondo digitale, con le sue infinite potenzialità, ha aperto scenari inediti, ma anche zone d’ombra inquietanti.

Deepfake: la realtà distorta dall’intelligenza artificiale

Il deepfake è una tecnica di manipolazione digitale che utilizza l’intelligenza artificiale per creare immagini, video o audio falsi, ma sorprendentemente realistici, e può essere utilizzato per sostituire il volto di una persona con quello di un’altra in un video, creare video di persone che dicono o fanno cose che non hanno mai detto o fatto, o generare audio falsi che imitano la voce di qualcuno.

Questa manipolazione artificiale può avere applicazioni positive in diversi settori, come nel cinema (per creare effetti speciali), nella formazione professionale, medico e militare (con la creazione di simulazioni realistiche), e persino in ambito sanitario (ad esempio nel caso di persone che, a causa di malattie neurodegenerative, perdono l’uso della voce e a cui questa tecnologia restituisce la capacità di comunicare).

Il deepfake, sebbene con potenziali usi positivi, rappresenta in realtà una grave minaccia per la privacy e la dignità personale, soprattutto quando utilizzata per creare deepnude, una forma di manipolazione digitale che utilizza l’intelligenza artificiale per creare immagini di nudo false.

Attraverso l’apprendimento automatico, il software è in grado di “spogliare” virtualmente una persona, generando immagini realistiche di nudo false a partire da foto reali.

Il buco normativo del Codice Rosso

La legge sul Codice Rosso, in particolare l’articolo 612-ter del codice penale, punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, noto come “revenge porn”.

Tuttavia, questa norma si concentra sulla diffusione di materiale autentico, lasciando scoperto il caso di immagini create artificialmente tramite deepnude.

Il codice penale italiano, all’articolo 600-ter, prevede sanzioni severe per la produzione, detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, inclusa la pornografia virtuale che coinvolge minori.

Questa norma, che offre un’ampia tutela, non si applica ai casi di deepnude che coinvolgono adulti, dove immagini manipolate con l’intelligenza artificiale possono essere utilizzate a scopo di diffamazione o estorsione, che rappresentano autonome fattispecie di reato.

Questa lacuna normativa crea un vuoto di tutela specifica per le vittime, che si trovano esposte a una violenza psicologica devastante, senza un adeguato e tipico supporto giuridico.

Il diritto all’oblio: una chimera?

Nel contesto specifico dei deepnude fake, il diritto all’oblio si scontra con sfide particolarmente ardue.

La facilità con cui queste immagini possono essere create, replicate e diffuse online rende estremamente difficile, se non impossibile, la loro completa rimozione dalla rete.

Una volta che viene pubblicata un’immagine deepnude fake, può diffondersi rapidamente su piattaforme social, siti web e app di messaggistica.

La sua natura virale significa che può essere condivisa innumerevoli volte, rendendo quasi impossibile tracciare e cancellare tutte le copie.

Le vittime di deepnude fake subiscono, così, un grave danno psicologico e reputazionale. 

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Deepfake tra tutela e consapevolezza

Il fenomeno dei deepnude fake ha scosso le fondamenta della nostra percezione della realtà digitale, evidenziando l’urgenza di un’azione normativa e sociale.

Mentre il diritto all’oblio si rivela una battaglia impari contro la viralità delle immagini manipolate, emerge con forza la necessità di un intervento legislativo.

È imperativo che il legislatore affronti il ​​vuoto normativo esistente, equiparando la diffusione di nudo virtuale a quella di nudo reale.

Questo strumento legislativo segnerebbe un passo avanti cruciale, riconoscendo la gravità del danno inflitto dalla pornografia sintetica e rafforzando gli strumenti legali a disposizione delle vittime.

Tuttavia, la legge da sola non basta.

È necessario un impegno collettivo per promuovere una cultura digitale responsabile, basata sul rispetto della privacy e della dignità umana.

L’educazione, la consapevolezza e la collaborazione tra istituzioni, esperti e cittadini sono fondamentali per arginare questo fenomeno e costruire un futuro digitale più sicuro e giusto per tutti.

La sfida è complessa, ma non insormontabile.

La tecnologia, che ha creato il problema, può anche offrire soluzioni, come strumenti di rilevamento e autenticazione delle immagini.

Ma soprattutto, è necessario un cambiamento di mentalità, che riconosca la gravità della violenza digitale e la necessità di proteggere le vittime.

Solo così potremo trasformare la tecnologia da strumento di oppressione a leva di emancipazione, garantendo a tutti il ​​diritto di vivere la propria identità digitale in sicurezza e libertà.

Antonella Renzetti