La riforma del codice della strada, tutela veramente i ciclisti?

La riforma del codice della strada, tutela veramente i ciclisti?

Ciclisti tutelati dal correttivo al Codice della Strada? La mobilità ciclabile è stato uno degli highlight della riforma, con l’intento di migliorare la sicurezza.

Riforma del codice della strada e sicurezza per la mobilità ciclabile

Uno dei filoni portanti della riforma del codice della strada operata dalla legge 25 novembre 2024, n. 177, è quello della mobilità ciclabile, inserita nel Titolo II (Micromobilità).

L’intento del legislatore, standosene a quanto riportato nel dossier del disegno di legge n. 1086 (Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada), quello che ha poi originato la l. n. 177/2024. era quello di affrontare, fra le varie tematiche, anche quella “… della circolazione delle biciclette, con modifiche volte a migliorarne la sicurezza (…)”.

Il calo della mortalità: è effettivamente così?

Sul web-site del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si titola (15 aprile 2025) “Sicurezza stradale, nei primi 4 mesi con il nuovo Codice calano morti, incidenti e feriti“ (sottotitolato “I dati di Polizia Stradale e Carabinieri”)[1], sciorinando poi una serie di dati che dovrebbero attestare appunto la diminuzione dei morti, fra i quali i ciclisti.

È stato veramente così?

L’intervento normativo di riforma sul codice della strada ha avuto effettivamente questo effetto taumaturgico sulla mortalità stradale con particolare riferimento alla mobilità ciclabile?

La mancata tutela delle utenze deboli e l’aumento della mortalità

Un recente fatto di cronaca, dove un bimbo ha purtroppo perso la vita cadendo dalla bicicletta del padre, è lo stimolo per una riflessione sull’argomento della sicurezza della micromobilità.

La prima cosa da rilevare è che i dati riportati dal Ministero sono fallaci, parziali.

Infatti il Ministero sottotitola “I dati di Polizia Stradale e Carabinieri” dimenticandosi che la maggior parte dei sinistri stradali sono rilevati dalla Polizia Locale, in ambito urbano.

La seconda cosa da osservare è che per ridurre la mortalità in città è necessario tutelare le utenze deboli, prima fra tutte quella dei ciclisti, alla quale si somma ormai quella degli utilizzatori del monopattino a propulsione prevalentemente elettrica.

Quasi ovvio notare che su questo fronte il legislatore si è mosso in modo alquanto maldestro.

Per i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica ha sì previsto l’uso del casco, ma ha posto anche le basi perché l’obbligo non venisse rispettato e, peggio, controllato.

Questo perché lo Stato, inserendo l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile e la targatura del mezzo senza che il Ministero delle infrastrutture e trasporti, quello che adesso magnifica la riforma del codice, provvedesse a targare i monopattini, che sono ormai da mesi e mesi in circolazione senza targa, ha messo le basi per un’elusione massiccia delle nuove norme fra cui quella del casco.

Qual è l’organo di polizia che se la sente di fermare il conducente di un monopattino sapendo che oltre a contestargli il mancato uso del casco dovrebbe contestargli pure la mancanza di assicurazione e di targatura, cosa della quale in realtà è responsabile lo Stato?

Tant’è che gli incidenti mortali con i monopattini a propulsione elettrica stanno vertiginosamente aumentando.

L’uso del casco come strumento di effettiva tutela per i ciclisti: un’occasione mancata

Anche sul fronte della mobilità ciclabile la riforma non ha aumentato la sicurezza, tutt’altro, perché si è agito essenzialmente sulla ridefinizione delle zone utilizzabili dalle biciclette (corsia ciclabile, corsia ciclabile per doppio senso ciclabile, zona ciclabile, zona di attestamento ciclabile, pista ciclabile) e purtroppo con norme derogatorie riguardo la segnaletica, cosa che mette ancor più in pericolo quella che è un’utenza debole.

Non si è fatto invece ciò che sarebbe stato risolutivo: imporre l’uso del casco protettivo anche per i ciclisti, quanto meno minorenni, cosa che può salvare molte vite umane e che avrebbe potuto salvare la vita al bimbo del recente fatto di cronaca.

La conferma che si è andati nella direzione sbagliata è fornita dai dati statistici: nei primi quattro mesi dell’anno 2025 sono già 60 i ciclisti deceduti, un trend in aumento rispetto agli stessi quattro mesi dell’anno precedente quando i morti erano 54.

Purtroppo anche in sede di futura ed effettiva riforma del codice della strada, già prevista come legge delega dall’art. 35 della l. 177/2024, nei principi e criteri direttivi riportato dal punto l del comma 3 dello stesso art. 35, relativi all’adozione di misure per la tutela dell’utenza vulnerabile della strada, con particolare riguardo ai ciclisti e ai conducenti di velocipedi a propulsione prevalentemente elettrica, non si parla di uso del casco protettivo, unica reale misura di tutela per il ciclista, come i dati statistici di altri paesi europei pià illuminati del nostro dimostrano.

[1] https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/sicurezza-stradale-nei-primi-4-mesi-con-il-nuovo-codice-calano-morti-incidenti-e