Smart Road Legal La privacy relazionale nell'era delle smart city Angela Iacovetti 15 May 2025 Citizen Privacy Privacy è il focus, ma da un’angolatura peculiare. Le città hanno a disposizione dati e notizie sulle frequentazioni. E’ denominata “privacy relazionale”, ed è un fenomeno moderno nell’era delle smart city. Che cosa sta accadendo? Le tecnologie attive nelle città smart non raccolgono solo dati individuali, ma catturano anche le reti invisibili delle nostre relazioni. Una passeggiata con l’amica, l’incontro quotidiano con un collega alla fermata dell’autobus o la colazione con il partner sempre nello stesso bar diventano momenti tracciabili, da cui si evincono connessioni interindividuali, anche senza identificare le persone per nome. Anzi, addirittura, anche quando i dati raccolti sono anonimizzati, la combinazione di diverse informazioni può portare alla re-identificazione della persona, che era stata resa anonima proprio per tutelare la sua privacy. I wifi pubblici connettono dispositivi nello stesso luogo; le telecamere osservano i comportamenti ripetuti e, se dotate di intelligenza artificiale, riconoscono abitudini, individuali e di gruppo, e consentono analisi predittive su flussi e soste; i sensori di bordo sui mezzi pubblici tracciano i passeggeri abituali, sia soli che in coppia e in gruppo; le app urbane registrano i check in automatici e via dicendo. Se il nostro telefono è spesso vicino a quello di un’altra persona non appartenente alla nostra famiglia o se due individui condividono luoghi, percorsi, manifestazioni, le città smart ricostruiscono delle relazioni: da quelle personali non dichiarate alle affiliazioni ideologiche, dalla frequentazione di determinati contesti ad abitudini potenzialmente discriminabili. Si rischia una profilazione indiretta che potrebbe finire in mani sbagliate e influenzare offerte commerciali, attività poliziesche e scelte politiche, con un maggior rischio per categorie vulnerabili, come attivisti, minoranze, rifugiati, lavoratori in nero e via discorrendo. Occorre ampliare il concetto di privacy Quando si parla di privacy, si pensa sempre ai dati che riguardano la vita di un individuo: infatti, anche la legislazione in vigore, dal GDPR alle norme nazionali e locali, disciplina solo tale tipologia di riservatezza. Ma, oggigiorno, quanto descritto sopra richiede la tutela dei legami, delle frequentazioni, dei comportamenti sociali ricorrenti, visto che le relazioni stanno diventando oggetto di sorveglianza. Chi controlla che le interazioni riprese vengano archiviate oppure elaborate e vendute? Purtroppo, nelle smart city non possiamo rischiare che si privilegi la funzionalità tecnologica a discapito degli aspetti sociali ed etici. Il vuoto deve essere colmato con la definizione di dato relazionale che integri quella di dato sensibile e norme che proteggano gli individui ed i loro legami. Occorre molta trasparenza, vale a dire: -conoscere quali interazioni vengano dedotte dalla raccolta dei dati -conoscere le tecnologie in uso e in funzione -conoscere le finalità della raccolta dati -rendere visibili le reti che non lo sono. LEGGI ANCHE Niente dati personali, niente Smart City: tutti i rischi per la privacy (e qualche soluzione) La protezione dei dati nelle smart city: a cosa serve la valutazione d’impatto e come farla Privacy, non solo connessione ma anche protezione Una città evoluta deve connettere, ma anche proteggere ciò che unisce. E’ indispensabile introdurre nelle norme un principio di riservatezza relazionale. Il GDPR, attualmente in fase di revisione, deve provvedere e contemplare chiaramente la relazione come dato sensibile. Al momento, la riforma proposta dalla Commissione Europea, che sarà ufficialmente presentata tra il maggio e il giugno di quest’anno, ha l’obiettivo di semplificare gli adempimenti normativi, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI), ai fini di una maggiore competitività. Il Garante per la protezione dei dati personali, tuttavia, ha ribadito l’importanza di non compromettere i diritti acquisiti. A maggior ragione, affermiamo noi, occorre l’inclusione dei dati relazionali fra quelli da tutelare. Angela Iacovetti