Un corso per giornalisti cambia la narrazione del sinistro stradale

Un corso per giornalisti cambia la narrazione del sinistro stradale

Il modo in cui raccontiamo i sinistri stradali non è solo una questione di stile: può fare la differenza tra una società che accetta la violenza stradale come fatalità e una che la combatte con consapevolezza. È questa la sfida al centro del corso di formazione “Non esistono auto impazzite. Il racconto sbagliato degli ‘incidenti stradali’ e come cambiarlo … Per salvare vite!”, promosso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e accreditato per la formazione professionale dei cronisti italiani.

Perché cambiare il racconto nell’ambito della collisione stradale

Il corso, presentato anche alla Fiera della Mobilità Sostenibile di Roma, origina dalla constatazione che il linguaggio usato dai media per descrivere gli scontri stradali spesso deresponsabilizza chi guida e alimenta una narrazione fatalistica.

Espressioni come “auto impazzita” o “incidente rocambolesco” spostano l’attenzione dalle responsabilità individuali e collettive, trasformando eventi prevenibili in semplici casualità.

Come sottolineato dai promotori, la parola incidente suggerisce un evento fortuito, mentre sarebbe più corretto parlare di scontri o collisioni, termini che restituiscono l’idea di un evento causato da comportamenti e scelte precise.

Allo stesso modo, l’uso della metonimia (“auto investe bici” invece di “automobilista investe ciclista”) o della costruzione passiva (“pedone travolto da un’auto”) tende a nascondere le responsabilità umane dietro a quelle dei veicoli.

Le regole per un’informazione più efficace e responsabile

Durante il corso sono stati proposti 14 punti chiave per scrivere articoli più chiari, efficaci e rispettosi delle vittime, tra cui:

  • Preferire termini come “scontro stradale” a “incidente stradale”

  • Evitare la metonimia e specificare sempre chi erano le persone coinvolte

  • Usare la forma attiva per evidenziare le responsabilità (“automobilista travolge pedone”)

  • Contestualizzare gli eventi con dati oggettivi e statistiche aggiornate

  • Evitare terminologie da videogioco o eccessivamente spettacolari

  • Non dare eccessivo risalto ai problemi di traffico rispetto alle conseguenze umane

  • Consultare esperti di sicurezza stradale e fornire informazioni sulle cause reali degli scontri

  • Ricordare l’articolo 141 del Codice della Strada, che impone di mantenere sempre il controllo del veicolo.

Questi accorgimenti non sono solo buone pratiche giornalistiche, ma strumenti concreti per promuovere una cultura della sicurezza e della responsabilità sulle strade.

Un cambiamento culturale “stradale” necessario per le smart city

Il corso si inserisce in un più ampio movimento che vede la comunicazione come leva fondamentale per la sicurezza urbana.

Nelle smart city, dove la mobilità sostenibile e la tutela degli utenti vulnerabili sono priorità, anche il modo di raccontare la tematica della collisione stradale può contribuire a ridurre la violenza sulle strade e a salvare vite umane.

L’iniziativa del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, realizzata in collaborazione con associazioni come Salvaiciclisti Roma, Legambiente e il Movimento per i diritti dei pedoni, dimostra come la formazione professionale possa essere un motore di cambiamento culturale e sociale.

L’Associazione Lorenzo Guarnieri

Nel contesto del corso “Non esistono auto impazzite. Il racconto sbagliato degli ‘incidenti stradali’ e come cambiarlo … Per salvare vite!”, un ruolo di primo piano è stato ricoperto da Lorenzo Guarneri e dall’Associazione a lui intitolata, fondata dai suoi genitori dopo la tragica scomparsa del figlio diciassettenne in un incidente stradale.

L’esperienza personale della famiglia Guarneri ha rappresentato una testimonianza centrale durante il corso, offrendo ai giornalisti un punto di vista diretto sulle conseguenze umane e sociali degli scontri stradali e sull’importanza di un racconto responsabile.

L’Associazione Lorenzo Guarnieri è da anni impegnata nella promozione della sicurezza stradale e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, collaborando attivamente a progetti formativi rivolti sia agli operatori delle forze dell’ordine che ai professionisti dell’informazione.

La presenza e il contributo dei Guarneri hanno permesso di arricchire il corso con elementi di giustizia riparativa e di attenzione alle vittime, sottolineando come il linguaggio e la narrazione dei media possano influenzare la percezione collettiva del fenomeno e, di conseguenza, le politiche di prevenzione e tutela.

Il coinvolgimento diretto della famiglia Guarneri e dell’Associazione nel percorso formativo ha inoltre fornito ai partecipanti strumenti concreti per evitare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, ovvero il rischio che le modalità di racconto degli incidenti possano amplificare il dolore e l’isolamento delle persone colpite.

In questo modo, il corso ha offerto un esempio virtuoso di collaborazione tra società civile, istituzioni e mondo dell’informazione per promuovere una cultura della sicurezza stradale più attenta e consapevole.

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Come il linguaggio giornalistico può salvare vite nelle nostre città

Cambiare il racconto degli incidenti stradali significa cambiare la percezione pubblica del rischio, promuovere comportamenti più responsabili e, in ultima analisi, contribuire a città più sicure e vivibili.

Per i giornalisti, si tratta di una sfida etica e professionale: scegliere le parole giuste può davvero salvare delle vite.