HumanX Neanderthal 2.0, la metropoli connessa e l'ombra primordiale a.renzetti 09 July 2025 Neanderthal 2.0, quando la smart city rivela la natura selvaggia dell’uomo Le nostre città italiane, sempre più proiettate verso il futuro di una “smart city” – connesse, efficienti e tecnologicamente avanzate – stanno purtroppo assistendo a una preoccupante escalation di crimini violenti. Rapine con aggressione, brutalità gratuite, violenze inaudite. Le cronache quotidiane dipingono un quadro allarmante che ci costringe a una scomoda riflessione: com’è possibile che, in un’epoca così evoluta e sotto l’occhio vigile della tecnologia, l’essere umano si mostri ancora capace di istinti così primitivi e distruttivi? Il paragone ricade sull’uomo di Neanderthal, che la letteratura descrive come un essere brutale e rozzo. Le ferite aperte della cronaca, da Tolentino alle strade d’Italia La percezione di insicurezza è palpabile, alimentata da fatti di cronaca che risuonano con forza. Non si tratta solo di grandi metropoli. Pensiamo all’ultimo femminicidio consumato a Tolentino, dove una vita è stata spezzata dalla furia violenta, lasciando una comunità attonita e incredula. Questo episodio, di una brutalità inaccettabile, si affianca alle continue segnalazioni di rapine con aggressione a mano armata, che si susseguono senza sosta da Milano a Napoli, spesso ai danni di commercianti o anziani, dimostrando una spietata audacia. E ancora, le risse tra bande giovanili, degenerate in accoltellamenti o pestaggi selvaggi in diverse aree metropolitane, rivelano una rabbia diffusa e una sconcertante assenza di freni inibitori. Tutti questi episodi, nella loro cruda diversità, disegnano un trend inquietante. Il paradosso della smart city: l’occhio digitale onnipresente, l’anima selvaggia e la fuga dagli sfiatatoi Come può l’uomo, circondato da telecamere intelligenti, sensori e connessioni ultrarapide, regredire a comportamenti così atavici? Qui si manifesta un profondo paradosso. Le nostre città intelligenti, pur promettendo sicurezza con la loro sorveglianza diffusa, potrebbero in realtà creare una pressione psicologica inattesa. Se ogni mossa è potenzialmente tracciabile, ogni errore registrato, dove va a finire la rabbia repressa? Quelle piccole “valvole di sfogo” sociali, anche innocue – come le chiacchiere appassionate al bar, le animate partite a carte al circolo o i brevi scambi con uno sconosciuto durante una coda – che un tempo permettevano di scaricare tensioni quotidiane, sembrano svanire sotto l’occhio onnipresente. Queste micro-interazioni, un tempo tessuti connettivi della comunità, oggi cedono il passo a un’interazione sempre più mediata e meno spontanea, iniziando a incrinare il senso di riconoscimento reciproco. E così, paradossalmente, la rabbia non scompare; piuttosto, cerca percorsi più estremi e brutali per esplodere, quando non trova spazio per una manifestazione più contenuta o un riconoscimento. L’istinto, incalzato e represso, può emergere in forme ancor più virulente. La disconnessione digitale e la perdita di empatia Siamo connessi come mai prima d’ora, ma spesso, questa connessione è mediata da schermi. Il rischio è una “disconnessione digitale” dalle relazioni umane autentiche. Quando le interazioni avvengono tramite profili e algoritmi, quando l’altro diventa un dato sullo schermo, l’empatia può affievolirsi. Diventa più facile disumanizzare l’altro, percepirlo meno come persona e più come un ostacolo o un bersaglio. Questa crepa nell’empatia può abbassare la soglia per la violenza, rendendola, in certi casi, quasi una fredda esecuzione. Antiche radici, nuove sfide per la smart city Questi fenomeni ci ricordano che, sotto la superficie luccicante delle smart city, pulsano ancora le radici profonde della natura umana e le complessità delle dinamiche sociali. Freud, con la sua psicoanalisi, ci parlava degli istinti primordiali e delle pulsioni più oscure che la nostra coscienza fatica a contenere; egli suggeriva come la repressione di queste energie, senza valvole di sfogo adeguate, possa portare a manifestazioni patologiche o violente. Allo stesso modo, il sociologo Durkheim evidenziava come la frammentazione dei legami sociali e la perdita di punti di riferimento morali e valoriali possano disorientare gli individui, spingendoli alla devianza e al crimine. Le disuguaglianze economiche, la mancanza di opportunità, la frammentazione sociale – tutti fattori che possono persistere, o addirittura acuirsi, anche nelle città più avanzate e connesse – creano un terreno fertile per l’esplosione della violenza. Oltre la tecnologia, costruire una civiltà resiliente La lezione è chiara: la tecnologia da sola non basta. Una smart city che si limiti a essere solo “smart” dal punto di vista tecnologico, senza essere anche inclusiva, equa e socialmente resiliente, rischia di amplificare le frustrazioni e le disuguaglianze, fornendo un palcoscenico sempre più vasto agli istinti più oscuri. Dobbiamo guardare oltre i sensori e gli algoritmi. E’ fondamentale investire in politiche sociali che promuovano l’equità, che creino opportunità reali per i giovani, che rafforzino i legami comunitari e che offrano percorsi di educazione emotiva e gestione dei conflitti. Solo così potremo sperare di integrare il “selvaggio” che ancora abita in noi e costruire un futuro di vera civiltà nelle nostre metropoli connesse. Accoglieremo la responsabilità di ripensare il nostro vivere urbano o lasceremo che la connettività ci renda paradossalmente più soli e aggressivi? Antonella Renzetti