Rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, quando il conducente si "pente"

Rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, quando il conducente si “pente”

Ebbrezza, alcoltest e pentimento.

La Corte di cassazione è molto spesso chiamata a valutare l’operato delle Forze dell’Ordine al fine di verificare il rispetto della procedura, delineata dalla legge, per l’accertamento dello stato di ebbrezza alcolica.

L’acquisizione di una prova tecnica, quali i risultati dell’alcoltest o i prelievi ematici, esige l’osservanza di specifiche procedure e protocolli.

Infatti, per quanto attiene all’accertamento dello stato di ebbrezza, è l’art. 379 del regolamento di attuazione del codice della strada che indica la via maestra.

L’intera procedura è improntata al massimo della garanzia, poiché è diritto dell’interessato essere avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia durante gli accertamenti, così come previsto all’art. 114 disp. att. c.p.p.

Decidere di sottoporsi all’alcoltest – come noto – rappresenta una facoltà per il soggetto interessato dall’accertamento.

In alcuni specifici casi, invece, il Legislatore ha deciso di stabilire una modalità che prescinda dalla volontà del conducente.

In seno all’art. 359-bis c.p.p., nei casi di cui agli artt. 589-bis c.p. (Omicidio stradale o nautico) e 590-bis c.p. (Lesioni personali stradali o nautiche gravi o gravissime), se il conducente si rifiuta di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, l’ordinamento opta per una linea decisa.

Se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero può autorizzare il prelievo coatto materialmente eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria.

Salvo questa ipotesi, il conducente può esercitare la facoltà di rifiutarsi di sottoporsi all’accertamento, ma questa scelta ha delle conseguenze penali di rilievo.

Il rifiuto all’accertamento dello stato di ebbrezza comporta l’irrogazione della sanzione più grave ex art. 186, comma 2, lett. c) del codice della strada.

Il caso in esame: cosa era accaduto?

La IV Sezione Penale della Cassazione, tramite la sentenza n. 29693 del 26 agosto 2025, è tornata a occuparsi del diritto di assistenza di un difensore nell’ipotesi di rifiuto del conducente all’accertamento alcolimetrico.

La Corte d’appello di Salerno confermava la sentenza di merito con cui era stata irrogata la sanzione ex art. 187, comma 7, c.d.s. nei confronti di un imputato.

Il conducente veniva sorpreso, dal personale dell’Arma dei Carabinieri, alla guida in stato di alterazione, oggettivamente desumibile da plurimi sintomi quali l’alito fortemente vinoso, gli occhi arrossati, la difficoltà di espressione verbale e di coordinamento nei movimenti.

Il conducente opponeva espresso rifiuto all’accertamento dello stato di ebbrezza alcolica.

Probabilmente pentito da tale scelta, dopo tre ore dall’arrivo dei militari e solamente iniziata la stesura degli atti legati alla sua condotta, cambiava idea e manifestava il consenso alla sottoposizione.

Il ricorso per cassazione: non era stato dato l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p.

Il conducente riteneva ingiusta la sua condanna.

Per censurare la decisione d’appello, sosteneva che la sentenza fosse viziata perché dagli atti era emersa l’assenza dell’avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore.

Per tesi difensiva, questo avviso avrebbe dovuto essere formulato prima dell’avvio della procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia mediante richiesta di sottoporsi al relativo test.

La soluzione: “il pentimento è senno che vien troppo tardi”

La Cassazione coglie l’occasione per osservare che il pentimento non è in grado di elidere la responsabilità penale dell’imputato per il rifiuto.

Secondo la Cassazione, il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici integra un reato di natura istantanea.

Il disvalore del fatto emerge nella sua interezza con la manifestazione di indisponibilità da parte dell’agente all’accertamento.

A nulla vale il successivo pentimento e nessuna incidenza può avere l’intervenuto atteggiamento collaborativo.

Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti non deve essere assistito

La Cassazione rigettava anche l’ulteriore motivo di ricorso del conducente.

I giudici di merito si sono allineati al costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, oramai ampiamente consolidato.

L’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’alcoltest non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento.

Ciò si desume dal fatto che la presenza di un legale è ontologicamente funzionale a garantire che l’atto in questione, in quanto non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini.

Il rifiuto integra un reato istantaneo, come esaminato  in precedenza, ed attiene a una fase anteriore dell’accertamento.

Dunque, l’obbligo di dare avviso non ricorre allorquando il conducente si sia rifiutato di sottoporsi all’accertamento, essendo il reato perfezionato nel momento della manifestazione della volontà di sottrarsi all’accertamento.

I conducenti sono avvisati (!)

La sentenza contiene un chiaro monito.

I conducenti sono avvisati (!)

La procedura per essere sottoposti all’accertamento del tasso alcolemico è ampiamente garantita dall’ordinamento, ma in caso di rifiuto “la partita è chiusa.

In ipotesi siffatta agli agenti accertatori non rimarrà altro che procedere secondo legge, senza possibilità di ammettere e “perdonare” la condotta del conducente successivamente pentitosi di essersi rifiutato.

Filippo Bisanti