Enforcement Autovelox, la via d’uscita dalla diatriba omologazione/approvazione per proseguire con i (giusti) controlli sulla velocità Sergio Bedessi 02 October 2025 Cds Autovelox e dintorni. Depositata pochi giorni fa l’ennesima ordinanza (n. 25112/2025) della Cassazione Civile, Sez. II, che riguarda il controllo della velocità tramite strumentazione automatica. Questa volta l’ordinanza non riguarda il problema approvazione/omologazione dibattuto ormai fino allo spasimo, bensì altri aspetti del controllo della velocità tramite strumentazione in postazione fissa. L’ordinanza fornisce l’occasione per affrontare l’argomento del controllo della velocità tramite strumentazioni sotto una luce diversa. E ciò al fine di trovare una possibile via d’uscita dalla diatriba omologazione/approvazione per colpa della quale molte Polizie Locali hanno cessato i controlli. Pienamente legittimo il verbale utilizzando la strumentazione non presidiata In sintesi l’ordinanza n. 25112/2025 che rigetta il ricorso per cassazione (già respinto dal giudice di pace e dal tribunale) analizza tre motivi di doglianza: l’errata qualificazione della strada come extraurbana secondaria, la mancata dimostrazione da parte del Comune che la strada era idonea come extraurbana secondaria, infine il fatto che la segnaletica di avviso del controllo strumentale fosse stata apposta su palo ove esisteva altro cartello. L’ordinanza conclude ritenendo pienamente legittimo il verbale per violazione dell’art. 142 del codice della strada redatto utilizzando una strumentazione automatica, omologata o solo approvata che fosse. LEGGI ANCHE Autovelox, cartelli di avviso e banchina: la Cassazione salva la multa e fissa i requisiti minimi per le strade extraurbane Il momento critico per i controlli della velocità tramite strumentazioni automatiche Purtroppo il cittadino, spesso suggestionato da fake news o incalzato da associazioni divenute associazioni dei contravventori più che dei consumatori o, ancora, stimolato da web-site messi su da novelli Robin Hood del diritto il cui scopo è far passare il concetto che le Polizie Locali siano bande di grassatori che vogliono rimpinguare il bilancio comunale e non organi di polizia che hanno a cuore la sicurezza stradale, ormai presenta il ricorso con le motivazioni più assurde, pur di non pagare la sanzione anche se giustamente comminata. Emblematico il fatto che i ricorrenti non contestino mai la velocità misurata o adducano uno stato di necessità (art. 4 l. 689/1981), ma ricorrano invece, come nel caso dell’ultima ordinanza della Cassazione, a motivazioni capziose, quale andare a sindacare su quale palo il cartello di controllo velocità era stato installato. La delegittimazione della Polizia Locale Se si va a ben guardare l’intera questione approvazione/omologazione sembra sottendere la logica: delegittimare i controlli sulla velocità con riferimento specifico a quelli operati dalla Polizia Locale. Altrimenti non si spiegherebbe come mai i controlli con il “tutor” che pure non è omologato, ma solo approvato, non vengono messi in discussione! È una delle strategie retoriche più triviali: l’argumentum ad hominem con il quale non si contesta il merito della questione, ma si scredita l’interlocutore. La storia della diatriba omologazione/approvazione Va ricordato come la diatriba omologazione/approvazione, che in passato era già emersa, ma con toni più miti, è stata riaperta dalla ordinanza della Corte di Cassazione – Sezione II – n. 10505 del 19 aprile 2024 con la quale veniva confermato l’annullamento di un verbale di violazione dell’art. 142 del codice della strada, elevato per violazione dei limiti di velocità tramite apparecchiatura di controllo non presidiata, in quanto l’apparecchiatura non era omologata. L’orientamento veniva ribadito in altre due occasioni: con l’ordinanza della stessa II Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 20492 in data 24 luglio 2024, con la successiva ordinanza, sempre della stessa Sezione, del 26 luglio 2024, n. 20913. Mentre il Ministero dell’interno cercava di correre ai ripari con la circolare n. 995 del 23 gennaio 2025, che forniva indicazioni utili a gestire il contenzioso facendo leva sull’asserita identità tra le procedure di omologazione e approvazione, la Cassazione continuava imperterrita a censurare l’uso degli strumenti di controllo della velocità con ordinanza del 5 febbraio 2025 n. 2857, sempre a opera della II Sezione Civile della Cassazione. Si avevano quindi ulteriori pronunce della stessa Sezione II della Cassazione, con l’ordinanza n. 12924 del 14 maggio 2025 e la n. 13996 del 26 maggio 2025. Un punto chiave a favore dei controlli della velocità In particolare con la seconda ordinanza della Cassazione si sorpassava in parte la problematica approvazione/omologazione perché si affermava il principio che quel che conta è, fino a querela di falso, quel che è scritto nel verbale: “il verbale fa piena prova fino a querela di falso relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che (come nella fattispecie concreta in esame) abbia potto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale…”. Strumentazioni legittime solo se censite Nel frattempo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in realtà il vero responsabile di tutta la querelle della mancata omologazione degli apparecchi, in attuazione dell’articolo 5, comma 3-bis, secondo periodo, del decreto legge 21 maggio 2025, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2025, n. 105, pubblicava il 18 agosto 2025 sul proprio web-site il decreto direttoriale che, di fatto, andava a disciplinare il legittimo utilizzo dei dispositivi di controllo della velocità solo se censiti. La norma in questione infatti precisa che “Fermi restando i requisiti di collocazione e uso nonché di approvazione e omologazione delle apparecchiature di cui al primo periodo previsti a legislazione vigente, la comunicazione di cui al primo periodo è condizione necessaria ai fini del legittimo utilizzo delle apparecchiature cui si riferisce la comunicazione medesima.“. Insomma anziché procedere con le omologazioni si è inventato un nuovo meccanismo il cui unico risultato è quello di inibire ulteriormente i controlli sulla velocità dal momento che la mancata comunicazione al MIT dei dati relativi ai dispositivi o sistemi per l’accertamento della violazione dei limiti di velocità tramite la piattaforma telematica determinerà l’illegittimo utilizzo di tali sistemi o dispositivi. Da notare l’iniziale impossibilità di inserire i dati nel sistema tenuto conto che solo in data 29 settembre 2025 è stato pubblicato il provvedimento del Direttore generale per la motorizzazione, attuativo di tale sistema. LEGGI ANCHE Autovelox, il censimento nazionale segna la nuova era della smart governance stradale Il punto della situazione Dunque facendo il punto della situazione sembra che lo Stato stia facendo di tutto per inibire i controlli sulla velocità da parte delle Polizie Locali. Un po’ per colpa dell’eccesso da parte di alcune Amministrazioni locali, o meglio sarebbe dire per colpa dello sbilanciamento esagerato fra controlli sulla velocità e altri controlli di polizia stradale, un po’ perché gli organi di polizia dello Stato, pur essendo i primi a dover agire in campo codice della strada, come prescritto dal D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in realtà si sono sempre più ritratti da questa tematica, sono ormai molti anni che a più riprese il ministro di turno si è sentito periodicamente in dovere di “richiamare all’ordine” i Comuni e dunque le Polizie Locali sul “corretto” uso delle strumentazioni di controllo della velocità. Operazioni che, a volte con la forma esteriore del decreto, altre volte con la forma della direttiva o della circolare, poco avevano di autorevole interpretazione normativa e molto avevano del proclama e in conclusione si sostanziavano nell’innescare nello sprovveduto cittadino il sospetto che il (sacrosanto) verbale che aveva ricevuto per eccesso di velocità, anziché pervenire da un organo di polizia che stava semplicemente compiendo il proprio dovere, fosse il pagamento di qualcosa di esoso e non dovuto. Infine la Cassazione che ha sollevato nuovamente il problema della mancata omologazione (non certo per colpa dei Comuni), non curandosi del fatto che il codice della strada, in più punti, parla di approvazione e omologazione non come sinonimi ma come procedure ambedue idonee a raggiungere lo scopo che un determinato strumento possa effettuare misure corrette (art. 142 c. 6 “debitamente omologate”, art. 45 c. 6 “approvazione od omologazione”, art. 201 c. 1-bis, lettera g, g-bis, “approvate od omologate”, art. 201 c. 1_quinquies “approvati od omologati”) e non citando mai l’art. 345 c.2 del Regolamento del codice della strada D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. La via d’uscita (temporanea) dalla diatriba approvazione / omologazione degli autovelox Tanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quanto la Corte di Cassazione sembrano dimenticarsi appunto dell’art. 345 c. 2 del Regolamento del codice della strada il quale prevedeva come nelle more della emanazione di norme tecniche per l’omologazione dei misuratori di velocità si sarebbe proceduto alla semplice approvazione. Testualmente “2. Le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici.“. Dunque si potrebbe ben concludere che fino a quando il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (oggi competente sulla materia) non provvederà alle omologazioni, le approvazioni legittimano pienamente i controlli con strumentazioni, salvo l’ulteriore incombenza di inserire i dati della propria strumentazione sul sistema preposto al censimento, vista l’espressa previsione normativa. LEGGI ANCHE Autovelox, approvazione equivale a omologazione? Anzi la norma di cui all’articolo 5, comma 3-bis, del d.l. 21 maggio 2025, n. 73, come convertito in legge, potrebbe anche interpretarsi come una conferma che registrare la strumentazione sulla piattaforma prevista sia la condizione necessaria e sufficiente a riportare i controlli della velocità con strumentazioni omologate o approvate che siano, nella piena legittimità. L’accorgimento da adottare per proseguire i controlli e tutelarsi come comando Sarebbe opportuno che il comando della Polizia Locale informasse la Prefettura competente per territorio che il controllo della velocità continuerà con strumenti approvati (come previsto dall’art. 345 Reg.) e non omologati, registrati sull’apposita piattaforma ministeriale, specificando che a meno di diversa indicazione da parte del Prefetto, autorità preposta al coordinamento degli organi di polizia stradale (art. 11 comma 3 cds.), i controlli avranno luogo e si riterranno pienamente legittimi. In caso di aumento del contenzioso, con il rischio (remoto) di essere accusati di essere stati improvvidi solo perché si è fatto il proprio lavoro, e di aver causato un danno erariale, si potrà così esibire la comunicazione alla Prefettura che, qualora lo avesse ritenuto, avrebbe ben potuto esprimersi negativamente (ubi maior, minor cessat). Contemporaneamente può essere opportuno richiamare, nel corpo del verbale, l’art. 345 c. 2 del Regolamento del codice della strada, specificando che sulla rilevazione l’organo accertatore non ha alcun margine di apprezzamento rispetto alla misura strumentale, richiamando in modo specifico l’ordinanza anzidetta (Cass. Sez. II – n. 13397/2025). Ovvio ricordare che l’Amministrazione comunale del Comune al quale la Polizia Locale appartiene, in caso di ricorso all’autorità giudiziaria in merito al verbale di accertamento, ha il dovere di difendere l’operato dell’organo di polizia fino in Cassazione. In questo senso può essere opportuno che il Comandante della Polizia Locale, prima di procedere con gli accorgimenti tecnici indicati, informi l’Amministrazione comunale al fine di ottenere esplicita assicurazione circa l’eventuale difesa in giudizio fino al massimo grado. Sergio Bedessi