Misc Istanza di accesso civico, la protezione dati personali nei procedimenti disciplinari secondo il Garante Laura Biarella 30 October 2025 Il Garante per la Protezione dei Dati Personali, tramite il provvedimento n. 566 del 25 settembre 2025, ha espresso un parere in materia di accesso civico a documenti contenenti dati personali afferenti a procedimenti disciplinari verso dipendenti pubblici. Si argomenta in merito all’equilibrio tra trasparenza amministrativa e tutela dei dati sensibili, ribadendo il diritto alla riservatezza dei lavoratori pubblici, pure nell’ambito delle istanze di accesso civico. La normativa e le finalità dell’accesso civico Il Decreto Legislativo n. 33/2013, all’articolo 5 definisce il diritto di accesso civico quale strumento per promuovere il controllo diffuso sull’attività amministrativa e l’utilizzo delle risorse pubbliche. Tale diritto risulta limitato quando l’accesso può arrecare un pregiudizio concreto alla tutela dei dati personali, come sancito dall’articolo 5-bis, comma 2, lett. a). Il Regolamento UE 2016/679 (RGPD) rafforza ulteriormente la protezione, definendo i dati personali e imponendo i principi di limitazione della finalità e minimizzazione nel trattamento dei dati stessi, soprattutto in contesti potenzialmente lesivi della privacy degli interessati. Procedimenti disciplinari e dati personali Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione di un Comune ha richiesto al Garante un parere in merito a una vicenda riguardante un’istanza di accesso civico a documentazione integrale o parzialmente oscurata relativa a procedimenti disciplinari ai danni di un dipendente. L’amministrazione, opponendosi per tutelare la privacy del dipendente coinvolto, ha negato l’accesso, sostenendo che la pubblicazione avrebbe cagionato un pregiudizio alla protezione dei dati personali. Il Garante ha confermato il diniego, spiegando che la pubblicazione tramite accesso civico generalizzato di dati così sensibili, comprensivi inclusivi di informazioni dettagliate sul rapporto di lavoro e sulla valutazione professionale, può comportare un’interferenza sproporzionata nei diritti e libertà del dipendente, con conseguenze negative anche extra lavorative. Motivazioni del Garante Tutela privacy: il rilascio dei documenti disciplinari potrebbe identificare in modo indiretto il dipendente, pure tramite dati di contesto, così arrecando pregiudizio alla sua riservatezza. Minimizzazione dei dati: non è stata ritenuta sufficiente neanche l’istanza di accesso parziale con oscuramenti; l’anonimizzazione tecnica è risultata inadeguata in quanto l’identità del dipendente risultava nota all’istante. Interesse personale vs interesse pubblico: l’istanza di accesso discendeva da una vicenda personale dell’istante, differente dal controllo generalizzato sull’attività pubblica previsto dall’istituto dell’accesso civico. Necessità di verifiche specifiche: resta compito dell’amministrazione valutare eventuali accessi sulla base di interessi qualificati in virtù della legge n. 241/1990. Implicazioni per i Comuni Il pronunciamento in disamina evidenzia l’importanza di bilanciare trasparenza e riservatezza nelle pubbliche amministrazioni. Queste, quindi, devono adottare criteri rigorosi per evitare che la diffusione di dati sensibili possa ledere la privacy degli individui. E ciò, pur garantendo la partecipazione e il controllo.