Legal Roma, caduta sulla scalinata monumentale: niente risarcimento per la vittima f.bisanti 21 November 2025 Italia Roma “nun fa la stupida stasera”; questo incipit di una famosissima canzone di Lando Fiorini suggerisce le note introduttive di questo articolo. Questa volta, Roma non ha “fatto lo stupida” ed è riuscita a respingere al mittente una richiesta di risarcimento danni causati – a dire della ricorrente – dal cattivo stato di manutenzione dei gradini di una scalinata monumentale (Cass. civ., Sez. III, 11 novembre 2025, n. 29760). Cade da una scalinata monumentale: respinta la richiesta di risarcimento La turista citava in giudizio Roma Capitale chiedendo il risarcimento di oltre 130 mila euro per i gravi danni subiti in seguito a una caduta su di una scalinata monumentale avvenuta il 5 luglio 2014. La donna sosteneva che l’incidente fosse stato causato dallo stato di degrado dei gradini, disconnessi e consumati, denunciando la mancata manutenzione del sito. Secondo quanto ricostruito, la caduta le aveva provocato diverse fratture rendendo necessario un intervento chirurgico e lasciandole postumi permanenti. La scalinata, evidenziava la ricorrente, sarebbe stata restaurata soltanto l’anno successivo, dopo circa vent’anni dal precedente intervento. Roma Capitale, costituitasi in giudizio, respingeva ogni addebito. L’Amministrazione – in chiave difensiva – sosteneva che non potesse applicarsi la responsabilità per custodia prevista dall’art. 2051 c.c., trattandosi di un bene di uso pubblico, costantemente frequentato da cittadini e turisti e difficilmente soggetto a controllo continuativo. L’Ente sottolineava, inoltre, come nella prima richiesta di risarcimento la donna avesse indicato come causa della caduta la presenza di un “prodotto lucidante” sul piano di calpestio e non difetti strutturali della scalinata. Quest’ultima, trattandosi di un monumento del Settecento, veniva pulita esclusivamente con acqua a pressione, in orari tali da limitare i disagi. Secondo la difesa del Comune: l’incidente si era verificato in condizioni di buona visibilità e su una struttura sottoposta a normale usura; la caduta era riconducibile a una condotta imprudente della stessa vittima, tale da configurare il caso fortuito. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda; sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Roma. La donna non si arrende e ricorre per cassazione La donna articolava due motivi di impugnazione contro la sentenza della Corte d’Appello. Con il primo motivo, contestava come la Corte territoriale avesse erroneamente ritenuto non provato il nesso di causalità tra le condizioni di degrado della scalinata e le lesioni da lei riportate. Con il secondo motivo, la donna lamentava che i giudici d’appello avessero ritenuto che la sua condotta imprudente fosse stata la causa esclusiva del danno. La Cassazione chiarisce (ancora una volta) la natura giuridica della responsabilità da cose in custodia e la nozione di caso fortuito Per il Collegio, in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., il comportamento del danneggiato deve essere valutato alla luce del grado di incidenza causale sull’evento dannoso. In particolare, quanto più la situazione di pericolo è prevedibile ed evitabile con l’uso della normale prudenza, tanto maggiore è la rilevanza del comportamento imprudente della vittima, fino a interrompere del tutto il nesso di causalità tra la cosa e il danno. Il principio, più volte confermato da successive decisioni e financo dalle Sezioni Unite con la sentenza emessa il 30.6.2022, n. 20943. La responsabilità da cose in custodia ha natura oggettiva e si fonda esclusivamente sul rapporto di causalità tra la cosa in custodia e il danno, senza necessità di accertare la colpa del custode. Tale responsabilità può tuttavia essere esclusa quando venga provato il caso fortuito, ovvero quando l’evento derivi da un fatto imprevedibile o inevitabile. Il caso fortuito può anche manifestarsi mediante una condotta colposa del danneggiato o di un terzo. L’indagine circa la rilevanza causale della condotta del danneggiato costituisce un accertamento di fatto ed è devoluto al giudice di merito. La decisione è insindacabile in sede di legittimità, salvo che presenti evidenti vizi logici o giuridici nella motivazione. La soluzione del caso: cadere “su una scala” non è cadere “a causa della scala” La Corte di cassazione, richiamando una recente sentenza (n. 16666/2024), ha ribadito che la semplice affermazione di essere caduti “su una scala” non equivale a sostenere di essere caduti “a causa della scala”. Perché si configuri la responsabilità del custode, è infatti necessario fornire elementi concreti e attendibili sulle condizioni della scala nel punto esatto in cui si è verificata la caduta. Nel caso in esame, la Corte d’Appello – con valutazione insindacabile in sede di legittimità – aveva rilevato l’assenza di tali prove, escludendo così la possibilità di collegare l’incidente a uno stato di cattiva manutenzione del bene. I giudici di legittimità hanno sottolineato che una scalinata monumentale, per sua natura statica e priva di un proprio dinamismo, non può essere automaticamente considerata pericolosa o difettosa. Inoltre, su strutture di valore storico-artistico, gli interventi di modifica o manutenzione sono spesso limitati per preservarne le caratteristiche originarie. Pertanto, nell’interazione tra il bene e chi lo utilizza, assume rilievo determinante la condotta dell’utente, che è tenuto a osservare un livello di prudenza proporzionato alle circostanze. In mancanza di prove precise sulle condizioni del luogo della caduta, ha concluso la Cassazione, non può ritenersi dimostrato il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. Anche il secondo motivo di ricorso della danneggiata è stato ritenuto inammissibile dalla Corte di cassazione. La Corte d’Appello aveva già stabilito che la caduta fosse attribuibile a un caso fortuito, derivante dalla condotta imprudente della vittima, interrompendo così il nesso causale tra la scalinata e l’incidente. I giudici di merito hanno motivato la decisione evidenziando che i gradini, trattandosi di un bene monumentale antico, presentavano irregolarità note e prevedibili, e che al momento della caduta le condizioni meteo erano ottimali, senza pioggia e con buona visibilità. L’assenza di elementi oggettivi di pericolosità della struttura e la prevedibilità del rischio hanno reso plausibile l’attribuzione dell’evento a una condotta disattenta della danneggiata. La Cassazione confermava il rigetto della domanda. Ancora una volta è chiaro: le Smart City non possono riconcorrere l’utopia Un’altra interessante sentenza che si innesta in quel solco giurisprudenziale che, tradotto per chi non “mastica” diritto, ha un monito chiaro: non si può ottenere un risarcimento solamente perché una strada non è perfetta. Per la Cassazione, il giudizio volto a comprendere se e come ci sia stata la responsabilità del gestore di una strada a uso pubblico è rigoroso. Non basta semplicemente denunciare il cattivo stato di manutenzione, perché il pedone è parte integrante del concetto di sicurezza stradale e gioca un ruolo primario. In altre parole, deve stare attento quando cammina (!) Dunque, ancora una volta è chiaro: le Smart City non possono riconcorrere l’utopia. Filippo Bisanti