Enforcement Editoriale Autovelox, la Corte dei Conti “salva” i Comuni: nessuna responsabilità contabile. Ma il vuoto normativo resta Laura Biarella 24 November 2025 Cds La deliberazione n. 113/2025/PAR della Corte dei Conti Lazio, depositata il 17 novembre, è destinata a segnare un punto fermo in una vicenda che da mesi agita le amministrazioni locali: la legittimità degli autovelox “approvati ma non omologati” e il rischio di danno erariale per i Comuni. La Corte ha dichiarato inammissibile il parere richiesto dal Comune di Montefiascone, chiarendo che la questione non rientra nella materia di contabilità pubblica “generale e astratta” e che, quindi, non può essere oggetto di valutazione consultiva. Ma dietro questa formula tecnica si cela un messaggio politico e giuridico forte: gli amministratori non sono responsabili per un vuoto normativo creato dallo Stato. Hub della deliberazione La Corte dei Conti, richiamando l’art. 100 della Costituzione e la legge n. 20/1994, ha ribadito che la funzione consultiva delle Sezioni regionali è limitata a questioni di contabilità pubblica di carattere generale. Il quesito posto dal Comune – se l’uso di autovelox non omologati possa generare danno erariale – è stato ritenuto estraneo alla materia e privo dei requisiti di generalità e astrattezza. Tradotto: non è compito della Corte stabilire se le multe siano valide o meno, né se i Comuni rischino responsabilità per aver installato dispositivi approvati dal Ministero. Questa posizione, tuttavia, ha un effetto pratico rilevante: nessuna responsabilità contabile per i sindaci e i dirigenti che hanno agito in conformità alle indicazioni ministeriali. La Corte, implicitamente, riconosce che il problema nasce da un vuoto normativo statale, non da scelte locali. Il quadro normativo, cosa dice la legge Il Codice della Strada è chiaro: art. 142, comma 6: “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”; art. 45, comma 6: i dispositivi tecnici per l’accertamento delle violazioni sono soggetti ad “approvazione ovvero omologazione”. Il Regolamento di esecuzione (D.P.R. 495/1992), art. 192, distingue: omologazione: verifica tecnica completa del prototipo, con prove di conformità e decreto ministeriale; approvazione: controllo progettuale, meno rigoroso, senza test metrologici approfonditi. La giurisprudenza della Cassazione (n. 10505/2024, 12924/2025, 26521/2025) è inequivocabile: la multa è nulla se l’autovelox non è omologato, anche se approvato e tarato. La semplice approvazione non basta a garantire la validità probatoria dell’accertamento. Parte della giurisprudenza di merito (tra tutte, Tribunale di Bologna, II Sezione Civile, 10 luglio 2025) ma anche le Prefetture (come quella di Terni), insieme al Ministero dell’Interno (Circolare 23 gennaio 2025) e ad ANCI, abbracciano una lettura opposta. LEGGI ANCHE Multa con l’autovelox approvato, il Tribunale di Bologna ribalta la Cassazione. Il testo della sentenza Omologazione vs approvazione, nodo irrisolto Perché allora quasi tutti gli autovelox in Italia sono solo approvati? Perché non è mai stato emanato il decreto attuativo che definisce le procedure di omologazione. Da oltre vent’anni, lo Stato si limita ad approvare i prototipi, senza completare l’iter previsto dal Codice della Strada. Questo ha generato una prassi consolidata, avallata da circolari ministeriali, che oggi la Cassazione ha sconfessato. La circolare del Ministero dell’Interno e il modello di difesa Per fronteggiare la valanga di ricorsi, il Ministero dell’Interno ha emanato la circolare n. 995 del 23 gennaio 2025, trasmessa alle Prefetture e agli enti locali. La circolare: richiama il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 18 dicembre 2024, che sostiene la sostanziale omogeneità tra le procedure di omologazione e approvazione, differenziate solo da aspetti formali; fornisce un modello di comparsa di costituzione e risposta per i Comuni, da utilizzare nei giudizi contro i verbali basati su autovelox non omologati; invita le Prefetture a depositare il decreto di approvazione e a sostenere la tesi dell’equipollenza tra le due procedure, argomentando che entrambe garantiscono la conformità tecnica del dispositivo. Questa strategia difensiva, seppur utile, non supera il dato normativo: l’art. 142 C.d.S. parla di “omologazione”, non di “approvazione”. E una circolare non può modificare la legge. Le conseguenze per i Comuni Per gli amministratori locali, la situazione appare paradossale: non c’è responsabilità contabile, come chiarito dalla Corte dei Conti; ma c’è il rischio di ricorsi seriali e di annullamento delle sanzioni, con perdita di entrate e costi legali; alcuni Comuni hanno già sospeso gli autovelox per evitare contenziosi, altri continuano a utilizzarli confidando nella difesa ministeriale. Il danno alle imprese e il profilo internazionale Il vuoto normativo non colpisce solo i bilanci comunali: danneggia le aziende produttrici di autovelox, che investono in ricerca e sviluppo seguendo protocolli tecnici previsti dal regolamento, senza poter completare l’iter di certificazione. Alcune imprese rischiano il collasso, con effetti sull’occupazione e sull’innovazione tecnologica nazionale. Questa inerzia potrebbe configurare una violazione del diritto UE sulla concorrenza e sulla libertà di impresa, aprendo la strada a ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per inadempimento degli obblighi statali (art. 258 TFUE) e persino alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per danno patrimoniale derivante dall’inerzia normativa. Il principio di affidamento degli amministratori Un aspetto cruciale è il principio di affidamento: i sindaci hanno agito seguendo le indicazioni ministeriali e le prassi consolidate. Non si può chiedere loro di rispondere per un’omissione legislativa dello Stato. La deliberazione della Corte dei Conti tutela questo principio, evitando che la responsabilità contabile diventi un incubo per chi ha operato in buona fede. Cosa fare ora? Serve un intervento legislativo immediato, e questo è invocato da lustri: emanare il decreto di omologazione previsto dal Codice della Strada; definire procedure chiare per taratura e verifiche periodiche, come imposto dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 113/2015); garantire certezza del diritto per gli enti locali e per i cittadini. Nel frattempo, gli amministratori devono: verificare la documentazione dei dispositivi installati; prepararsi a gestire i ricorsi con strategie difensive basate sulle circolari ministeriali; partecipare ai tavoli tecnici avviati dal MIT e dal Viminale per risolvere la questione. LEGGI ANCHE Autovelox, fiducia e innovazione: il panel moderato da CityNext ad ANCI Bologna Prospettive La deliberazione della Corte dei Conti depositata il 17 novembre è una boccata d’ossigeno per i Comuni, ma non basta. Il problema è nazionale e richiede una risposta politica urgente. Non si può lasciare che la sicurezza stradale, la finanza locale e l’industria tecnologica restino ostaggio di un vuoto normativo. È tempo che lo Stato faccia la sua parte.