Autovelox, il MIT replica alla diffida di richiesta danni e ribadisce la legittimità delle approvazioni

Autovelox, il MIT replica alla diffida di richiesta danni e ribadisce la legittimità delle approvazioni

 

La diffida di una società comasca contro il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) riaccende il dibattito sulla validità degli autovelox approvati.

Con una missiva datata 21 novembre 2025, il MIT chiarisce che non esiste alcun obbligo di omologazione esclusiva e che l’approvazione ministeriale è pienamente legittima. Una ricostruzione autorevole che mette ordine tra giurisprudenza oscillante, prassi amministrative consolidate e le esigenze di sicurezza stradale.

La diffida

Una società ha notificato al MIT una diffida, lamentando la mancata emanazione del decreto tecnico previsto dall’art. 192 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada (DPR 495/1992).

Secondo l’azienda, tale omissione avrebbe reso “sostanzialmente inutilizzabili” gli autovelox approvati, cagionando danni economici e configurando una responsabilità extracontrattuale del MIT ai sensi dell’art. 2043 c.c.

La contestazione si fonda su un’interpretazione restrittiva delle norme, che privilegia l’omologazione rispetto all’approvazione.

Tuttavia, il MIT ha respinto integralmente questa ricostruzione.

La risposta del MIT: approvazione e omologazione come alternative

Nella missiva ufficiale del 21 novembre 2025, il MIT ha chiarito che l’art. 192 del Regolamento CdS prevede due procedure alternative: omologazione o approvazione.

Non esiste dunque un obbligo di omologazione generalizzato.

Il Ministero ha rammentato che sin dagli anni ’90 si è fatto ricorso alla procedura di approvazione, consolidata dal D.M. 282/2017, dove si disciplinano i requisiti dei dispositivi di controllo della velocità.

Prassi amministrativa siffatta è stata definita “pienamente legittima” e coerente con il quadro normativo vigente.

Equiparazione funzionale tra le due procedure

Il MIT ha evidenziato che approvazione e omologazione sono sostanzialmente identiche quanto a verifiche tecniche, prove di laboratorio e controlli sui prototipi.

Cambia solo il nomen iuris del provvedimento.

A supporto di questa tesi, la missiva richiama:

  • la circolare del Ministero dell’Interno del 23 gennaio 2025, che conferma la piena legittimità dei dispositivi approvati;
  • la nota dell’Avvocatura Generale dello Stato del 18 dicembre 2024, che ribadisce l’omogeneità delle due procedure.

Le pronunce della Cassazione e il quadro normativo successivo

La società aveva richiamato alcune ordinanze della Cassazione (tra cui la n. 10505/2024), che interpretano l’art. 142 CdS in senso formalistico, limitando l’utilizzo ai soli dispositivi “omologati”.

Il MIT ha replicato che tali pronunce non costituiscono un indirizzo consolidato e non tengono conto delle fonti normative successive, quali la L. 168/2002 e la L. 120/2010, che prevedono espressamente l’utilizzo di dispositivi “omologati o approvati”.

Ne discende che la lettura restrittiva dell’art. 142 CdS risulta superata dal principio delle fonti posteriori di pari rango.

In questo senso, la posizione ministeriale non solamente difende la legittimità delle approvazioni, bensì ribadisce anche la necessità di interpretare il sistema normativo in modo evolutivo, evitando rigidità che potrebbero compromettere la funzionalità degli strumenti di controllo e la sicurezza stradale.

Insussistenza della responsabilità ex art. 2043 c.c.

Sul piano della responsabilità civile, il MIT ha escluso ogni addebito:

  • non vi è alcun fatto illecito, avendo l’Amministrazione agito secondo legge e prassi consolidata;
  • non vi è danno ingiusto, in quanto le difficoltà commerciali dipendono da opzioni autonome degli enti locali e da oscillazioni giurisprudenziali;
  • difetta il nesso causale, essendo indimostrabile che un decreto tecnico avrebbe evitato i presunti danni.

Il MIT ha richiamato anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui la responsabilità per illecito omissivo sussiste soltanto in presenza di un obbligo puntuale e non discrezionale di provvedere, circostanza qui assente.

Implicazioni per la safety road e gli enti locali

La vicenda evidenzia un quadro complesso: da un lato, la necessità di garantire certezza giuridica agli operatori economici e agli enti locali; dall’altro, l’urgenza di assicurare continuità nell’uso degli autovelox per la sicurezza stradale.

Il MIT ha ribadito che l’approvazione costituisce titolo abilitativo pienamente idoneo e che la riforma in corso, con il censimento delle apparecchiature e la predisposizione di nuovi decreti di omologazione, mira a rafforzare la trasparenza e la fiducia nel sistema.

L’annunciata e attesa riforma “epocale” del Codice della Strada dovrà affrontare in modo organico la questione, chiarendo definitivamente il rapporto tra approvazione e omologazione e fornendo agli enti locali strumenti normativi più chiari per evitare sospensioni o incertezze operative.

Impatti e prospettive

Il nodo autovelox rappresenta una questione controversa dove si intrecciano diritto, tecnica e sicurezza.

La replica del MIT alla diffida della società comasca riafferma la legittimità delle approvazioni e ridimensiona le contestazioni basate su interpretazioni formalistiche.

In attesa della riforma complessiva del Codice della Strada, la posizione ministeriale offre un punto di riferimento autorevole per enti locali, operatori e cittadini.

La vicenda comprova come la certezza giuridica sia essenziale per garantire continuità operativa e tutela della sicurezza stradale, evitando che oscillazioni giurisprudenziali possano compromettere la fiducia degli utenti e l’efficacia dei controlli.

LA RISPOSTA DEL MIT