Affidabilità degli operatori economici nelle gare, Il Consiglio di Stato conferma l'esclusione

Affidabilità degli operatori economici nelle gare, Il Consiglio di Stato conferma l’esclusione

Gravi illeciti professionali e discrezionalità della Stazione Appaltante: una recente sentenza fa chiarezza sulla revoca degli appalti di servizi educativi.

Un appalto cruciale

Il Consiglio di Stato (Sezione V) tramite la sentenza n. 09051/2025 ha rigettato l’appello proposto da una società operante nel settore dei servizi, confermando l’esclusione della stessa dalla procedura di gara avviata da un Comune.

L’oggetto della gara era l’aggiudicazione dei servizi educativi e di istruzione delle unità offerta nido comunale e scuola di infanzia paritaria, integrati in un polo di infanzia.

Per una smart city, l’affidabilità nella gestione dei servizi essenziali, in particolare quelli dedicati alla prima infanzia, è un pilastro fondamentale per la qualità della vita cittadina.

La decisione di esclusione e la discrezionalità amministrativa

L’operatore economico era stato escluso con provvedimento del RUP del 4 luglio 2023 a causa della sussistenza di molteplici circostanze relative a precedenti procedure di affidamento e contratti risolti.

Hub della controversia risiede nell’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016, relativo ai gravi illeciti professionali.

La sentenza ribadisce un principio cardine: la Stazione Appaltante gode di un “ragionevole margine discrezionale” nella valutazione del grave illecito.

Secondo il Collegio giudicante, il sindacato giurisdizionale deve limitarsi a verificare l’insussistenza di “evidenti travisamenti della realtà o di macroscopici vizi di motivazione o, in ultima analisi, di assoluta irragionevolezza dell’opzione espulsiva”.

Una pluralità di inadempimenti pregressi, seppur singolarmente non decisivi, nel loro insieme può dimostrare una “persistente carenza professionale” e minare il necessario rapporto fiduciario.

Gli elementi a sostegno dell’inaffidabilità

Il Comune ha fondato l’esclusione su una serie di elementi convergenti, ritenuti idonei a giustificare la rottura del rapporto fiduciario:

  • pregresse vicende contrattuali: numerose vicende stragiudiziali e giudiziali tra il 2019 e il 2022,
  • revoca dell’aggiudicazione: in particolare, la vicenda con un Comune, dove la revoca dell’aggiudicazione è intervenuta per il rifiuto della società di sottoscrivere il contratto adducendo la pretesa antieconomicità. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la valutazione di questa vicenda, dato che il termine triennale (art. 80, comma 10 bis) non era ancora decorso alla data del bando,
  • penali e sanzioni: l’irrogazione di numerose penali da parte di diverse Amministrazioni. La sentenza ha richiamato il principio di proporzionalità che prevede che “casi ripetuti di lievi irregolarità possono far nascere dubbi sull’affidabilità di un operatore economico che potrebbe giustificarne l’esclusione”,
  • risoluzione consensuale: la risoluzione consensuale del contratto con un Comune, avvenuta per definire potenziali dissidi, è stata comunque ritenuta rilevante ai fini della valutazione di affidabilità.

Il contraddittorio e la conclusione

In merito al contraddittorio procedimentale (secondo motivo di gravame), la Corte ha rigettato la censura, affermando che il principio non obbliga l’Amministrazione a confutare analiticamente ogni singola osservazione del privato, purché le ragioni del provvedimento finale siano chiaramente desumibili dal complesso dell’atto.

Il complessivo giudizio di inaffidabilità espresso dalla Stazione Appaltante non ha presentato “elementi di palese erroneità/illogicità/irrazionalità” che avrebbero consentito un sindacato giurisdizionale.

In definitiva, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, ponendo un accento sulla necessità di una condotta ineccepibile per gli operatori che intendono aggiudicarsi appalti in settori sensibili e strategici.

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