Mobilità tra enti pubblici secondo le Sezioni Unite

Mobilità tra enti pubblici secondo le Sezioni Unite

La governance del personale nella Pubblica Amministrazione è un pillar fondamentale per la creazione di vere smart cities. La mobilità volontaria, disciplinata dall’art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001, torna a essere la via maestra per l’ottimizzazione delle risorse. Recenti interventi legislativi e una fondamentale Ordinanza della Corte di Cassazione del 2025 ne definiscono l’ambito di applicazione, confermando l’importanza della procedura quale tool di efficientamento e chiarendo la giurisdizione sulle relative controversie.

Mobilità volontaria quale risorsa strategica per la PA 4.0

Una città può definirsi “smart” solo se le sue fondamenta amministrative sono efficienti, veloci e capaci di allocare le risorse umane nel modo più produttivo possibile.

In questo scenario, la mobilità volontaria tra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 30 del Decreto Legislativo n. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego – TUPI), emerge quale strumento di governance cruciale.

Questo istituto consente il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, a condizione che i dipendenti appartengano alla stessa qualifica funzionale.

Non si tratta di un concorso, bensì della cessione di un contratto di lavoro già esistente, con l’obiettivo di coprire posti vacanti con personale già formato e con esperienza nel ruolo, garantendo in tal modo immediata operatività e un potenziale risparmio di spesa.

Ritorno all’obbligo, più efficienza dal 2025

Negli ultimi anni, l’obbligo per le Amministrazioni Pubbliche di esperire preventivamente la procedura di mobilità volontaria prima di indire nuovi concorsi pubblici è stato oggetto di deroghe.

Tuttavia, a partire dal 2025, la disciplina ordinaria, che stabilisce il carattere obbligatorio della mobilità pre-concorsuale, è tornata pienamente o parzialmente in vigore per la maggior parte degli enti.

Il mancato rinnovo di alcune deroghe ha reintrodotto l’imperativo per la PA di verificare, tramite avvisi di mobilità, la possibilità di coprire i posti vacanti con personale già in servizio, prima di attivare nuove procedure concorsuali.

Questo cambiamento normativo mira a razionalizzare l’utilizzo del personale, a contenere la spesa e a incentivare il trasferimento tra enti, in linea con i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa sanciti dalla Costituzione (art. 97).

Inoltre, la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto rilevanti modifiche al regime finanziario della mobilità, superando la sua “neutralità” ai fini del turnover e stabilendo che l’uscita per mobilità generi risparmio di spesa per l’ente cedente, mentre l’entrata eroda lo spazio assunzionale dell’ente ricevente.

Questa misura rafforza la funzione strategica della mobilità nel bilanciamento delle esigenze di organico.

Si prevede altresì che una quota della capacità assunzionale, almeno il 15%, debba essere riservata alla mobilità.

Mobilità vs. concorso, il nulla osta

È fondamentale distinguere la mobilità dal concorso pubblico.

La procedura di mobilità non è una selezione concorsuale, bensì una modificazione soggettiva di un rapporto di lavoro in atto, che avviene per passaggio diretto.

In passato, il nulla osta (consenso) dell’amministrazione di provenienza era spesso un ostacolo.

Oggi, l’assenso è richiesto solo in casi specifici e motivati, come quando il dipendente è stato assunto da meno di tre anni, la posizione è dichiarata infungibile, o il trasferimento causerebbe una carenza di organico superiore al 20% nella qualifica del richiedente.

Per gli Enti Locali con meno di 100 dipendenti, tuttavia, l’assenso dell’ente di appartenenza è comunque sempre richiesto.

Giurisdizione sulla mobilità

A conferma della natura privatistica della mobilità, è intervenuta la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con l’Ordinanza n. 30836 del 25 novembre 2025.

La Suprema Corte, decidendo su un conflitto di giurisdizione riguardante l’assegnazione di un incarico dirigenziale tramite mobilità esterna, ha stabilito che la competenza spetta al Giudice Ordinario (in funzione di Giudice del Lavoro).

Ciò in quanto la controversia verte sulle modalità di svolgimento della procedura di mobilità e sulla scelta del soggetto, configurandosi come un atto di gestione del rapporto di lavoro.

Eventuali atti amministrativi presupposti (come regolamenti interni dell’ente) possono essere disapplicati dal Giudice Ordinario, senza che ciò sposti la giurisdizione al Giudice Amministrativo. Questa chiarificazione è essenziale per garantire la rapidità e l’efficacia delle tutele per il personale pubblico in mobilità.

La mobilità volontaria si consolida non solo come un adempimento normativo, ma come un pilastro strategico per la Pubblica Amministrazione che vuole davvero investire nell’efficienza e nella smart governance.