Politiche ambientali PFAS, urgente una svolta sostenibile Laura Biarella 14 December 2025 Eco-News Un’analisi del report di Greenpeace rivela come i PFAS, “inquinanti eterni” cancerogeni e interferenti endocrini, minaccino la salute dei cittadini e l’ambiente. La vera intelligenza urbana e la resilienza territoriale richiedono trasparenza sui dati e un bando immediato di queste sostanze chimiche. Minaccia invisibile al cuore dell’innovazione urbana Una vera smart city si fonda su tre pilastri: tecnologia, sostenibilità ambientale e qualità della vita dei suoi abitanti. Tuttavia, l’obiettivo di creare un ecosistema urbano sano e “intelligente” è minacciato da una categoria di sostanze chimiche sintetiche, note come PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche). Questi composti, oltre 10.000, non esistono in natura e sono prodotti solo dalle industrie. Sono utilizzati massicciamente nei prodotti di uso quotidiano, dall’abbigliamento impermeabile ai cosmetici, dal packaging alimentare ai mobili, grazie alle loro proprietà idro e oleo repellenti e alla resistenza alle alte temperature. Il problema principale, come sottolinea il report di Greenpeace, è la loro natura di “inquinanti eterni”: alcune forme di PFAS possono impiegare oltre 1000 anni per degradarsi, restando nell’ambiente per migliaia di anni. Danno ambientale e impatto sulla salute dei cittadini L’ambizione di una città salubre è direttamente messa in discussione dalla diffusione pervasiva dei PFAS. Questi inquinanti sono rilasciati nell’ambiente in ogni fase del ciclo di vita di un prodotto: durante la produzione, l’uso (ad esempio, trasferendosi dagli imballaggi al cibo o rilasciati dalle giacche tecniche) e, in modo significativo, dopo lo smaltimento da discariche e inceneritori. Una volta dispersi nell’ambiente, i PFAS non spariscono, ma si spostano, arrivando molto lontano dalla loro fonte di origine fino a zone remote, come i Poli. Risalgono la catena alimentare e arrivano fino alle nostre tavole, contaminando l’aria, il terreno e l’acqua che beviamo. Gli effetti sulla salute, sebbene il quadro della tossicità non sia ancora chiaro per tutte le molecole, sono già estremamente allarmanti: alcuni PFAS sono classificati come cancerogeni per l’essere umano dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), agiscono come interferenti endocrini, associati a patologie come problemi alla tiroide, al fegato, al sistema immunitario, obesità, diabete e riduzione del peso alla nascita dei neonati, data la gravità degli effetti anche a dosi molto basse, sono considerati sostanze prive di soglia di sicurezza: l’unico obiettivo accettabile per la comunità scientifica è lo zero tecnico in acqua, aria e alimenti. Focolai nazionali Il report di Greenpeace sottolinea come l’Italia sia stata teatro di alcuni dei più gravi episodi di contaminazione in Europa. La crisi più nota si è manifestata in Veneto, in particolare tra le province di Vicenza, Verona e Padova, dove l’inquinamento causato da una azienda chimica ha interessato oltre 350 mila persone. Parallelamente, elevati livelli di contaminazione sono stati registrati in Piemonte, specificamente a Spinetta Marengo (Alessandria), area dove opera l’unica azienda produttrice di PFAS in Italia. Questi hotspot dimostrano la gravità della situazione e hanno spinto Greenpeace a condurre indagini indipendenti e azioni legali, ottenendo vittorie significative, come l’introduzione di limiti per i PFAS nell’acqua potabile in Veneto e la sospensione temporanea della produzione ad Alessandria. Tuttavia, il “Tour Acque senza veleni” lanciato da Greenpeace ha l’obiettivo di verificare l’estensione di questa contaminazione in tutte le regioni italiane, evidenziando che il problema è ben lungi dall’essere circoscritto. Smart governance La risposta a questa emergenza non può che passare attraverso i principi di smart governance e trasparenza. Greenpeace evidenzia come i cittadini abbiano il diritto di conoscere la qualità dell’acqua che esce dal proprio rubinetto. A partire da gennaio 2026, una direttiva europea imporrà agli enti pubblici l’obbligo di monitorare la presenza di PFAS nelle acque potabili. Nel frattempo, per i cittadini che vogliono agire subito, lo strumento chiave è il FOIA (Freedom of Information Act, o accesso civico generalizzato), che permette di richiedere dati di analisi e documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni (come gestori idrici e ASL). Una vera smart city non teme la trasparenza, ma la pone alla base del rapporto con i suoi abitanti, rendendo l’accesso alle informazioni un diritto fondamentale. La richiesta finale di Greenpeace è rivolta al Governo e al Parlamento: varare urgentemente una legge che introduca il divieto di uso e produzione di tutti i PFAS in Italia. Non si tratta solo di bonificare le aree colpite, ma di agire alla fonte per proteggere l’ambiente e tutta la popolazione italiana. Creare una smart city significa, in definitiva, garantire un futuro libero da inquinanti eterni, dove la salute pubblica non sia sacrificata in nome del profitto.