La sicurezza urbana passa dall’interoperabilità dei sistemi di informazione

La sicurezza urbana passa dall’interoperabilità dei sistemi di informazione

 

La condivisione dei dati sulla sicurezza urbana

Uno dei temi più importanti per avere città veramente sicure è quello della interoperabilità dei sistemi di informazione in uso agli organi di polizia, sistemi che oggigiorno forniscono non solo una miriade di dati delle più varie tipologie (immagini, targhe, dati personali, ecc.) ma sono in grado di procurare elaborazioni molto valide dal punto di vista della prevenzione situazionale con riferimento alle teorie criminologiche più attuali.

Interoperabilità significa innanzitutto condivisione dei dati, cosa oggi facilitata dalle architetture informatiche distribuite, pienamente fruibili anche grazie ad internet che costituisce un collegamento costante per chiunque abbia a disposizione un dispositivo informatico.

Riferimenti normativi

Il riferimento normativo che qui interessa è l’attuale definizione di sicurezza urbana[1]: “… il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni.”.

Interoperabilità base per la prevenzione

Al di là della discutibile, dal punto di vista della lingua italiana, formulazione utilizzata dal legislatore è evidente come la prevenzione della criminalità, con specifico riferimento a quella di tipo predatorio, possa essere attuata oggigiorno solamente tramite tecniche che vedono come preponderante l’interoperabilità dei sistemi di informazione, con particolare riferimento da una parte a tutte quelle tecnologie capaci di ottenere immagini di persone, veicoli e, più in generale, immagini dell’ambiente urbano, dall’altra a quelle banche dati relative a persone fisiche, a entità giuridiche e a veicoli.

L’evoluzione dei sistemi di videosorveglianza, sia come tecnologia dei punti di ripresa (aumento della risoluzione, angoli di ripresa maggiori rispetto al passato, zoom digitale anziché ottico) sia come downsizing a bordo camera di tecnologie che usano intelligenza artificiale sia, infine, con software di video analysis e video synopsis, ha velocizzato enormemente l’individuazione di atteggiamenti prodromici a reati predatori.

Dati disponibili e condivisione

Egualmente l’accesso informatico a banche dati, come l’Anagrafe nazionale della popolazione residente o l’Archivio nazionale dei veicoli e l’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, consente il recupero di dati essenziali non solo per le indagini di polizia giudiziaria, ma anche per le precedenti e indispensabili attività di prevenzione.

Mentre i dati raccolti sono sempre di più (si pensi per esempio all’art. 17 (“Prescrizioni in materia di contratto di noleggio di autoveicoli per finalità di prevenzione del terrorismo.”) del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, come convertito con modificazioni in legge 1° dicembre 2018, n. 132, che prevede addirittura che debbano essere trasmessi al Centro elaborazione dati del Ministero dell’interno i dati di chi prende a noleggio un veicolo) la condivisione di questi dati fra organi di polizia stenta, e non poco, ad essere attuata.

Il problema dello SDI

Il caso veramente grave è quello dello SDI – Sistema D’Indagine Informatico Interforze, previsto dagli articoli 8 e 16 della l. 1° aprile 1981, n. 121, “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza” accessibile solamente dagli appartenenti agli organi di polizia dello Stato e il cui accesso, pur essendo stato, a più riprese, previsto anche per gli organi di polizia locale, non è mai stato concesso.

Malgrado le stringenti e ripetute previsioni normative[2] le norme che prevedevano tale accesso, a distanza di ormai più di quindici anni dal primo “pacchetto sicurezza” del 2008, non sono state attuate.

Questo stato di cose ha riflessi negativi non solo sull’effettività della prevenzione in ambito sicurezza urbana, ma anche sulle condizioni di lavoro degli operatori di polizia e in particolare della Polizia Locale, che possono trovarsi a fronteggiare situazioni di estremo pericolo senza avere le informazioni necessarie, specialmente sui soggetti fermati alla guida di veicoli.

Quale futuro?

Mentre le prossime modifiche al codice della strada prevedono l’uso di ulteriori nuove tecnologie per il controllo della guida, come l’alcolock, è evidente come tali tecnologie risulteranno inefficaci se non si attuerà al più presto un’effettiva interoperabilità dei vari sistemi di informazione disponibili, così da ricondurli sotto un solo portale accessibile da parte di tutti gli organi di polizia, senza preclusione alcuna.

L’interoperabilità dei sistemi informativi per la sicurezza

È solamente l’interoperabilità dei vari sistemi informativi che può consentire il recupero e l’interpretazione in tempo reale di tutte le informazioni disponibili su una determinata situazione o su una determinata persona, in un’ottica di vera e propria intelligence[3], unica effettiva modalità per ottenere una conoscenza ad ampio spettro, base necessaria per la prevenzione di tutti quei fenomeni che possono mettere in pericolo la sicurezza urbana e non solo.

Purtroppo oltre la carenza di scelte strategiche ben definite dal punto di vista tecnologico, indispensabili affinché i vari sistemi possano reciprocamente dialogare, al di là delle alternanze nei vari governi, sembra non vi sia mai stata una volontà politica forte di arrivare a questo importante obiettivo.

 

[1] Definizione fornita dal D.M. 5 agosto 2008 e poi “legificata” con varie modificazioni dall’art. 4 del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città.” così come convertito dalla L. 18 aprile 2017, n. 48.

[2] Art. 8 (“Accesso della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell’interno”) del d.l. 23 maggio 2008 n. 92 come convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, e art. 18 (“Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del personale della polizia municipale”) del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, come convertito con modificazioni dalla L. 1° dicembre 2018, n. 132.

[3] “L’intelligence può rappresentare un sistema cognitivo indispensabile, da studiare scientificamente nelle scuole e nelle università”, cfr. definizione di intelligence redatta da Mario Caligiuri in Enciclopedia Italiana (Treccani).