Enforcement L’alcolock, dalla tecnologia un valido argine allo guida in stato d’ebrezza Maurizio Carv... 04 October 2024 Cds La stretta correlazione tra abuso di alcol e incidenti stradali è da decenni una certezza, tristemente confermata dalla sinistrosità stradale, un fenomeno che purtroppo in Italia, nonostante apprezzabili sforzi da parte di tutte le parti coinvolte, rappresenta ancora un’urgenza e, in taluni casi, un vero e proprio dramma. Difficile poter smentire che l’assunzione di sostanze alcoliche, al netto dei valori legali consentiti, incida e non poco sullo stile di guida, rappresentando per il conducente un elevato fattore di rischio per sé ma, soprattutto, per gli altri. Oggi, pur in mancanza di dati ufficiali relativi alla correlazione tra incidenti stradali e abuso di sostanze alcoliche, un’anomalia più volte sottolineata da diverse associazioni di categoria, dall’ASAPS (Amici della Polizia Stradale) all’ANIA (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) è possibile affermare, sulla base di diversi studi e di dati internazionali che la percentuale degli incidenti stradali direttamente collegabili allo stato d’ebrezza possa essere compreso in una forbice che va dal 25 al 30%. Una percentuale importante, certamente non trascurabile che sottolinea in modo quantomai netto la pericolosità dell’alcol per chiunque si metta alla guida. In occasione del recente convegno promosso da IPS (I Professionisti per la Sicurezza) nell’ambito della 43° edizione delle “Giornate di Polizia locale e sicurezza urbana” di Riccione dal titolo “L’interoperabilità dei dati per il controllo della guida sotto l’effetto di sostanze” Sandro Vedovi, uno dei relatori presenti al convegno, in rappresentanza della Fondazione ANIA, ha fornito dati in merito che non lasciano dubbi. Nello specifico Sandro Vedovi ha sottolineato come autorevoli e recentissimi studi dimostrino, con sempre maggiore evidenza, come il rischio di rimanere coinvolti in un incidente aumenta in maniera esponenziale al tasso alcolemico presente nel sangue. Tale probabilità è circa 380 volte maggiore per chi guida con un tasso alcolemico di 1,5 m/l, ovvero tre volte il tasso alcolemico massimo consentito dalla vigente normativa in materia. Fin qui l’incontrovertibilità dei dati ma quali sono, ad oggi, i reali strumenti in possesso delle nostre istituzioni per fronteggiare il fenomeno della guida in stato d’ebrezza? Vediamoli insieme. Tra prevenzione ed educazione stradale Un primo strumento per arginare un fenomeno purtroppo in crescita e che interessa da vicino e in modo oltremodo preoccupante i giovani, soggetti che familiarizzano in modo sempre più precoce con l’alcol e non solo, è rappresentato dalla prevenzione che, in estrema sintesi, vuol dire controlli sulle strade, finalizzati a individuare e a sanzionare quei conducenti che si pongono alla guida in stato d’ebrezza. Si tratta, in vero, di uno strumento di immediata efficacia, i cui effetti in ordine di sanzioni, la cui natura varia in base al livello di positività all’alcol, sono piuttosto evidenti. Tuttavia lo strumento dei controlli, a fronte di un evidente sforzo dei soggetti interessati (polizia stradale, carabinieri e, soprattutto, polizie locali) non può essere l’unico utilizzabile e questo per svariati motivi. Innanzitutto perché, pur implementando il numero dei controlli, anche in percentuali considerevoli, pur concentrando le attività su strada in determinati giorni della settimana, (il venerdì e il sabato) e in specifici momenti della giornata (nelle ore notturne), quando il fenomeno della guida in stato d’ebrezza è marcatamente più evidente, la percentuale dei soggetti controllati rimane oggettivamente minima se paragonata alla platea dei controllabili e questo per una mera questione numerica. Il rapporto, infatti, tra operatori di polizia e conducenti di veicoli sarà sempre sproporzionato e nettamente a favore dei secondi soggetti. In estrema sintesi, per quanto si possa pensare di implementare gli organici delle forze dell’ordine, il numero dei controlli sarà sempre realisticamente insufficiente a garantire un’adeguata copertura del fenomeno. Per questo la strada dei controlli, pur importante e da incrementare il più possibile, non può e non deve essere l’unica soluzione. Parimenti alla prevenzione che necessariamente passa anche attraverso la punibilità dei rei, si affianca l’educazione stradale, architrave indispensabile se si vuole provare davvero a scardinare un fenomeno, quello degli incidenti stradali che tra i giovani, come recentemente sottolineato dal prefetto Renato Cortese, direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato, nell’ambito del convegno “Il contrasto della guida sotto l’effetto di stupefacenti” rappresenta la prima causa di morte. Educazione stradale significa porre i futuri conducenti, indipendentemente dall’età degli stessi, a conoscenza attraverso specifici percorsi formativi tenuti in sinergia da soggetti diversi (forze dell’ordine, psicologici, operatori sanitari ma anche coloro che hanno sulla propria pelle provato il dramma di una morte seguita a un incedente stradale) di cosa realmente significhi guidare un veicolo e come questi, se utilizzato in modo sconsiderato, si trasformi in un’arma carica, capace di sparare in qualsiasi momento, ferendo, uccidendo. L’alcolock, il contributo della tecnologia Ma il contrasto alla guida in stato d’ebrezza, proprio perché si tratta di un fenomeno complesso, non può non considerare il fondamentale apporto della tecnologia che da anni ha messo in campo strumenti quali i precursori, apparecchi con funzioni di screening e, ovviamente, gli etilometri, strumenti con finalità probatorie, alleati indispensabili nelle attività di contrasto alla guida in stato d’ebrezza messe in atto dalle forze dell’ordine. A questi consolidati dispositivi, da qualche tempo, si è aggiunto l’alcolock che già dal nome, non serve chissà quale elevata conoscenza linguistica, racconta molto di sé. Si tratta, di fatto, di un vero e proprio etilometro che, collocato all’interno del veicolo e collegato direttamente alla centralina d’accensione del motore, impedisce l’avvio della vettura quando il livello dell’alcol presente nell’aria insufflata nell’apparecchio dal conducente supera un limite precedentemente predeterminato. L’alcolock, a prescindere dalla tipologia specifica, garantisce tutta una serie di ulteriori attività quali la memorizzazione della data e dell’ora della prova, l’eventuale rifiuto da parte del conducente di sottoporsi alla stessa ma anche, elemento non trascurabile, gli eventuali tentativi di manomissione dell’apparecchio. La rilevanza di tale sistema nel contrasto alla piaga della guida in stato d’ebrezza è stata ampiamente riconosciuta dalla Commissione europea che già nel lontano 2015 aveva emanato una specifica direttiva, la 653, che al punto 5 recitava: «Per migliorare la sicurezza stradale gli Stati membri dispongono programmi che impongono ai conducenti di guidare veicoli dotati di un dispositivo di tipo alcolock». L’attenzione della UE andava oltre la stessa direttiva, visto che sollecitava i vari stati appartenenti a prevedere l’obbligatorietà dell’alcolock entro il 2020, almeno per determinate categorie di veicoli e conducenti. Quell’esortazione per svariati motivi, in primis di natura economica (installare simili apparecchiature ha indubbiamente un costo non secondario che inevitabilmente ricade sull’acquirente) è stata pressoché disattesa, nonostante in alcuni stati, in particolare quelli scandinavi, una certa sperimentazione in tal senso abbia dato esiti altamente confortanti, in ordine alla diminuzione dei sinistri e conseguentemente dei feriti e morti. Alcolock e riforma del Codice della Strada In Italia, ad oggi, non esiste una specifica normativa sull’alcolock, nonostante in ambito assicurativo già dal 2017 l’adozione di «meccanismi elettronici che impediscono l’avvio del motore qualora sia riscontrato nel guidatore un tasso alcolemico superiore ai limiti stabiliti dalla legge per la conduzione di veicoli a motore» come recita la legge 124 del 4 agosto 2017, obbliga le imprese assicurative a praticare ai propri clienti degli sconti adeguati se questi decidono di collocare sui loro veicoli degli alcolock. Nel 2021, a conferma della centralità dell’argomento, è stata depositata una proposta di legge, figlia del lavoro di più soggetti direttamente interessati, volta a prevedere una modifica dell’articolo 186 del Codice della Strada, quello connesso alla guida in stato d’ebrezza. La proposta, in sintesi, pone l’attenzione sul problema della recidiva, ovvero la ricaduta da parte di coloro già sanzionati per guida in stato d’ebrezza. Si tratta di soggetti che per svariati motivi, in primis vere e proprie forme di dipendenza dall’alcol, si pongono nuovamente alla guida con tassi alcolemici vietati dalla legge. È evidente come, in questi casi, la deterrenza esercitata dal sistema sanzionatorio previsto dal codice della strada, risulti inefficace. Le cronache, d’altra parte, riportano frequentemente casi di incidenti stradali mortali determinati da conducenti ai quali era stata già sospesa la patente per guida in stato d’ebrezza, provvedimento che unitamente ad altre sanzioni di natura pecuniaria o penale, a seconda del valore etilometrico, non sortisce alcun ravvedimento in questi soggetti che, invece, come se nulla fosse, si pongono nuovamente alla guida, reiterando immancabilmente l’illecito. La bontà della proposta è stata tale che la politica ha fatto propria questa istanza di sicurezza, inserendola, sic et simpliciter, nel testo di riforma del Codice della Strada, già approvato alla Camera dei Deputati e attualmente in discussione al Senato. Nello specifico, è prevista una significativa modifica dell’articolo 186, introducendo per tutti quei conducenti condannati per il reato di guida in stato d’ebrezza, non solo il divieto di porsi alla guida dopo aver assunto alcol ma anche l’obbligo di guidare esclusivamente veicoli dotati di un dispositivo di tipo alcolock, la cui eventuale manomissione sarebbe, in virtù sempre di questa modifica, oggetto di specifiche sanzioni. Si tratterebbe, qualora la norma fosse approvata nella sua interezza, di una significativa conquista in quella lotta senza quartiere alla guida in stato d’ebrezza, perché il desiderio del singolo di bere, atteso le rilevanze mediche che un simile, reiterato e sconsiderato atto determina e che per svariati motivi vengono spesso colpevolmente sottaciute a livello sociale, non può minare in alcun modo la sicurezza della collettività. Non ci resta che aspettare! Maurizio Carvigno