Legal Aumenti retribuzioni dipendenti comunali, rischio illusione Giuseppe Vecchio 25 April 2025 Italia L’aumento delle retribuzioni per i dipendenti comunali è una delle novità introdotta tra le pieghe della legge di conversione del Decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, che ha già acceso l’interesse e, per certi versi, le aspettative nel mondo del pubblico impiego locale. Fondo risorse decentrate Si tratta della possibilità per gli enti territoriali di incrementare, entro certi limiti, il Fondo delle risorse decentrate, superando così il tetto imposto dall’articolo 23, comma 2, del D.lgs. 75/2017. Una norma che, ricordiamolo, congelava al livello del 2016 (o in alcuni casi al 2015) l’ammontare destinato al trattamento accessorio del personale. La nuova previsione, se letta con superficialità potrebbe sembrare l’annuncio di un generalizzato aumento salariale per i dipendenti di comuni, città metropolitane, province e regioni. L’emendamento sulle retribuzioni Ma la realtà è più complessa e purtroppo non rosea. Il legislatore, con l’emendamento votato dalle commissioni riunite I-XI alla Camera nella serata del 17 aprile, non prevede un incremento automatico dei fondi, né tantomeno un obbligo di adeguamento. Semplicemente, consente a partire dal 2025 di alzare il livello massimo del trattamento accessorio, a condizione che l’ente sia in equilibrio di bilancio pluriennale. In altre parole: si può fare, se si può fare. Ma non ci sono “risorse statali” aggiuntive a supporto. In altri termini tale modifica normativa è neutra per il bilancio della Stato. La misura si muove quindi nel solco dell’autonomia finanziaria degli enti, che potranno se ne hanno la capacità valorizzare meglio il proprio personale. Possibili scenari in ambito retribuzioni Tuttavia, questo comporta anche una responsabilità significativa per le amministrazioni locali, chiamate a decidere se e come utilizzare questa nuova possibilità senza compromettere la tenuta dei conti o dover sacrificare altri capitoli di spesa. Da un lato, si potrebbero generare aspettative eccessive tra i dipendenti, soprattutto in quei territori dove le condizioni di bilancio non consentono margini di manovra. Dall’altro, si potrebbe creare una disparità tra enti “ricchi” e enti “poveri”, con trattamenti accessori differenziati non sulla base di performance o organizzazione del lavoro, ma solo sulla base della situazione finanziaria dell’ente. A questa disomogeneità interna si aggiunge una disparità già esistente nel pubblico impiego italiano: quella tra i dipendenti degli enti locali e quelli di ministeri, agenzie centrali ed enti nazionali. Questi ultimi, infatti, pur appartenendo al pubblico impiego privatizzato, beneficiano spesso di trattamenti economici e accessori più favorevoli, grazie a maggiori disponibilità finanziarie e vincoli meno stringenti. Un quadro che alimenta la percezione di un’ingiustizia sistemica tra lavoratori pubblici. Va anche considerato che i circa 7.900 comuni italiani operano ciascuno con piena autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa e finanziaria, come previsto dalla Costituzione e dal Testo Unico degli Enti Locali. Questa frammentazione istituzionale, se da un lato costituisce una ricchezza in termini di prossimità e differenziazione amministrativa, dall’altro acuisce le disparità nei trattamenti economici e nelle politiche del personale, in assenza di una cornice nazionale sufficientemente perequativa. Focus Polizia Locale Particolarmente delicata è la posizione del personale della Polizia Locale, le cui indennità rappresentano circa il 20% della retribuzione complessiva che sono sostanzialmente finanziate proprio attraverso il Fondo delle risorse decentrate. Questo significa che eventuali limiti o vincoli al fondo si riflettono direttamente sulla componente economica più significativa e specifica della loro funzione, incidendo sulla capacità degli enti di mantenere attrattività e motivazione nei Corpi di Polizia Locale. In un momento in cui si chiede agli enti locali di essere sempre più efficienti, attrattivi e meritocratici, la possibilità di ampliare il fondo del salario accessorio è sicuramente uno strumento utile, ma rischia di rivelarsi una misura solo parzialmente efficace se non accompagnata da un disegno organico di rafforzamento della finanza locale. Occorrerà quindi grande attenzione da parte dei dirigenti e degli organi politici degli enti locali, per calibrare correttamente l’utilizzo di questa nuova possibilità, mantenendo l’equilibrio tra valorizzazione del personale e sostenibilità economico-finanziaria. Il testo dell’emendamento Dopo il comma 1 dell’art. 14 è stato inserito il comma 1-bis, dove si statuisce che a decorrere dal 2025, per armonizzare il trattamento accessorio del personale dipendente, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 33, commi 1, 1-bis e 2, del d.l. n. 34/2019, convertito con modificazioni in l. n. 58/2019, e dell’equilibrio pluriennale di bilancio asseverato dall’organo di revisione, possono incrementare, in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma 2, d.lgs. n. 75/2017, il Fondo risorse decentrate destinato al personale in servizio fino al conseguimento di un’incidenza non superiore al 48 % delle somme destinate alla componente stabile del predetto Fondo, maggiorate degli importi relativi alla remunerazione degli incarichi di posizione organizzativa, sulla spesa complessivamente sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari delle aree professionali. Ai fini del controllo della spesa, di cui al titolo V del d.lgs. n. 165/2001, le predette amministrazioni indicano, in sede di rilevazione dei dati del conto annuale, la maggiore spesa sostenuta derivante dall’incremento delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale e la misura del rapporto percentuale conseguito in attuazione di quanto previsto dal comma in disamina. In caso di mancata rilevazione, in sede di conto annuale, dei dati previsti dal secondo periodo, fino alla regolarizzazione di tale adempimento è indisponibile per la contrattazione integrativa un importo pari al 25 % delle risorse incrementali. Il testo del d.d.l. di conversione, come modificato, il 23 aprile ha incassato il via libera alla Camera e, per diventare legge, manca ancora il semaforo verde del Senato. Giuseppe Vecchio