HumanX Legal Giustizia "Smart", l'impatto della tecnologia nel contesto probatorio a.renzetti 11 July 2025 Italia Le prove frutto della tecnologia rappresentano un ambito delicato del diritto. In specie quando afferiscono ai delitti di violenza, che possono vedere vittime anche gli uomini e nei contesti che possono condurre alla limitazione della responsabilità genitoriale. La questione della violenza di genere è complessa e multifattoriale, spesso associata a una narrazione che vede la donna come unica vittima e l’uomo come esclusivo perpetratore. Tuttavia, la realtà è ben più sfumata e, in alcuni contesti, le dinamiche possono ribaltarsi, portando gli uomini a subire forme di violenza che incidono profondamente sulla loro vita, inclusa la genitorialità. Questo articolo si propone di esplorare come la mera allegazione di violenza, seppur circostanziata, possa avere un impatto significativo sulla limitazione della genitorialità, configurando in certi casi un rifiuto immotivato alla stessa. Si analizzerà, inoltre, come tale scenario possa rientrare nell’alveo della Convenzione di Istanbul, riconoscendo l’uomo non più solo come presunto carnefice, ma come vittima di violenza. Si toccherà, inoltre, la complessa questione dell’utilizzo delle prove illecite nel contesto di queste dinamiche familiari. Il concetto di “allegazione” e i suoi effetti L’allegazione, nel contesto giuridico, si riferisce alla semplice affermazione o dichiarazione di un fatto, spesso senza la necessità di un’immediata prova documentale o testimoniale che la supporti in fase iniziale. Nel diritto di famiglia, e in particolare nelle controversie relative all’affidamento dei figli, l’allegazione di violenza (fisica, psicologica o economica) può essere sufficiente a innescare meccanismi di protezione immediati e cautelari. Tali allegazioni, anche se non ancora provate in sede processuale, possono portare a misure provvisorie che limitano il contatto del genitore accusato con i figli, fino all’allontanamento dalla casa familiare. Questo avviene in virtù del principio del “superiore interesse del minore”, che impone al giudice di agire con prontezza per salvaguardare l’integrità psicofisica del bambino. Tuttavia, è proprio qui che si annida una potenziale criticità: l’eccessiva facilità con cui un’allegazione non verificata possa tradursi in una restrizione dei diritti genitoriali. Quindi, può aprire la strada a false accuse o a un uso strumentale di tali accuse per finalità che esulano dalla protezione del minore, come la vendetta o la volontà di escludere l’altro genitore dalla vita dei figli (alienazione parentale) . Il contributo della tecnologia In questi contesti, la possibilità di avvalersi di prove anche considerate illecite, come registrazioni audio/video non autorizzate – ottenute magari tramite smartphone, smartwatch o altri dispositivi digitali oggi ubiquitari – può diventare cruciale per la difesa. L’avanzamento tecnologico, infatti, ha reso questi dispositivi strumenti onnipresenti, trasformando ogni cittadino in un potenziale detentore di informazioni digitali. Questa pervasività tecnologica, caratteristica intrinseca degli ambienti urbani intelligenti, amplifica la possibilità che tali dati acquisiscano rilevanza in procedimenti legali. La giurisprudenza italiana, bilanciando il diritto alla privacy con il diritto di difesa (Art. 24 Cost.), può ammettere l’uso di tali elementi, se atti a far emergere la verità e a confutare accuse infondate. Tuttavia l’ammissibilità non è automatica. Il giudice valuterà caso per caso la pertinenza, la rilevanza e l’indispensabilità di tali prove ai fini della decisione, e l’assenza di altri mezzi per raggiungere lo stesso scopo probatorio. È un’area del diritto in continua evoluzione, che riflette la complessità delle dinamiche familiari e la sfida di garantire giustizia senza compromettere i diritti fondamentali di nessuno. La limitazione alla genitorialità: quando diventa “immotivata”? La limitazione alla genitorialità, che può manifestarsi attraverso l’affidamento esclusivo all’altro genitore, visite supervisionate o, nei casi più gravi, la sospensione o la decadenza della responsabilità genitoriale, è una misura estrema che dovrebbe essere adottata solo in presenza di un fondato pericolo per il benessere dei figli. La normativa italiana, in linea con l’articolo 337-ter del Codice Civile (come modificato dalla Legge 54/2006 e successive integrazioni), stabilisce che il giudice adotti i provvedimenti relativi ai figli con esclusivo riferimento al loro interesse morale e materiale. Il problema sorge quando la limitazione alla genitorialità non è frutto di un accertamento rigoroso della condotta violenta, ma si basa unicamente su un’allegazione non supportata da elementi probatori concreti o, peggio, smentita dagli esiti delle indagini. In questi casi, la limitazione può trasformarsi in un rifiuto immotivato alla genitorialità, privando ingiustamente un genitore della possibilità di esercitare il proprio ruolo e compromettendo il diritto del minore a mantenere rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori. Questo scenario può avere ripercussioni devastanti sull’uomo che si vede privato del proprio ruolo genitoriale in base a un’accusa infondata, provocando un danno psicologico, sociale ed economico non indifferente. La violenza sull’uomo e la Convenzione di Istanbul La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), ratificata dall’Italia con la Legge n. 77/2013, è un pilastro fondamentale nella lotta contro la violenza di genere. Sebbene il suo focus primario sia la violenza contro le donne, l’articolo 2 della Convenzione chiarisce che le sue disposizioni si applicano a tutte le vittime di violenza domestica, indipendentemente dal genere. Questo significa che anche gli uomini possono essere vittime di violenza domestica e che la Convenzione di Istanbul fornisce un quadro normativo per la loro protezione. La violenza non è solo fisica; può essere psicologica, economica, o includere forme di coercizione e manipolazione che mirano a isolare, svilire e annullare la vittima. Quando un’allegazione di violenza infondata porta alla limitazione immotivata della genitorialità di un uomo, ci si trova di fronte a una forma di violenza psicologica ed emotiva che rientra pienamente nell’ambito della Convenzione. La privazione ingiustificata del contatto con i figli, le accuse diffamatorie e il conseguente isolamento sociale possono configurare un atto di violenza che lede la dignità e l’integrità dell’uomo. La Convenzione di Istanbul, quindi, pur essendo nata per proteggere le donne, offre strumenti per riconoscere e affrontare anche le situazioni in cui l’uomo, da presunto “carnefice” nell’immaginario collettivo, si ritrova ad essere vittima di abusi e manipolazioni che minano i suoi diritti fondamentali, incluso quello alla genitorialità. È fondamentale che il sistema giudiziario sia in grado di discernere tra allegazioni fondate e strumentali, garantendo la protezione delle vere vittime. Ma pure tutelando i diritti di tutti, nel rispetto dei principi di giustizia e uguaglianza, anche attraverso l’attenta valutazione delle prove, incluse quelle provenienti da mezzi digitali e tecnologici. Antonella Renzetti