Smart Road Decreto Sicurezza convertito in legge, critiche dalla Cassazione Laura Biarella 03 July 2025 Sicurezza Le novità normative del “Decreto Sicurezza” (D.L. n. 48/2025 convertito in L. n. 80/2025) sono state approfondite dalla Corte di Cassazione in una analisi di 129 pagine focalizzata sulle implicazioni penali e costituzionali Conversione senza modifiche Il panorama giuridico italiano è stato di recente interessato da significative novelle con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale, n. 131 del 9 giugno 2025) della Legge 9 giugno 2025, n. 80, che ha convertito, senza modificazioni, il Decreto-Legge 11 aprile 2025, n. 48, noto quale “Decreto Sicurezza”. Questo provvedimento, entrato in vigore il 12 aprile 2025, reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, vittime dell’usura e ordinamento penitenziario. La sua genesi risulta strettamente legata a un precedente disegno di legge di iniziativa governativa (Atto Camera n. 1660 e Atto Senato n. 1236) i cui contenuti sono stati quasi interamente riprodotti nel decreto-legge, seppur con alcune modifiche minimali. La Corte di Cassazione ha diffuso una Relazione nella quale si è proposta di esaminare in dettaglio le innovazioni introdotte, con peculiare attenzione alle loro implicazioni penali sostanziali e processuali, nonché ai profili costituzionali che stanno animando un acceso dibattito dottrinario e giurisprudenziale. Contenuto e struttura del decreto cd. sicurezza Il D.L. n. 48 del 2025 si articola in 39 articoli, suddivisi in sei Capi: Capo I: “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata nonché in materia di beni sequestrati e confiscati e di controlli di polizia” (artt. 1-9). Capo II: “Disposizioni in materia di sicurezza urbana” (artt. 10-18). Capo III: “Misure in materia di tutela del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché degli organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124” (artt. 19-32). Capo IV: “Disposizioni in materia di vittime dell’usura” (art. 33). Capo V: “Norme sull’ordinamento penitenziario” (artt. 34-37). Capo VI: “Disposizioni finali” (artt. 38-39). Relazione della Corte di Cassazione Pur non offrendo un esame analitico ed esaustivo di tutte le disposizioni, si concentra su quelle che incidono, in modo diretto o indiretto, in materia penale (sostanziale e processuale), incluse le norme sull’ordinamento penitenziario e le misure di prevenzione. L’esposizione segue una tripartizione per maggiore omogeneità sistematica: Parte I: Modifiche alla legislazione penale e correlati interventi processuali (Titolo I: Modifiche al Codice Penale; Titolo II: Modifiche alla legislazione penale complementare). Parte II: Modifiche in materia di esecuzione penale e di ordinamento penitenziario. Parte III: Modifiche in materia di misure di prevenzione. Interventi di diritto penale sostanziale, rafforzamento dello strumento punitivo Il Decreto Sicurezza, come definitivamente convertito, introduce interventi di diritto penale sostanziale quasi nella totalità per il tramite della tecnica della novella legislativa. Questi interventi sono orientati, come rilevato dal C.S.M., a un “ricorso accentuato allo strumento penale”. Tale orientamento si manifesta in due forme principali: l’inasprimento dei trattamenti sanzionatori esistenti e l’introduzione di nuove fattispecie di reato. Tra le novità si annoverano: Introduzione di nuove fattispecie incriminatrici: Sia all’interno del codice penale (es. art. 270-quinquies.3, art. 415-bis, art. 634-bis c.p.), sia nell’ambito della legislazione complementare (es. art. 17, comma 1, ultimo periodo, D.L. n. 113/2018; art. 14, comma 7.1, D.Lgs. n. 286/1998). Si segnala anche la ricriminalizzazione di fattispecie di illecito amministrativo pecuniario precedentemente depenalizzate (es. art. 1-bis, comma 1, D.Lgs. 22 gennaio 1948, n. 66). Modifica in peius di titoli di reato preesistenti: Questo avviene attraverso l’estensione della portata applicativa (es. art. 583-quater, comma primo, c.p.; artt. 5 e 6 L. 13 dicembre 1956, n. 1409; art. 1099, ultimo comma, cod. nav.; art. 1100, primo comma, ultimo periodo, cod. nav.), l’introduzione, al loro interno, di nuove fattispecie incriminatrici (es. art. 435, ultimo comma, c.p.; art. 600-octies, nuovo secondo comma, c.p.), e l’aumento delle pene (es. art. 600-octies, comma primo, c.p.). Introduzione di nuove circostanze aggravanti: Sia comuni (art. 61, n. 11-decies, c.p.) che speciali (es. art. 336, ultimo comma, c.p.; art. 339, ultimo comma, c.p.; art. 635, comma terzo, ultimo periodo, c.p.; art. 639, secondo comma, ultimo periodo, e terzo comma, ultimo periodo, c.p.; art. 640, terzo comma, c.p.). Penalizzazione di talune condotte nella filiera produttiva della canapa industriale: (artt. 1 e 2 L. 2 dicembre 2016, n. 242). Criticità rilevate nel diritto penale sostanziale Queste modifiche, salvo rare eccezioni, hanno natura sostanziale di sfavore (in malam partem) e, per l’effetto, risultano applicabili irretroattivamente (artt. 25, comma secondo, Cost. e 7 CEDU; art. 1 c.p.) solo ai fatti-reato commessi a partire dal 12 aprile 2025, data di entrata in vigore del decreto. Un esempio significativo di nuova fattispecie incriminatrice è quella relativa all’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio (art. 634-bis c.p.). Tale norma ha sollevato dubbi di incostituzionalità per l’anticipazione della soglia di punibilità, trasformandosi in una “fattispecie di reato di sospetto” o “di volontà”, contrastante col principio di materialità dell’offesa. La giurisprudenza sarà chiamata a verificarne la “tenuta” in relazione al principio di offensività del reato. Particolare attenzione dovrà essere posta alla definizione di “detenzione senza titolo”, in specie in ipotesi di titoli scaduti quali contratti di locazione o comodato, rendendo complessa la determinazione del momento in cui l’occupante debba considerarsi “senza titolo”. Interventi processuali e nell’Ordinamento Penitenziario Sul fronte processuale, il decreto introduce un nuovo articolo 321-bis c.p.p., titolato “Reintegrazione nel possesso dell’immobile”. Questa procedura, finalizzata alla reintegrazione nel possesso di immobili oggetto di occupazione arbitraria, solleva questioni relative alla sua natura e alla possibilità di impugnazione dei provvedimenti emessi. Essendo inserita tra le misure cautelari reali, per la Relazione si ritiene assimilabile al sequestro preventivo, il che ne consentirebbe l’applicazione delle relative norme sulle impugnazioni. Tuttavia, l’applicazione sommaria e i tempi rapidi previsti per il rilascio coattivo potrebbero generare gravi disagi sociali. Per quanto riguarda le modifiche in materia di esecuzione penale (artt. 146 e 147 c.p.), la questione dell’applicabilità retroattiva o meno si presenta più complessa e richiederà una valutazione a sé stante. Rilevanti sono anche le modifiche riguardanti la “sicurezza urbana” (Capo II) e la “tutela del personale delle forze di polizia” (Capo III). In particolare, l’introduzione del reato di “rivolta in carcere” (art. 14, comma 7.1, T.U.imm. e art. 34 del decreto) è stata oggetto di forti critiche. La norma sanziona condotte non solo violente o minacciose, bensì anche di “resistenza passiva”, definita come atti che “impediscono il compimento degli atti dell’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza”. Questa previsione, considerata da alcuni una “notevole arretramento della soglia di punibilità”, è stata criticata per il rischio di configurare un reato d’autore o di sospetto, focalizzando il disvalore sullo status di detenuto anziché sulla condotta intrinsecamente offensiva. Si è segnalata una possibile violazione dei diritti costituzionali che presidiano l’espressione della protesta e la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost. e art. 10 CEDU), suggerendo un’interpretazione restrittiva della norma per preservare tali libertà. Profili costituzionali e “debate” in dottrina Il Decreto Sicurezza ha generato un intenso dibattito sui suoi profili costituzionali, in particolare in relazione all’art. 77 della Costituzione, che appunto disciplina il decreto-legge. Una delle principali obiezioni afferisce alla quasi integrale riproduzione nel decreto di un disegno di legge già in itinere parlamentare, sollevando dubbi sulla sussistenza dei requisiti di “straordinaria necessità e urgenza”. Questo approccio è stato definito da alcuni come una “prepotenza governativa” che sottrae il testo all’ordinario procedimento legislativo, comprimendo i tempi di discussione e la possibilità di emendamenti. Sono stati altresì segnalati vizi procedurali riguardanti il principio del bicameralismo paritario (art. 55, comma primo, Cost.) e la piena titolarità della funzione legislativa di entrambe le Camere (art. 70 Cost.). L’opzione di inserire una pluralità di contenuti eterogenei in un unico decreto-legge, riconducendoli a un unico voto per la conversione in legge, è stata considerata problematica in termini di omogeneità, potendo compromettere la consapevolezza e autonomia del voto dei parlamentari su questioni disomogenee. Criticità sul piano del merito Sul piano del merito, la dottrina costituzionalistica ha richiamato i principi fondamentali in materia penale reiteratamente affermati dalla giurisprudenza costituzionale. Viene ribadito che la pur discrezionalità del legislatore nella definizione della politica criminale e delle pene “non equivale ad arbitrio”. Le disposizioni che incidono sulla libertà personale devono essere suscettibili di controllo per vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità, dovendosi scongiurare il rischio di “una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto”. È stata inoltre riaffermata l’inammissibilità della responsabilità penale “d’autore” e l’importanza del principio di legalità nella declinazione della tassatività e determinatezza della fattispecie, che richiede la “consapevolezza ex ante delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta”. Un’altra critica significativa riguarda l’entrata in vigore immediata delle nuove disposizioni penali, senza un periodo di vacatio legis. Questo, secondo l’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIPDP), violerebbe il principio di colpevolezza (art. 27, co. 1 e 3, Cost.), che impone la previa conoscibilità dei precetti penali. Si è sottolineato il rischio di effetti irreversibili sulla libertà personale prima ancora della conversione in legge. Misure a tutela delle vittime dell’usura Il Capo IV del decreto è interamente dedicato alle “Disposizioni in materia di vittime dell’usura” (art. 33). Sebbene la relazione non entri nel dettaglio specifico delle modifiche, l’inclusione di un capo dedicato a questo tema sottolinea l’intenzione del legislatore di rafforzare la tutela per questa categoria di vittime, un aspetto di rilievo sociale e giuridico. Prospettive Il “Decreto Sicurezza” rappresenta un intervento legislativo di ampia portata, che incide profondamente su differenti aree del diritto penale e processuale. L’orientamento generale del provvedimento verso un accentuato ricorso allo strumento penale, con l’introduzione di nuove fattispecie e l’inasprimento delle sanzioni, riflette una politica criminale improntata alla repressione. Tuttavia, le significative problematiche costituzionali sollevate, relative sia al metodo di formazione della legge (l’uso del decreto-legge per riprodurre un disegno di legge ordinario, l’eterogeneità dei contenuti) sia al merito (il rischio di violazione dei principi di offensività, proporzionalità, colpevolezza e di legalità), richiederanno un attento scrutinio da parte della giurisprudenza. Sarà fondamentale il ruolo degli operatori del diritto, quali giudici, avvocati, e accademici, nell’interpretare e applicare le nuove norme in modo conforme ai principi costituzionali, mitigando, ove possibile, le frizioni con le garanzie fondamentali dei cittadini. Il dibattito dottrinario, già vivace fin dalle prime letture del disegno di legge, continuerà a offrire spunti critici e interpretativi essenziali per bilanciare l’esigenza di sicurezza con la tutela dei diritti e delle libertà, elementi inscindibili di uno Stato democratico di diritto. Le pronunce future della Corte Costituzionale saranno decisive per delineare i confini della nuova legislazione in disamina, nonché per assicurare la coerenza del sistema penale italiano coi valori fondamentali della Costituzione. LEGGI ANCHE Sicurezza urbana, le nuove misure del decreto cd. sicurezza Riferimenti e contributi dottrinari citati nella Relazione Per un approfondimento sui temi trattati, si consiglia la consultazione dei numerosi contributi dottrinari citati nella relazione, tra cui: AA.VV., Il D.L. Sicurezza/1, in Guida al diritto, 2025, n. 16. AA.VV., Il D.L. Sicurezza/2, in Guida al diritto, 2025, n. 17. A. CISTERNA, L’evanescenza delle condotte condiziona le norme sul terrorismo, in Guida al diritto, 2025, n. 16. G. TONA, Nuova aggravante se l’azione è commessa in stazioni e metro, in Guida al diritto, 2025, n. 17. A. NATALINI, Resistenza passiva nei Cpr: norma a rischio di incostituzionalità, in Guida al diritto, 2025, n. 17. F. BRIZZI, Una “bussola” per orientarsi tra le norme del d.l. sicurezza, in Il Penalista Ius, 24 aprile 2025. E. DOLCINI, Un Paese meno sicuro per effetto del decreto-legge sicurezza, in Sistema penale, 15 maggio 2025. G. FIANDACA, Intorno a sicurezza e democrazia in una prospettiva penalistica, in Foro italiano, 2025, n. 6. L. DELLA RAGIONE, D.L Sicurezza: uno sguardo d’insieme alle novità del codice penale, in Quotidiano giuridico – Altalex, 16 aprile 2025. Comunicati e documenti di associazioni quali AIPDP, Associazione Nazionale Magistrati, Appello dei gius-pubblicisti Appello per una sicurezza democratica, Associazione Italiana dei Costituzionalisti. Contributi scritti depositati presso le Commissioni parlamentari di Camera e Senato da enti e accademici (es. CGIL, SUNIA, UNIONE INQUILINI, ANTIGONE-ASGI, AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA, UCPI). Parere del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) del 14 maggio 2025.