HumanX Smart Road Oxford e autovelox, la cultura della sicurezza che sfida l’Italia Laura Biarella 03 July 2025 Sicurezza In molte città italiane la presenza degli autovelox, o comunque dei dispositivi di rilevamento delle infrazioni stradali, sovente è al centro di polemiche e resistenze, mentre a Oxford, in Inghilterra, emerge un quadro diametralmente opposto, dove sono proprio i cittadini a chiedere con forza l’installazione di dispositivi di controllo della velocità per tutelare la sicurezza stradale. E quindi la loro incolumità. Oxford “docet” Un esempio emblematico arriva da Morrell Avenue, una strada residenziale di Oxford dove il limite è fissato a 20 miglia orarie, ma dove la velocità eccessiva ha già provocato incidenti gravi. Lo scorso giugno, dopo un violento scontro tra una BMW e un taxi che ha portato al ricovero di due persone e danni significativi a veicoli e proprietà, residenti, consiglieri locali e gruppi per la sicurezza stradale hanno inviato una lettera congiunta alle autorità, chiedendo l’installazione urgente di autovelox per far rispettare il limite di velocità. La missiva è stata indirizzata alla polizia, al consiglio della contea e alla parlamentare Anneliese Dodds, che è stata sollecitata a fare pressione per modifiche legislative in grado di facilitare l’adozione di queste tecnologie e di aumentare gli incentivi finanziari per i comuni che vogliano installarle. Questa iniziativa riflette una cultura della sicurezza stradale in cui i cittadini non interpretano gli autovelox come strumenti punitivi o vessatori, bensì come un tool necessario per prevenire incidenti potenzialmente letali. Il Commissario di Polizia e Criminalità di Oxfordshire, Matthew Barber, ha sottolineato che per migliorare la sicurezza è necessario un “approccio multiforme” che includa controlli più efficaci, progettazione urbana più sicura e una risposta rapida ai sinistri. Oxford sta inoltre adottando sistemi di telecamere per monitorare le Low Traffic Neighbourhoods, zone a traffico limitato nate per migliorare la vivibilità e la sicurezza di pedoni e ciclisti, dimostrando un modello di governance partecipativa e tecnologica che coinvolge attivamente la comunità. Il contrasto con l’Italia, Fleximan e i comitati contro i device di rilevamento delle infrazioni Il caso di Oxford assume peculiare rilevanza se confrontato con alcune vicende italiane che mostrano un rapporto molto più conflittuale con gli autovelox. In Italia, fenomeni come Fleximan hanno alimentato la sfiducia, in un contesto di subcultura, verso questi dispositivi. Anche taluni mass media hanno diffuso una percezione di tali device come strumenti più di incasso che di sicurezza, e senza considerare, ovviamente, che c’è in ballo il bene supremo della “vita” delle persone. Parallelamente, in alcune città italiane sono insorti comitati per la rimozione dei dispositivi di rilevamento delle infrazioni stradali, accusati di essere “trappole” per gli automobilisti e di generare contenziosi legali e proteste diffuse. Questi movimenti sovente riflettono una sottocultura frutto di sciatteria popolare e incitamento all’illegalità, in cui la sicurezza stradale è interpretata in conflitto con la percezione di giustizia e trasparenza nell’applicazione delle norme. La diffidenza verso gli autovelox si accompagna a richieste di maggiore chiarezza, regolamentazioni più rigorose e, talvolta, a veri e propri scontri istituzionali e legali. In questo contesto, gli autovelox risultano sovente considerati un problema più che una soluzione, con conseguente difficoltà nell’implementare politiche efficaci di sicurezza stradale. Una diversa cultura civica e di governance urbana Il caso di Morrell Avenue e le richieste esplicite dei cittadini di Oxford rappresentano dunque un pattern alternativo, in cui la tecnologia per il controllo della velocità è accolta come parte integrante di un progetto condiviso di città più sicura e vivibile. Qui, la collaborazione tra cittadini, istituzioni e forze dell’ordine è alla base di un “approccio integrato” che non si limita alla sanzione, ma punta alla prevenzione, alla progettazione urbana e a un dialogo costante con la comunità. Questa differenza culturale evidenzia come la costruzione di una smart city efficace non dipenda solo dall’adozione di tecnologie avanzate, ma anche e soprattutto dalla capacità di creare una governance partecipativa, trasparente e orientata al bene comune. Dove in Italia si assiste spesso a conflitti e resistenze, a Oxford sono proprio i cittadini a chiedere misure più rigorose per garantire la sicurezza, dimostrando che la tecnologia può diventare uno strumento di progresso sociale quando è inserita in un contesto di fiducia e collaborazione. Verso un modello europeo di sicurezza stradale condivisa L’experience di Oxford può rappresentare un case study virtuoso anche per le città italiane e europee, dove la challenge è quella di superare la diffidenza verso gli strumenti di controllo elettronico e di costruire un consenso attorno a politiche di sicurezza stradale che siano percepite come giuste, efficaci e partecipate. La richiesta di Morrell Avenue di estendere incentivi finanziari per l’installazione di autovelox e la spinta legislativa avanzata dalla deputata Dodds indicano la necessità di un quadro normativo che supporti concretamente i comuni in questo percorso. I consiglieri e i residenti di Morrell Avenue a Oxford affermano infatti che un autovelox è necessario “con urgenza”, dato che la maggior parte degli automobilisti supera il limite di velocità, e alcuni raggiungono persino i 152 km/h. Hanno richiesto alla deputata locale Anneliese Dodds di “fare pressione” per una modifica della legge in modo che i nuovi autovelox possano essere installati più facilmente, rilevando che l’obiettivo di “Vision Zero”, quindi di zero morti sulla strada, rappresenta “una visione a cui, indipendentemente dall’affiliazione politica, dovremmo lavorare tutti insieme“. Autovelox come tool detonatore di cultura La narrazione di Oxford sottolinea come la sicurezza stradale e la smart city siano questioni che coinvolgono non solo la tecnologia. Si va infatti oltre, verso la cultura civica, la governance e la partecipazione attiva dei cittadini. Un pattern che, se adottato con successo, può contribuire a ridurre incidenti, migliorare la qualità della vita urbana e rafforzare la fiducia tra istituzioni e comunità, superando le tensioni che in altri contesti ancora caratterizzano il dibattito sugli autovelox. E, senza dubbio, a investire su un patrimonio culturale più garbato ed elegante, nell’approccio giuridico-centrico, che mira a tutelare l’incolumità dei cittadini e non a sterili polemiche. Forse, non a caso, Oxford è famosa per la sua prestigiosa università, fucina di virtuosismi culturali. E non solo allineandosi bensì, pure, facendo “prosperare” legge e civiltà. LEGGI ANCHE Italia, sicurezza stradale: continuano a diminuire incidenti e vittime. I dati