Quando l’AI genera stress, le emozioni al centro della qualità della vita urbana

Quando l’AI genera stress, le emozioni al centro della qualità della vita urbana

L’AI sta trasformando in modo rapido le città e la nostra quotidianità, portando con sé sconosciute forme di techno-stress che influiscono sulle emozioni e sul benessere individuale. Secondo lo studio di Litan, non è l’AI in sé a peggiorare la qualità della vita, bensì il modo in cui le persone vivono e gestiscono le emozioni originate dal suo impatto tecnologico. Promuovere skill emotive e familiarità con l’AI emerge quale strategia chiave per una città più sana e realmente “smart”.

Techno-stress, lo studio sul di Litan

L’Intelligenza Artificiale (AI) sta ridefinendo le nostre città e le nostre vite a un ritmo vertiginoso.

Mentre le promesse di efficienza e innovazione entusiasmavano, emergono però, sempre più visibili, le challenge psicologiche legate alle continue trasformazioni digitali.

Un recente studio pubblicato su Behavioral Sciences dalla psicologa Daniela-Elena Litan offre uno sguardo approfondito su un fenomeno sempre più rilevante: il techno-stress generato dall’AI e il suo impatto sulla qualità della vita.

L’analisi, arricchita dal recente contributo su Psychology Today, suggerisce che l’autentico punto chiave non è la tecnologia in sé, bensì come ci fa sentire.

Che cos’è il techno-stress?

Il techno-stress è lo stress vissuto dalle persone in risposta all’utilizzo crescente delle tecnologie digitali.

Nello studio di Litan vengono individuate cinque fonti specifiche collegate all’AI:

  • Techno-overload: sensazione di sovraccarico e aumento del ritmo lavorativo dovuto all’AI;
  • Techno-invasion: impossibilità di disconnettersi, con la tecnologia che invade la sfera personale;
  • Techno-complexity: percezione della tecnologia come troppo complicata da usare/comprendere;
  • Techno-insecurity: paura di perdere il lavoro o di restare indietro rispetto ai colleghi più esperti con l’AI;
  • Techno-uncertainty: senso di instabilità generato dai rapidi e continui cambiamenti tecnologici.

Lo stress dell’AI non colpisce direttamente

L studio, condotto su 217 adulti in Romania, ha indagato il rapporto tra questi fattori di techno-stress e la qualità della vita, focalizzandosi sul ruolo delle emozioni.

Il risultato?

Lo stress generato dall’AI non peggiora direttamente la qualità della vita, bensì lo fa indirettamente, mediante l’implementazione delle emozioni negative (ansia, frustrazione) o la riduzione delle emozioni positive (entusiasmo, soddisfazione).

Più specificamente:

  • La complessità tecnologica percepita (“techno-complexity”) aumenta le emozioni negative, che sono associate a una diminuzione della qualità della vita.
  • L’insicurezza rispetto all’AI (“techno-insecurity”) indebolisce le emozioni positive, che tipicamente sostengono il benessere soggettivo.

In modo curioso, l’incertezza tecnologica (“techno-uncertainty”), se gestita come opportunità di apprendimento, è risultata associata a una crescita delle emozioni positive, migliorando la qualità della vita.

Uno spiraglio di ottimismo in un panorama sovente segnato da paure di automazione e perdita di controllo.

Le emozioni tra noi e l’AI

L’hub del problema, sottolinea Litan e come ribadito su Psychology Today, sta quindi nelle emozioni: non è l’AI a farci sentire peggio, bensì il modo in cui la viviamo.

Infatti, le emozioni positive possono “ammortizzare” l’impatto dello stress digitale, mentre quelle negative lo amplificano.

In pratica, l’adattamento alle nuove tecnologie passa dalla capacità di riconoscere e gestire le proprie reazioni emotive.

Quali soluzioni per una smart city più sana?

La ricerca suggerisce alcune direzioni pratiche:

  • Educazione digitale mirata all’AI: aumentare la familiarità, anche con workshop e laboratori, aiuta a ridurre il senso di incompetenza e di insicurezza.
  • Training sulle competenze emotive: imparare a riconoscere e regolare le proprie emozioni digitali risulta cruciale per il wellness, sul lavoro e nella vita personale.
  • Supporto psicologico e gruppi di confronto: parlare delle proprie paure e scambiarsi esperienze aiuta a normalizzare lo stress e a trovare strategie condivise per affrontarlo.

Le smart city, in definitiva, non sono soltanto una questione di sensori, algoritmi e servizi automatizzati.

Sono anche, e soprattutto, comunità di cittadini alle prese con le proprie emozioni, opportunità, e vulnerabilità.

Investire nel benessere digitale degli individui diventa una challenge imprescindibile per la qualità della vita urbana.

La tecnologia cambia la città, ma sono le emozioni a determinare quanto riusciamo davvero a viverla come “smart”, ossia come uno spazio di benessere, innovazione e umanità condivisa.