L’illuminazione pubblica “oscura” il dislivello del marciapiede. Comune condannato al risarcimento del danno

L’illuminazione pubblica “oscura” il dislivello del marciapiede. Comune condannato al risarcimento del danno

Il Tribunale di Lecce affronta una lite che vede come protagonisti un cittadino e un Comune della Regione Puglia.

Come noto, la manutenzione delle strade pubbliche rappresenta, non di rado, un compito arduo per le Amministrazioni e, in caso di sinistri, possono instaurarsi dei contenziosi civili in cui il malcapitato, caduto a causa di un’imperfezione stradale, sostenga la responsabilità del Comune e domandi al Giudice il risarcimento del danno.

La passeggiata sul lungomare: da momento di svago e causa del sinistro

Una serena passeggiata in un tratto di un suggestivo lungomare si è trasformata – in breve tempo – in un’esperienza particolarmente dolorosa per un turista.

L’attore stava camminando in orario serale su di un marciapiede che costeggiava degli scogli.

A un tratto, si imbatteva in un dislivello e, dopo essere caduto a terra, riportava delle lesioni agli arti inferiori.

Secondo la tesi dell’infortunato, il fatto era ben lontano dall’essere riconducibile a una mera distrazione; anzi, convenendo in giudizio il Comune, sosteneva che la causa del sinistro fosse derivata da una condotta non corretta dell’Ente Locale.

Invero, la caduta si era verificata per la presenza di uno scalino dell’altezza di 15 centimetri, non visibile, che divideva il marciapiede dalla zona degli scogli.

Paradossalmente, ad oscurare questa “insidia” fu proprio l’impianto di illuminazione comunale che, per come era installato, aveva generato dei coni d’ombra che impedivano di avere contezza del dislivello.

Oltre all’insidia rappresentata dall’ “eclissi dello scalino”, l’attore lamentava l’assenza di barriere volte a perimetrare e mettere in sicurezza la zona.

Lo “statuto della responsabilità del custode

L’attore promuoveva una causa volta a ottenere il risarcimento del danno fondando la propria domanda sui regimi di responsabilità ex art. 2051 c.c. e, in subordine, ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Il Tribunale di Lecce, prima di soffermarsi sul caso, coglieva l’occasione di cristallizzare lo stato dell’arte in tema di responsabilità da cose in custodia.

A tal fine, richiamava ciò che la giurisprudenza conosce come lo “statuto della responsabilità del custode”.

Con questa espressione si pone riferimento a una celebre sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di cassazione (30 giugno 2022, n. 20943), ove il Collegio ha delineato i punti cardine di questo istituto giuridico che, per molti aspetti, ha spesso generato opinioni contrastanti.

L’art. 2051 c.c. sancisce che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

In estrema sintesi, le Sezioni Unite hanno chiarito i principali aspetti della disciplina.

  • La responsabilità ha carattere oggettivo e non presunto.
  • Il criterio di imputazione della responsabilità prescinde da qualunque connotato di colpa.
  • Il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità.
  • Il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento.
  • Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno.

Chiariti questi aspetti, si ricava che l’applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite esigono un minuzioso esame del caso concreto da parte del Giudice.

La decisione del Giudice: il dislivello non era visibile

Il Tribunale di Lecce pronunciava la propria sentenza all’esito di un processo in cui erano state ammesse testimonianze e fotografie.

I mezzi di prova denotano l’importanza di un attento e scrupoloso sopralluogo soprattutto da parte delle Forze dell’Ordine eventualmente intervenute.

Questa circostanza, però, non ricorre nel caso in esame, perché agli atti non vi era era alcun rapporto di p.g.

Per il Tribunale, l’esame delle fotografie consentiva di ritenere provato che “in ragione della collocazione in prossimità del mare, camuffata da coni d’ombra generati dall’illuminazione e senza l’adozione della benché minima barriera di sicurezza espone a serissimo rischio i passanti, vi era una pericolosissima intercapedine”.

In altre parole, nemmeno il pedone più accorto poteva rendersi conto del pericolo e tale asserzione trova conferma nell’esclusione di qualsiasi profilo di corresponsabilità dell’infortunato.

Per il Giudice l’illuminazione, pure presente, non consentiva un’esatta percezione dei piani e dei vuoti della pavimentazione.

La collocazione dell’impianto generava delle zone d’ombra che impedivano il riconoscimento preventivo delle insidie.

Ne conseguiva che lo scalino sfuggisse alla cognizione anche “da parte dell’attento passante, salvo che gli si voglia imporre di limitarsi a passeggiare sotto i lampioni ed in assoluta solitudine, circostanza questa impraticabile nella località balneare di cui si discute e peraltro in epoca estiva”.

Il Comune deve valutare con attenzione le dinamiche del proprio territorio

Come si sarà inteso, il Comune è stato condannato al risarcimento del danno.

La sentenza racchiude un monito ben preciso per le Amministrazioni Comunali, chiamate a prestare molta attenzione alla valutazione concreta delle dinamiche del proprio territorio.

Leggendo la sentenza, non sfuggono al Lettore quei chiari e diretti incisi del Tribunale: “Indiscussa, pertanto, la consistente insidiosità dell’estesa zona, peraltro frequentata da centinaia di turisti nell’arco dell’anno intero, e non solo d’estate (…) salvo che gli si voglia imporre di limitarsi a passeggiare sotto i lampioni ed in assoluta solitudine, circostanza questa impraticabile nella località balneare di cui si discute e peraltro in epoca estiva”.

Si desume come il Giudice abbia voluto evidenziare che nelle località turistiche vanno cautelate quelle situazioni di pericolo inevitabilmente connesse – anche – al dinamismo del fenomeno del turismo.

E cosa c’è di più bello se non percorrere, di sera, un lungomare con il rumore delle onde che accompagnano la passeggiata?

Questa consapevolezza esige comportamenti virtuosi dei Comuni che devono rendere le proprie strade immuni da pericoli.

Filippo Bisanti