Abuso edilizio e affidamento: il caso del TAR Brescia

Abuso edilizio e affidamento: il caso del TAR Brescia

Il TAR Brescia, sentenza n. 773/2025, ribadisce che l’abuso edilizio non può generare affidamento legittimo, nemmeno dopo anni di silenzio amministrativo. La legalità urbanistica prevale su ogni interesse privato, pure in presenza di vincoli paesaggistici e carenze istruttorie. La decisione evidenzia l’importanza della digitalizzazione per garantire efficienza e trasparenza nella gestione del territorio.

Abusi edilizi e affidamento: il TAR ribadisce il primato della legalità

Con la sentenza n. 773 del 25 agosto 2025, la Sezione II del TAR Lombardia – Brescia esclude ogni affidamento legittimo su abusi edilizi, anche dopo lungo silenzio amministrativo. L’abuso edilizio non può generare diritti o aspettative, nemmeno col passare del tempo. La legalità resta il principio guida nella gestione del territorio e dell’azione amministrativa. La giurisprudenza è chiara: l’inerzia dell’ente non sana l’illecito edilizio. Il caso evidenzia le tensioni tra interessi privati e vincoli pubblici di legalità.

Il caso del TAR Brescia: tra abuso edilizio, condono negato e demolizione ritardata

Il ricorso nasce da un intervento su un manufatto rurale, originariamente destinato al ricovero di animali. Nel 2004, l’imprenditore agricolo presenta domanda di condono. L’intervento aveva trasformato l’edificio in abitazione, con cambio di destinazione e aumento volumetrico. Nel 2015, il Comune respinge la richiesta. L’area era vincolata paesaggisticamente. L’opera rientrava tra gli “abusi maggiori”, non sanabili ai sensi dell’art. 32, D.L. n. 269/2003. Solo nel 2022, dopo 18 anni dalla domanda, il Comune ordina la demolizione. Il ricorrente contesta l’ordinanza, lamentando: violazione del principio di leale collaborazione; mancata tutela dell’affidamento; carenze istruttorie; omissione dei mappali nell’ordinanza. Secondo il privato, il Comune avrebbe dovuto motivare meglio la demolizione. Invoca i pagamenti già effettuati e il lungo silenzio dell’amministrazione. Il TAR respinge il ricorso su tutti i fronti.

Il vincolo paesaggistico e l’insanabilità dell’abuso

Uno dei punti centrali della sentenza è il vincolo paesaggistico. La giurisprudenza è chiara: in presenza di vincolo, l’abuso con aumento volumetrico non è sanabile. Nel caso concreto, l’opera era tra gli “abusi maggiori”. Esclusi dal condono, in base all’art. 32, comma 27, lett. d), D.L. 269/2003. La conformità urbanistica o il rispetto di norme regionali non rilevano. La presenza del vincolo è un limite assoluto alla sanatoria.

L’onere della prova e la carenza documentale del ricorrente

Un altro aspetto evidenziato dal TAR è il difetto di prova circa la preesistenza delle opere rispetto alla data di presentazione dell’istanza di condono. La giurisprudenza ha sempre richiesto, in modo rigoroso, che il privato dimostri in maniera documentale – e non con mere dichiarazioni sostitutive – la data di ultimazione delle opere. In assenza di fatture, rilievi aerofotogrammetrici, fotografie datate, ricevute o altri elementi probatori, non può essere ammessa la regolarizzazione. La dichiarazione unilaterale, priva di riscontri, non ha alcuna valenza dirimente nel procedimento di condono edilizio, in quanto incapace di dimostrare il rispetto dei termini temporali previsti dalla legge per accedere alla sanatoria.

L’irrilevanza del tempo e l’insussistenza dell’affidamento legittimo

Il cuore motivazionale della sentenza ruota tuttavia attorno alla negazione dell’affidamento legittimo in presenza di un abuso edilizio. L’inerzia dell’Amministrazione non legittima un’opera abusiva. Il TAR, in linea con il Consiglio di Stato, ribadisce un principio forte. L’abuso non può mai fondare un’aspettativa giuridicamente tutelabile. L’affidamento richiede comportamenti univoci e legittimi dell’Amministrazione. Non può nascere da un illecito o da un silenzio amministrativo. Il potere repressivo non si prescrive e l’interesse pubblico è prevalente. L’ordinanza di demolizione è atto vincolato, non discrezionale. Non richiede motivazioni aggiuntive. È sufficiente l’accertamento dell’abuso edilizio.

Silenzio-assenso e condono: due mondi incompatibili

Il TAR chiarisce che il silenzio-assenso non si applica nei procedimenti di condono. Il D.L. n. 269/2003 prevede il silenzio-rifiuto. La natura eccezionale della normativa impone una valutazione approfondita. Servono pareri vincolanti, come quello della Soprintendenza. L’inerzia dell’Amministrazione, in questo contesto, ha significato opposto. Non produce effetti favorevoli al privato.

Demolizione e individuazione delle opere: cosa dice il TAR

In merito all’ordinanza di demolizione, il TAR ne afferma la legittimità anche in assenza di indicazione dei mappali. Infatti, ciò che rileva è una descrizione sufficientemente chiara e puntuale delle opere abusive. Pertanto, l’indicazione catastale risulta necessaria solo in un momento successivo, ovvero nella fase di acquisizione dell’immobile, in caso di mancata ottemperanza. Di conseguenza, la Pubblica Amministrazione non è tenuta ad appesantire il contenuto motivazionale dell’atto. Va ricordato, inoltre, che l’esercizio del potere repressivo in materia edilizia ha natura vincolata e rappresenta un obbligo giuridico, non una facoltà discrezionale.

La transizione digitale e l’efficienza amministrativa nel contrasto all’abuso

Alla luce di ciò, il caso in esame evidenzia le criticità della gestione analogica dei procedimenti edilizi: tempi dilatati, inefficienze procedurali e carenza di comunicazioni tempestive. In tale contesto, la digitalizzazione si configura come strumento essenziale per il superamento di tali limiti. Infatti, l’adozione di sistemi informativi integrati, la tracciabilità degli atti e le notifiche automatiche può migliorare significativamente l’efficacia amministrativa. Inoltre, strumenti come la georeferenziazione, l’interoperabilità tra banche dati e l’utilizzo di archivi digitali contribuiscono alla prevenzione del contenzioso e alla certezza del diritto. Solo così, si possono garantire trasparenza, legalità e una reale tutela dell’interesse pubblico.

Riscontri finali

In conclusione, il TAR Brescia ribadisce un principio fondamentale: l’affidamento del privato è tutelabile solo se fondato su comportamenti legittimi. In altri termini, non è possibile operare un bilanciamento tra interesse privato e interesse pubblico quando il primo si radica in una situazione abusiva. Anzi, il decorso del tempo non può sanare l’illegalità. Parimenti, l’inerzia della Pubblica Amministrazione non può in alcun modo legittimare un’opera realizzata in violazione delle norme. Ne consegue che la legalità non rappresenta un valore astratto, ma un presidio concreto di buona amministrazione. Infine, solo una Pubblica Amministrazione efficiente, trasparente e pienamente digitalizzata sarà in grado di garantire una vera tutela del territorio e del bene comune.