Da parcheggio a sala vista mare, perché la Cassazione dice no alla “furbizia” edilizia in zona vincolata

Da parcheggio a sala vista mare, perché la Cassazione dice no alla “furbizia” edilizia in zona vincolata

I reati edilizi sono spesso al centro di casi di indubbio interesse.

Una società alberghiera ha visto dichiarare inammissibile il proprio ricorso in Cassazione contro il sequestro di una terrazza trasformata in sala ristorante in zona paesaggisticamente vincolata, senza i necessari titoli edilizi e paesaggistici.

La Corte ha ritenuto che le opere integrassero una vera e propria “nuova costruzione”, non condonabile, e che l’uso come ristorante comportasse un aumento significativo del carico urbanistico e dell’impatto sull’ecosistema.

La decisione si colloca in una prospettiva moderna di governo del territorio: la tutela del paesaggio e il contrasto agli abusi non frenano lo sviluppo turistico, ma lo orientano in senso sostenibile, in linea con l’idea di una vera Smart City (Cass. pen., Sez. III, 27 novembre 2025, n. 38442).

La vicenda

Una terrazza nata come parcheggio a servizio di un hotel sulla Costiera amalfitana, coperta con una tettoia e poi chiusa su tre lati per essere utilizzata come sala ristorante: è questo il cuore del caso finito davanti alla Corte di cassazione e concluso con la conferma del sequestro preventivo dell’area.

Protagonista è una società che gestisce un hotel e un ristorante, che si è vista sequestrare una porzione di circa 160 mq, originariamente destinata a parcheggio, poi coperta e chiusa con pannelli e infissi, e utilizzata come sala ristorazione all’aperto.

Secondo la Procura della Repubblica, le opere sarebbero state realizzate dopo il novembre 2023, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in un’area sottoposta a vincolo.

Da qui il sequestro preventivo disposto dal GIP, confermato dal Tribunale del riesame di Salerno in relazione ai reati edilizi e paesaggistici (art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001 e art. 181 d.lgs. 42/2004).

La difesa: “Non è una nuova costruzione, c’è un condono e la destinazione a ristorante è legittima

La società ha impugnato l’ordinanza di riesame in Cassazione, sostenendo, in sintesi, due punti:

  1. Nessuna “nuova costruzione”
    • La tettoia che copre la terrazza sarebbe stata già oggetto di condono edilizio nel 2004.
    • Sarebbe stata presentata una richiesta di modifica di destinazione d’uso da parcheggio a ristorante-bar.
    • Dal 2015 esisterebbe una SCIA commerciale mai sospesa, a conferma della liceità dell’uso a ristorante.
    • La chiusura su tre lati con pannelli e infissi, secondo la difesa, non darebbe luogo a un nuovo manufatto, ma a semplici opere accessorie su un volume già condonato.
  2. Mancanza di pericolo attuale (periculum in mora)
    • Al momento del sequestro i lavori erano già ultimati da tempo.
    • La sala ristorante non avrebbe aggravato il “carico urbanistico” della zona, essendo – secondo la tesi difensiva – un uso coerente con l’attività alberghiera già esistente.

Per la Corte si tratta di una nuova costruzione in zona vincolata e non condonabile

Sul fronte del fumus del reato edilizio e paesaggistico, la Cassazione richiama il ragionamento del Tribunale.

  • Il sopralluogo del giugno 2025 ha accertato la presenza di una struttura chiusa su tre lati, con infissi, pannelli, copertura in ferro e pavimentazione in cotto, utilizzata come sala ristorante.
  • Tali opere risultano realizzate dopo il 29 novembre 2023, data dell’ultimo controllo effettuato per verificare l’ottemperanza a una precedente ordinanza comunale di demolizione.
  • Si era in zona vincolata paesaggisticamente: qui la giurisprudenza della Cassazione è costante nel ritenere non condonabili le nuove costruzioni abusive (in assenza di permesso e di autorizzazione paesaggistica).

Per la Corte, dunque, vale il ragionamento che segue.

  • La vicenda del presunto condono del 2004 sulla tettoia e della richiesta di cambio di destinazione d’uso non incide sul punto centrale:
    è stata realizzata, in tempi recenti, una nuova costruzione in zona vincolata, senza i necessari titoli.
  • La destinazione da parcheggio a ristorante, peraltro, non risultava mai formalmente autorizzata dal Comune, nonostante le istanze presentate.

In altre parole: non basta aver chiesto un condono o aver presentato una SCIA commerciale per legittimare un uso intensivo (sala ristorante) di un’area che, sotto il profilo urbanistico e paesaggistico, non ha mai ricevuto il via libera definitivo.

Periculum in mora: più persone, più carico urbanistico, più impatto sul paesaggio

La difesa contestava anche la sussistenza del pericolo nel ritardo, sostenendo che, essendo l’opera ultimata, il sequestro non fosse più necessario.

La Cassazione ricorda però il principio già affermato in altre pronunce.

  • Per i manufatti abusivi in area vincolata non basta dire “l’opera è finita”;
  • Il giudice deve verificare concretamente se l’uso del manufatto sia idoneo a produrre ulteriori danni o aggravare l’impatto sull’ambiente protetto.

Nel caso specifico, il Tribunale:

  • ha ritenuto che la trasformazione da parcheggio a ristorante aperto anche a clienti esterni comportasse un aumento del carico urbanistico (più persone, più servizi, più pressione sul territorio);
  • ha collegato questo aumento a una maggiore compromissione dell’ecosistema e del contesto paesaggistico, proprio perché l’area è sottoposta a speciale protezione.

In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso

Una sentenza che convince a tutela la Smart City!

In definitiva, la pronuncia della Cassazione merita una valutazione positiva perché va letta dentro una logica di Smart City: una città intelligente non è solo tecnologia e digitalizzazione, ma anche governo serio del territorio, tutela del paesaggio e gestione sostenibile dei flussi turistici.

Dire che la trasformazione di un parcheggio in sala ristorante, in zona vincolata e senza i necessari titoli edilizi e paesaggistici, comporta un aumento del carico urbanistico e un impatto sull’ecosistema, significa riconoscere che ogni metro quadro conta, soprattutto nei contesti più fragili.

Questa sentenza richiama con forza l’idea che lo sviluppo turistico non possa essere affidato all’improvvisazione o alle scorciatoie edilizie: chi investe sul territorio deve farlo nel rispetto delle regole, perché solo così si costruiscono città realmente vivibili, eque e sostenibili, all’altezza della sfida smart.

Filippo Bisanti