Impianti biogas, la Cassazione chiude il caso Marche

Impianti biogas, la Cassazione chiude il caso Marche

La Corte di Cassazione conferma: nessun risarcimento per l’impresa che aveva investito in un impianto a biogas poi bloccato dopo la dichiarazione di incostituzionalità della legge regionale.

Una decisione che riaccende il dibattito su governance normativa, affidamento degli operatori e pianificazione energetica nelle smart city.

Un impianto a biogas fermato dalla Consulta

Nel 2012 una società aveva ottenuto dalla Regione Marche l’autorizzazione unica per realizzare un impianto di produzione di energia elettrica da biogas.

L’iter non aveva previsto la verifica di assoggettabilità a VIA, esclusa da una legge regionale che semplificava le procedure per impianti sotto i 3 MWt.

Quella norma, però, nel 2013 viene dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale per contrasto con la direttiva europea 2011/92/UE.

Da qui l’effetto domino: il TAR annulla l’autorizzazione, il Consiglio di Stato conferma e l’impianto non vede mai la luce.

La richiesta di risarcimento e il nodo dell’affidamento

La società chiede alla Regione Marche il risarcimento dei danni: investimenti perduti, mancati guadagni, lesione dell’affidamento riposto in un provvedimento favorevole poi caducato.

La Corte d’appello di Ancona respinge.

La Cassazione, con ordinanza n. 33395/2025, conferma: non esiste responsabilità civile della Regione per attività legislativa dichiarata incostituzionale.

Secondo i giudici, la funzione legislativa è espressione di un potere politico non sindacabile in sede civile, salvo casi eccezionali (come discriminazioni o violazioni di diritti fondamentali).

Non è questo il caso.

Perché la decisione è rilevante per le smart city

La vicenda tocca un tema cruciale per la governance delle città intelligenti: la stabilità normativa nei processi di transizione energetica.

Gli investimenti in impianti rinnovabili richiedono:

  • regole chiare,
  • tempi certi,
  • coordinamento tra livelli istituzionali,
  • procedure ambientali coerenti col diritto UE.

Quando una legge regionale semplifica troppo, o non rispetta gli standard europei, il rischio è duplice: blocco dei progetti e perdita di fiducia degli operatori.

Il ruolo della VIA nelle politiche energetiche territoriali

La sentenza ribadisce un principio chiave: la valutazione di impatto ambientale non è un ostacolo burocratico, bensì uno strumento di pianificazione sostenibile.

Nelle smart city, la VIA:

  • garantisce compatibilità ambientale,
  • tutela le comunità locali,
  • riduce il rischio di contenziosi,
  • rafforza la qualità degli investimenti energetici.

Cosa insegna il caso Marche

La decisione della Cassazione offre tre lezioni utili per amministrazioni e operatori:

  • La semplificazione normativa deve essere compatibile con il diritto UE.
    Altrimenti genera instabilità e contenziosi.
  • L’affidamento degli operatori non è tutelato quando deriva da una legge incostituzionale. La responsabilità legislativa resta un terreno limitato.
  • La governance multilivello è decisiva. Regione e Province devono coordinarsi su VIA, autorizzazioni e pianificazione energetica.

Il caso Marche è un monito per chi progetta la transizione energetica nelle smart city: innovare sì, ma senza derogare ai principi ambientali europei.

La certezza del diritto resta la prima infrastruttura di cui hanno bisogno gli investitori.