"Tutto da perdere", rapporto sulla povertà in Italia

“Tutto da perdere”, rapporto sulla povertà in Italia

In occasione della Giornata Mondiale dei Poveri del 19 novembre è stato presentato “Tutto da perdere”, il rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale di Caritas Italiana, giunto alla sua ventisettesima edizione.

I dati del report mettono insieme quelli di fonte Istat (completi in relazione al periodo 2021-2022) e quelli raccolti attraverso le domande di aiuto presentate presso gli sportelli Caritas.

Un carattere ereditario

Con oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione, i dati confermano come la povertà nel nostro Paese sia un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato.

In Italia, rispetto alle altre realtà europee, la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta infatti più intensa: la povertà insomma, avrebbe un carattere ereditario.

Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto – sottolinea anche il report – questo costituisce un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le nostre democrazie occidentali. Rispetto a questo punto perde anche la nostra Costituzione repubblicana, e in particolare l’articolo 3, che continua a restare inapplicato”.

I numeri

I poveri assoluti sono saliti da 5 milioni 316mila a 5 milioni 673mila, rispetto allo scorso anno. L’incidenza è passata dal 9,1% al 9,7%.

Se si considerano i nuclei, si rilevano 2 milioni 187mila famiglie in povertà assoluta, a fronte dei 2 milioni 22mila famiglie del 2021, concentrati soprattutto nel Meridione.

Evidenti le disuguaglianze tra cittadini italiani e stranieri residenti, acuitesi negli ultimi dodici mesi. La povertà assoluta si attesta infatti al di sotto della media per le famiglie di soli italiani (6,4%), mentre su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (33,2%).

Tra gli stranieri con figli minori il dato balza al 36,1% (a fronte del 7,8% delle famiglie di soli italiani). Gli stranieri, pur rappresentando solo l’8,7% dei residenti, costituiscono il 30% dei poveri assoluti.

L’istruzione continua a essere tra i fattori che più tutelano rispetto al rischio di indigenza, il lavoro, invece, non è sufficiente al benessere: il 47% dei nuclei in povertà assoluta risulta avere un membro occupato.

Povertà energetica e working poor

Il Report individua per la prima volta anche l’effetto della “povertà energetica”, ossia l’impossibilità di garantire un livello minimo di consumo energetico, che determina conseguenze importanti soprattutto sulle fasce sociali più fragili, e che colpisce il 9,9% della popolazione, con una tendenza all’aumento negli ultimi 10 anni.

“Nel 2022 il 19,1% degli assistiti Caritas ha ricevuto un sussidio economico, degli oltre 86mila sussidi economici erogati dalla rete Caritas nel 2022 il 45% è stato a supporto di ‘bisogni energetici’, ovvero bollette“.

Altro focus è dedicato al fenomeno dei “working poor”, ossia a quelle situazioni di povertà in cui non manca il lavoro, ma il reddito non è sufficiente a una vita dignitosa. Su questo è stata realizzata un’indagine nazionale, di taglio sperimentale e qualitativo, la prima di tipo partecipativo mai realizzata da Caritas Italiana, che ha coinvolto un gruppo di persone che vivono sulla propria pelle la condizione di fragilità economica e lavorativa.

Chi sono i lavoratori poveri? Per la Caritas si tratta di lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati.

Ancora, parlando di working poor: su 100 famiglie povere il 47% non ha un problema di lavoro, ma tra i poveri stranieri questa situazione riguarda l’81%.

Reddito di cittadinanza e SFL

Ad aggravare la situazione, secondo il rapporto Caritas, la riforma del Reddito di Cittadinanza, sostituito dal governo Meloni con le nuove misure di Supporto alla formazione e al lavoro (Sfl) e l’Assegno di inclusione (Adi).

L’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti avrebbe lasciato scoperte alcune specifiche tipologie di poveri (ad esempio le persone senza dimora): le stime disponibili indicano che circa il 33% dei nuclei  beneficiari di RdC non avranno diritto all’Adi, per un numero di 400mila nuclei su 1,2 milioni di famiglie.

Caritas nutre evidenti dubbi in particolare sulla reale possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’SFL.

La situazione migliora invece per i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Adi con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione sostiene maggiormente le famiglie numerose.

Tra progresso tecnologico e crescita della povertà

Il Rapporto sottolinea la contraddizione tra l’evoluzione del progresso tecnologico in praticamente tutti i settori e la crescita delle povertà relativa a categorie specifiche: “dai ‘working poor’, ai giovani, gli stranieri, i fragili”, come sottolineato durante la presentazione del report da Marco Bentivogli, leader dei metalmeccanici italiani e cofondatore dell’associazione Base Italia.

Quali sono le cause della povertà in crescita? Federica De Lauso, dell’ufficio studi Caritas, ne ha elencato alcune, in occasione della Giornata mondiale dei Poveri: “una è per forza di cose l’aumento dell’inflazione, mai così alta dal 1975 a oggi. Le altre sono strutturali: formazione da rivedere e adeguare ai temi, soprattutto da rendere permanente; allargamento della forbice tra lavoro e stipendi; allargamento, più in generale, delle disuguaglianze”.

La persistenza, e in molti casi il peggioramento, di tante situazioni di deprivazione e di esclusione sociale, appare inaccettabile. Tutti possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e il cui futuro sarà indubbiamente compromesso”, afferma il rapporto.

“Il titolo ‘Tutto da perdere’, sottintende come in realtà tutti possiamo dirci vinti di fronte a questi numeri”, ha concluso don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana.

Linda Capecci