Autovelox, emendamento al decreto infrastrutture. Sfida dei Comuni

Autovelox, emendamento al decreto infrastrutture. Sfida dei Comuni

Nelle città intelligenti, dove la tecnologia dovrebbe essere alleata della sicurezza, gli autovelox rappresentano un paradosso sempre più evidente.

I sindaci, responsabili in prima linea della tutela della sicurezza stradale, si trovano stretti tra due fuochi: da un lato l’obbligo morale e amministrativo di proteggere la vita dei cittadini, dall’altro un groviglio normativo che complica, e talvolta paralizza, l’utilizzo efficace dei dispositivi per il controllo della velocità.

Il ruolo del Comune, tutelare la vita nelle strade

Un Comune ha il dovere di fare tutto il possibile per ridurre incidenti, morti e feriti sulle strade, è non soltanto una preoccupazione diffusa tra le amministrazioni locali bensì anzitutto un obbligo giuridico.

Gli autovelox, se correttamente impiegati, sono strumenti di dissuasione, non solo di repressione.

Negli ultimi anni, i dati lo confermano, dove sono installati e segnalati in modo trasparente, gli incidenti si riducono drasticamente.

Eppure, proprio questi strumenti sono finiti al centro di un acceso dibattito nazionale, alimentato da ricorsi, polemiche mediatiche e, soprattutto, un vuoto normativo che oggi rischia di renderli inefficaci.

Sicurezza stradale, obbligo normativo per i Comuni nell’era delle Smart City

Nell’ambito della transizione verso città sempre più intelligenti e sostenibili, la sicurezza stradale rappresenta un pilastro imprescindibile della pianificazione urbana.

La normativa italiana, in particolare il Codice della Strada (D.lgs. n. 285/1992) e successive modifiche, impone ai Comuni l’obbligo di garantire condizioni di sicurezza per tutti gli utenti della strada, con particolare attenzione agli utenti vulnerabili, quali pedoni e ciclisti.

Gli enti locali sono tenuti a predisporre e aggiornare periodicamente il Piano Urbano del Traffico (PUT) e a implementare misure di moderazione della velocità, adeguata segnaletica, illuminazione efficiente e controlli tecnologici.

In un contesto smart, ciò significa integrare soluzioni digitali per il monitoraggio del traffico, l’analisi predittiva degli incidenti e la gestione dinamica della mobilità.

La normativa, quindi, non solo vincola, ma stimola i Comuni a innovare, investendo in infrastrutture intelligenti che migliorano la sicurezza e la qualità della vita urbana.

Autovelox e omologazione, nodo irrisolto

Il punto critico ruota intorno all’omologazione dei dispositivi.

Secondo l’interpretazione corrente di una parte della giurisprudenza, molti apparecchi non sarebbero validi perché non “omologati”, ma solo “approvati”, creando un paradosso tecnico-giuridico.

La distinzione è sottile, ma le conseguenze enormi: multe annullate, dispositivi spenti, sindaci messi sotto accusa.

Di fronte a questa incertezza, alcuni Comuni hanno sospeso l’utilizzo degli autovelox, altri sono passati a sistemi alternativi, altri ancora continuano a operare, esponendosi al rischio di contenziosi.

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Una risposta dal Parlamento, l’emendamento dell’11 giugno

In questo contesto è arrivato un segnale dal legislatore.

L’11 giugno scorso, nel corso dell’esame alla Camera per la conversione del decreto Infrastrutture, in Commissioni riunite Ambiente e Trasporti è stato presentato un emendamento che introduce il censimento nazionale degli autovelox.

Tra i circa settecento emendamenti presentati è emersa anche una norma che obbliga i Comuni a comunicare formalmente tutti gli autovelox presenti nel proprio territorio.

“In mancanza di informazioni – scrive la Lega in una nota – i dispositivi non potranno entrare in funzione. È un passaggio dovuto, per ottenere dati precisi che il ministero di Matteo Salvini sta chiedendo da tempo senza ottenere risposte esaustive”.

L’obiettivo è quello di garantire trasparenza, tracciabilità e coerenza nell’utilizzo dei dispositivi di controllo della velocità su tutto il territorio nazionale.

Secondo quanto previsto, ogni postazione dovrà essere inserita in un apposito elenco pubblico, aggiornato e consultabile, che permetta di distinguere gli impianti fissi, mobili e temporanei, assicurando così il corretto utilizzo e la conformità normativa degli strumenti.

Il censimento si propone non solo come strumento di controllo, ma anche come passo verso una gestione più intelligente e condivisa della sicurezza stradale, nella logica di una smart city orientata a dati aperti, responsabilità istituzionale e tutela dei cittadini.

Si tratta di un passaggio importante che, se confermato in sede definitiva, potrebbe restituire serenità alle amministrazioni e certezza agli automobilisti.

Ma resta aperto il tema più ampio: come garantire che la tecnologia a servizio della sicurezza non venga affossata da lacune burocratiche?

Smart city e governance, la sfida di domani

In un ecosistema urbano che si vuole sempre più smart, efficiente e sicuro, le istituzioni locali devono poter contare su strumenti chiari, regole certe e innovazioni sostenibili.

Gli autovelox, come ogni tecnologia di monitoraggio urbano, non possono essere lasciati in un limbo normativo.

Altrimenti il rischio è duplice: vanificare gli sforzi per la sicurezza e alimentare una sfiducia generalizzata nei confronti delle istituzioni.

Per questo, l’emendamento dell’11 giugno può e deve essere letto come un primo step verso una governance moderna della mobilità.

Una governance dove il Comune non sia più costretto a scegliere tra legalità e responsabilità, ma possa operare, con trasparenza e rigore, nell’interesse della comunità.

De iure condendo 

In attesa dell’approvazione definitiva del provvedimento, i Comuni restano vigili.

Perché la sicurezza non è una tassa da evitare, ma un diritto da garantire.

Anche, e soprattutto, grazie alla tecnologia.

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